Torino, 10/01/2017
Si sa, per vedere la partita che, dura poi pochi minuti, del proprio bambino o del proprio ragazzo che si cimenta con prodezze o meno con la sua squadra, i genitori non badano a spese. Ma, questo è un dato di fatto, in tempi di ristrettezze economiche, il costo di 5 euro dell’ingresso per vedere la partita incomincia a pesare nelle tasche e nelle economie delle famiglie. In quel turbinio di Tornei, a volte troppi, giocando due partite al giorno, il campionato, i triangolari e tutte le manifestazioni che ogni società organizza o partecipa. Le amichevoli sono esenti dai pagamenti. Ma non si possono sempre fare amichevoli durante la sosta dei campionati. E’ allora via ai mega tornei di tre o quattro partite a settimana. Ho sentito in questi ultimi tempi le lamentele di molti papà e mamme, addirittura che ci sono stati genitori che, hanno speso fino a 30 o 40 euro per weekend, in quanto il proprio figlio è arrivato a giocare due o tre partite tra il sabato o la domenica, o perché magari si ci è portati dietro nonni e parenti per far apprezzare il gol per quei pochi minuti che il proprio bimbo giocherà.
Tasto dolente questo, sia perché riguarda le scuole calcio che anche con questi “oboli”, riescono a sopravvivere e a sopperire in parte i sempre più elevati costi per la gestione, sia per le famiglie che a volte arrivano a spendere a fine mese, cifre da fine settimana al mare in albergo tutto compreso con l’intera famiglia. Per carità, non voglio sollevare questioni che magari porterebbero a discussioni infinite e senza fine, ma andando anch’io nei campi, vedo sempre meno gente che entra e molti papà o mamme che aspettano fuori, colpa anche dell’inflessibilità dei “botteghini” all’ingresso di ogni società: se non paghi non vedi tuo figlio giocare! Una equazione che non fa una grinza, e siccome si fa sempre perno sulla tifoseria accesa dei genitori, magari di quelli che hanno il campione in casa, spesso molti chiudono occhi e aprono le tasche, pagano ed entrano, per vedere magari solo 10 minuti di partita del proprio ragazzo. Senza contare, nelle spese di ingresso, i caffè, le patatine, il gelato, l’immancabile panino con la salsiccia, onnipresente in tutti i campi, e le altre spesucce accessorie, quali benzina, tangenziale, autostrada ecc. Sta di fatto che io continuo a vedere sempre meno gente sugli spalti e molti che rimangono a casa, aspettando il risultato via whatsapp, dal papà che, forse più dotato economicamente, ha portato il proprio bambino a giocare.
Lui, il papà rimasto a casa con il cuore dolente per non essere riuscito a vedere la partita, rimane trepido in attesa del risultato ma, soprattutto, di come ha giocato il proprio figlio. Non si tratta di rinunce, dolorose, per capriccio o per inerzia a muoversi dal divano, si tratta nella stragrande maggioranza, di genitori che hanno perso il lavoro, che non riescono più a far quadrare i conti con le spese per il cibo, vestiario, costi della casa, figuriamoci i 10 o 20 euro per un sabato o una domenica. Si tratta di cose vere, tangibili, concrete, di difficoltà che spesso molti papà non vogliono dire per dignità, e per far giocare il proprio figlio rinunciano a vederlo, questo è anche amore, che purtroppo molti non riescono a capire, soprattutto chi se ne infischia altamente se i propri genitori non riescono ad arrivare a fine mese: figuriamoci a pagare i biglietti per tre o quattro partite.
Senza contare la retta della scuola calcio che in certi casi ha raggiunto cifre da mutuo per acquisto casa. Problema molto sentito e serio che bisognerebbe affrontare al più presto, tra le società delle scuole calcio, la federazione, Coni e con tutti gli enti interessati. Pena la totale desertificazione degli spalti e partite giocate quasi a “porte chiuse”. Qualcuno ha trovato la soluzione diventando “dirigente” della squadra dove gioca il proprio ragazzo, messo nella famosa “distinta” e quindi non paga all’imgresso, ma questo comporta ulteriori sacrifici: tempo rubato alla famiglia per tutte le incombenze che il ruolo prevede. E’ siccome il nostro paese, da decenni oramai si trova, anche lui in ristrettezze economiche, appare di difficile soluzione la riduzione dei costi del biglietto, piuttosto di trovare una diversa soluzione: per esempio visto che si tratta di scuola calcio educativa, si potrebbe immaginare non un costo fisso, ma una donazione fondando sempre sul buon cuore dei genitori. Ma si sa, siamo in Italia e certe cose è meglio non affrontarle in quanto, poi gli Italiani si comportano sempre in maniera di fregare il prossimo: <<Ma la squadra di mio figlio perde sempre. Figurati se io spendo 5 o 10 euro per vedere mio figlio perdere>>. A volte sono questi i penosi commenti dei molti papà. “Io non vado al campo per vedere mio figlio perdere, io vado a vedere mio figlio giocare e divertirsi, e io divertirmi con lui”. Questa dovrebbe essere la massima di ogni genitore.
Non si possono pagare cifre da ristorante, per vedere il proprio ragazzo divertirsi correndo dietro a un pallone. Non me ne vogliano i genitori che invece hanno i campioni in casa e sarebbero disposti a spese “pazze” per lui. Nessuno, dico nessuno, e mi dispiace per loro, arriverà mai a giocare al “Santiago Bernabeu” o piuttosto al “Camp Nou”, non perché non siano bravi, ma perché è statisticamente provato che la passione del papà verso il proprio ragazzo che gioca al calcio, si scontra sempre con la realtà di tutti i giorni. Ho letto che, agli inizi di questo nuovo anno, un genitore di Livorno, ha scritto al giornale “Il Tirreno”, una lettera denuncia appunto sui costi sempre più elevati per vedere il proprio bambino giocare al pallone. Ha sollevato subito un problema che è stato ripreso da molti, con l’impregno di intervenire in qualche modo. Il Sindaco, l’assessore allo sport, si sono fatti carico di portare al Coni il problema, diffuso in tutta Italia, di cercare soluzione immediata, magari intervenendo su eventuali finanziamenti o diverse modalità, verso le scuole calcio che, mancando dell’introito dell’ingresso, soffrirebbero molti costi.
E’ un problema serio che va affrontato al più presto, insieme a tutti gli attori: scuole calcio, società dilettantistiche, genitori, Coni, Federazione e amministrazioni comunali. Si tratta di affrontare e risolvere, questioni che vedono molte famiglie in difficoltà economiche per vari motivi, il lavoro, le spese sempre più esorbitanti per vivere, la casa, la macchina, insomma di tutti i santi giorni che ognuno di noi è chiamato ad affrontare, spesso, con mille difficoltà e con molte rinunce. Anche quelle di soffrire chiusi in casa, aspettando notizie da altri genitori di come è andata la partita del proprio ragazzo. Una dignità senza fine, una amore per i propri figli che supera qualsiasi difficoltà sia economica che umana, insegnamenti alle rinunce e alle privazioni per il solo amore verso i propri ragazzi. E’ poco importa se non ha segnato o ha giocato poco: sono riuscito lo stesso anche se non ho potuto vederlo, far divertire mio figlio, farlo giocare, e la mia felicità sarà completa quando lui, stanco della partita, rientrerà a casa e mi racconterà con quegli occhi felici e gioiosi di come ha giocato o di come hanno vinto. E io allora è come se avessi pagato i 5 euro per l’ingresso, perchè non c’è più bel racconto di una partita di calcio, raccontata dal proprio figlio: genuina e vera, gioiosa e felice, anche se il bambino poi, finito il racconto chiederà al proprio papà:
<<Potevi venire. Vedessi che bel gol che ho fatto!>> Allora il papà guardandolo con quella tenerezza che solo un genitore può avere, accorgendosi che un “moscerino” gli è entrato negli occhi, gli risponderà con un grande bacio sulla fronte. E’ abbracciandolo con la mano si asciugherà quella “lacrima” di rabbia, senza farsi vedere, che gli è uscita dagli occhi per non averlo potuto andare a vederlo. Ma c’era la spesa da fare!