Lunedì, 23 Dicembre 2024

Alleniamoci ad allenare: ironia, maestri e sogni nell'opera prima di Andrea Gallelli

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Volete delle risposte facili, delle formule magiche, delle certezze assolute? Cercatele altrove. Il gioco del calcio è un enorme punto di domanda, le variabili sono troppe per essere ridotte alle certezze della matematica. Per diventare un buon allenatore, l’unica cosa da fare è studiare, osservare, essere curiosi, non fidarsi dei professori che hanno sempre la risposta pronta ma scegliere i giusti maestri. E mettersi in gioco di continuo, perché di imparare non si finisce mai. Per usare una formula: “alleniamoci ad allenare”.

È questo il titolo scelto da Andrea Gallelli per il suo primo saggio che, come si legge sulla quarta di copertina, “non è di certo una guida di precetti su come diventare l'allenatore ideale. Piuttosto, con ironia e obiettività, l'autore accompagna il lettore in un viaggio tra i miti legati al mondo del coaching, gli stereotipi, le difficoltà e i sacrifici, ma anche le grandi soddisfazioni che questa esperienza spesso regala”.

L’ironia è la cifra stilistica scelta dall’autore, classe ’75, oggi istruttore nella Scuola calcio della Juventus, in passato a Victoria Ivest, Lascaris e Lucento, oltre alla fondamentale esperienza nel Settore Giovanile e Scolastico della Federazione: toccante per esempio l’esperienza con il calcio integrato, ovvero quello per i ragazzi con disabilità, vissuto insieme ad Andrea Riboni.

La traccia della narrazione è autobiografica, anche se poi il libro si sviluppa per i “grandi temi” che ogni allenatore di Settore giovanile deve affrontare: le sentenze dei professori, le lamentele dei genitori, gli equilibrismi delle società dilettantistiche, la convivenza con i direttori tecnici, i metodi di allenamento e la ricerca del talento. Lungo le pagine, che scorrono veloci, c’è qualche aneddoto divertente (un po’ più di cattiveria, si intende agonistica, poteva anche starci) e ci sono delle figure di riferimento che si stagliano enormi lungo la narrazione, su tutte quelle di Guido Mattei e Antonio Marchio. Mattei, all’epoca all’Ivest, è stato il maestro di calcio per tante generazioni di calciatori e anche di istruttori: celebri i suoi “pizzini” con gli appunti, esilarante la tuta lasciata nel suo ufficio apposta per “invitare” ad allenare i genitori dalla lingua troppo lunga. Di Marchio rimangono un paio di sentenze: “la grandezza non era tanto in quello che faceva, ma in come lo faceva”, riferito proprio a Mattei ma di valore universale. E, bellissima, “saper giocare a calcio non vuol dire poter giocare a calcio”.

Eh sì, perché oltre al talento conta l’allenamento, per i giocatori come per gli allenatori. E non ci si può allenare bene senza la testa, la voglia, l’umiltà. Allenarsi bene non vuol dire per forza diventare dei campioni, tanto solo uno su mille ce la fa. Parliamo del gioco più bello del mondo, parliamo di una palla che rotola: bisogna fare tutto al meglio, certo, ma senza mai dimenticare che le componenti fondamentali, quando si parla di attività di base, sono fair play, divertimento e sogno. Sono queste le priorità di un bravo allenatore, Andrea Gallelli ce lo ricorda in conclusione al suo libro, da leggere tutto d’un fiato.

Andrea Gallelli
“Alleniamoci ad allenare”
Casa editrice Kimerik
14 € (e-book 5,99 €)

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