Torino, 24/01/2017
Domenica sera, come quasi tutte le domeniche sera, mi sento con un mio amico al telefono, alto dirigente di una società di calcio della provincia di Torino e responsabile della scuola calcio. Come sempre commentiamo risultati, prestazioni e “civettiamo” un po, ma sempre scherzosamente, i malumori dei Papà per l’impiego del proprio ragazzo, degli allenatori che vogliono sempre vincere e i soliti domenicali comportamenti sugli spalti oltre che le prestazioni di tutti i ragazzi. Lui, e ne sono felice, condivide con me quel sano disincantato distacco dalla frenesia del calcio all’esasperazione, della vittoria ad ogni costo magari rinunciando a quello che dovrebbe essere invece, il contrario, divertirsi imparando a giocare al pallone. Ad un certo punto, mentre si commentava il comportamento di un Mister troppo difensivista, mi chiede a bruciapelo: <<Ma per te, per i ragazzi è meglio divertirsi o vincere a tutti i costi>>? – Non ho dubbi sulla risposta: Divertirsi! Semplice e chiaro come il sole. Cristallino come l’acqua che i ragazzi bevono durante la pausa dei tempi della partita. Logico come l’orologio svizzero dell’arbitro.
Ho cercato in questo weekend, qualcosa di nuovo di cui parlare, un fatto, un episodio, una partita particolare, un bambino o un ragazzo che abbia fatto prodezze. Non l’ho trovato perché la mia mente era altrove, era a tutti quei bambini e ragazzi che, in questi giorni vivono momenti di dolore colpiti dal terremoto e dalla furia della natura. Tutti noi in questi giorni assistiamo alla tragedia del terremoto in centro Italia, al dolore delle immagini, a quei bambini e ragazzi vittime innocenti, che vivono tra le macerie, che hanno perso tutto, anche quel sorriso innocente che dovrebbero avere, non hanno più un pallone per dare quattro calci alla disperazione. A tutti quei bambini e ragazzi che non c’è l’hanno fatta e hanno perso magari uno o tutti e due i genitori. Ecco. Questo era il mio pensiero, mentre guardavo le partite di un Torneo e vedevo su quel tappeto verde, tanti ragazzi divertirsi giocando al pallone. E sono tanti bambini e ragazzi Italiani come i nostri figli. Loro, non hanno in questi tempi la fortuna di divertirsi a giocare al pallone, hanno altri problemi, seri, veri e dolorosi, non trovano il tempo di involarsi sulla fascia sinistra, crossare per il suo compagno che con un colpo di testa la mette in rete. Come tutti voi, mi addolora sapere di non poter dare gioia e felicità a questi ragazzi, a fornire a loro almeno per il tempo di una partita, la spensieratezza di un’ora giocando al pallone e dimenticare per quei momenti tutto il dolore attorno a loro.
In questi giorni di dolore, mentre assistiamo all’eroico comportamento di tutti gli addetti, a salvare vite umane in quell’albergo in Abruzzo, mentre un intero Paese si mobilità, giovani, volontari, forze dell’ordine, esercito e i magnifici Vigili del Fuoco, mentre tutto il mondo parla di questa ennesima tragedia Italiana, che gioisce per il salvataggio quasi in diretta dei bambini sepolti sotto le macerie dell’albergo pieno di neve, cosa fa il mondo del calcio? Zitto. Muto. Non riceve. Pensa a se stesso, ai loro problemi tecnici e a come vincere una partita. Il Calcio, quello vero o quello dilettantistico è un mondo a parte, vive e si arricchisce su un altro pianeta, non fa parte di questo sistema solare. Si forse qualcuno si sarà impegnato cercando di portare il suo piccolo contributo alle popolazioni, ma nessuno o quasi, di società calcistiche, ha avuto l’idea di cercare di stare vicino a tutti questi bambini e ragazzi veramente e concretamente.
Il calcio è lo sport più amato da tutti i bambini e ragazzi, che accomuna il senso di fratellanza e solidarietà; allora perché a nessuna società di calcio è venuta l’idea di organizzare, magari con degli sforzi economici ma encomiabili, un “Torneo”, ospitando nei loro impianti questi nostri bambini e ragazzi per dare a loro momenti di spensieratezza e di normalità? E’ anche con questi gesti, seppur effimeri per qualcuno, che si vede l’appartenenza di un popolo, di unità di un paese, di solidarietà verso chi ha più bisogno. Ma no. Forse non ci si arriva, forse si è troppo occupati, forse non è il caso. E poi tutto ciò costerebbe e si sa, le società di calcio hanno seri problemi che spendere per solidarietà. Meglio vincere una partita al Torneo di casa piuttosto che la gara di campionato.
Ho sentito pochi voci calcistiche in questi giorno levarsi in favore di una qualche iniziativa verso questi bambini. Pochi se non nulla. Si è preferito delegare la propria solidarietà guardando la tv o distrattamente parlandone tra un tempo e l’altro di una partita.
Vorrei essere il cronista e il giornalista che vi racconterebbe di un Torneo davvero speciale, dove le squadre sono composte da tutti i bambini e ragazzi colpiti dal terremoto e che non hanno neanche le scarpette per giocare, in quanto le macerie le hanno sepolte, raccontarvi le loro prodezze, le loro vittorie e le loro gioie di aver segnato un gol. Un Torneo dove tutti saranno vincitori e tutti riceveranno la coppa del primo classificato, dove non ci sono allenatori e i bambini sono liberi di esprimersi per divertirsi, un torneo dove gli spalti siano pieni e stracolmi, e questa volta, sarebbe giusto pagare i famosi “5 Euro” per l’ingresso, per consegnare l’intero incasso direttamente a loro: a tutti quei bambini e ragazzi che non hanno più la fortuna di giocare al pallone. Una sfera sempre più lontana e sempre più sgonfia che diverte sempre meno. La solidarietà è una cosa tangibile, concreta e istintiva. Lo stesso istinto di tutti quegli uomini che in questi giorni cercano di salvare più vite possibili. Il calcio, questo calcio, che non riesce a salvare se stesso non è in grado di ospitare questi ragazzi e dare loro attimi di felicità.
Date un pallone a un bambino e lo farete felice. C’è qualcuno disposto a farlo?