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Mercoledì, 08 Gennaio 2020 18:14

Cento anni fa, regione Barca: è il compleanno del Barcanova, che festeggia il centenario nel 2020

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Il campo del Barcanova in via Centallo Il campo del Barcanova in via Centallo

2 - La seconda puntata della rubrica "Il centromediano metodista", a cura di Paolo Accossato, racconta cento anni di Barcanova, una cifra tonda che non è una ricorrenza solo per i rossoblù, ma per tutti coloro che amano il calcio, perché il Barcanova è un nome che si appiccica addosso a tutti quelli che dal secondo dopoguerra masticano pane e calcio a Torino.


Millenovecentoventi. Scriverlo per lungo, scriverlo per esteso dà ancora di più l’idea dell’elasticità del tempo. Sembra poco, sembra ieri ed invece sono già passati cento anni. Cifra tonda, cifra da ricorrenza tanto più rimarcabile se si pensa quante società in questo periodo sono nate cadute morte rinate rimorte e chi più ne ha più ne metta nel ginepraio burocratico e notarile di fusioni, accorpamenti e cambiamenti di denominazione tanto coloriti quanto pittoreschi per cui l’acronimo U.S. che diventa A.C. cambia tutto sulle carte bollate per poi non cambiare realmente alcunchè sul campo. Ad ogni modo, comunque. A scandagliare così lontano nella memoria e negli archivi non c’è il rischio di trovare l’affollamento onomastico che oggi caratterizza il mondo del calcio. Juve e Toro, Vanchiglia e Cenisia e poi poco o nulla d’altro. Nasce allora quella che per anni e per blasone venne considerata la terza squadra di Torino e per cui non basterebbe un libro a tracciarne i confini. Millenovecentoventi, allora, lato sinistro della Stura, regione Barca. Il trenino Ghigo porta quello che è un nucleo abitativo di pescatori ed artigiani a Torino. Avanti e indietro durante la settimana: quelli che vivono dove la città ancora non c’è ancora mentre nel week end il percorso è opposto e l’Italia che cerca di rialzarsi dalla Guerra da Torino si sposta alla barca per mangiare pesce nelle prime trattorie o fare merende sinoire là dove la strada si biforca per andare a Settimo o San Mauro. Proprio da uno di questi ristoranti in strada Settimo non è raro vedere uscire un gruppo di ragazzi. Vanno a giocare a pallone e non è una stranezza osservare percorrere due chilometri di sentieri una ventina di giovani in tenuta da calcio (per quanto ai tempi si potesse parlare di casacche) in ogni condizione atmosferica. Il campo, il primo campo del Barcanova ai bordi della Stura è ben lontano dall’avere spogliatoi e allora ci si cambia alla trattoria Meda che funge anche da prima sede sociale. Pantaloni corti e cappotto in inverno perché il tragitto non è così breve. Il labaro è benedetto nella cappella della Cascina “La Magra” e così nasce l’U.S.Barca. Tra pochi anni sarà Barcanova, un nome che si appiccica addosso a tutti quelli che dal secondo dopoguerra masticano pane e calcio a Torino. Non c’è altra società, almeno negli ultimi sessanta anni che, pur non avendo mai gareggiato a livello di primato cittadino con granata e bianconeri, non faccia venire immediatamente in mente il connubio con la città. Sarà per la Coppa Primavera, per quel campo in via Centallo dove l’erba non ne vuole proprio sapere di crescere, per quella sua fisionomia di borgata, per la continuità della sua azione, per chi è uscito da quegli spogliatoi e chi ci è passato. Sarà per tutto questo. Intanto ancora oggi se si va fuori regione e si chiede di nominare una squadra di settore giovanile in riva al Po, uno dei primi nomi è Barcanova. Che nel 2020 compie cento anni, non sempre facili, non sempre ridenti. Ad esempio, il Fascismo mette a tacere i rossoblù che ritornano a vagire a guerra finita. L’input arriva da Giovanni Necco (Nekita), uno del borgo con un fratello (Cichin) giocatore nel primo Barca, che trasferisce insieme a Raviola e Beccuti la squadra nell’unico campo ancora disponibile, quello della Parrocchia San Giacomo, incastrata tra Strada Settimo e strada San Mauro. Ancora oggi di fianco alla Chiesa resta il campo dell’Oratorio in uno spazio erboso con le porte da calcio. E’ un calcio povero, discreto nel suo desiderio di affermare un’esigenza di libertà che si esprime con il profumo dei campi. Dal chiuso dei rifugi all’aria aperta, dal buio della paura ai colori della campagna e del fiume. E’ un calcio che però esige la sua dignità se è vero che con orgoglio i cromatismi sociali continuano ad essere rosso e blu e se già dalla prima riunione si rivendica il diritto di un campo. Che arriva, ed anche in fretta perché un altro appassionato del borgo, Filippo Rosso (Bertu) mette a disposizione una spianata in via Centallo che diventa la casa del nuovo Barcanova. Non è ozioso citare i soprannomi perché è da lì che nasce il Barcanova, dal senso di appartenenza a quegli orti, da quel sentimento di intimità quasi sensuale con il luogo di nascita. I fondatori sono dunque pietre di quel campo sterrato che resisterà fino all’alba del nuovo millennio.

Ultima modifica il Mercoledì, 08 Gennaio 2020 18:21

(Torino, 1970) Giornalista pubblicista, dal 1989 collabora con “La Stampa” nell’ambito del calcio dilettantistico. Dal 1996 è docente di materie letterarie presso il Liceo Valsalice in cui dal 2006 svolge le mansioni di Vicepreside. E’ autore del libro “All’ombra dei giganti. Storie di quartieri e di calcio giovanile nella città di Juve e Toro” (Bradipolibri).

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