Gianluigi Lamaddalena nasce a Carignano nel 1976 ma fino all’età di 12 anni vive a Torino con la sua famiglia. La grande passione di Gigi è sempre stata il calcio con il quale ha il primo vero approccio al Victoria Ivest dove frequenta la Scuola Calcio. Trasferitosi a Sommariva Bosco quando aveva l’età giusta per il Settore giovanile, comincia a giocare nei Giovanissimi della Sommarivese dove vi è rimasto fino alla Juniores vincendo nel mezzo un campionato Allievi provinciali. Nell’anno in cui viene prestato al Sommariva Perno subisce un brutto infortunio – rottura di tibia e perone – dal quale recupera solo dopo la fine del prestito e con il ritorno alla Sommarivese. Qui si allena con la Juniores come fuori quota proprio per favorire il recupero. Prima di riuscire ad arrivare nella squadra dei grandi, Gigi si rompe nuovamente la tibia che lo obbliga ad operarla e quindi ad abbandonare il calcio giocato.
“L’allora presidente Verre mi propose la guida tecnica dei Pulcini e quindi ho cominciato ad allenare a 19 anni” racconta Lamaddalena. Qui comincia la sua carriera da allenatore: dopo aver portato la squadra fino alla categoria Juniores, si traferisce a Bandito per un paio d’anni, poi il biennio a Roreto e il ritorno a Sommariva dove prende i classe ’95 e li porta fino alla Prima squadra. Ancora un’esperienza fuori – a Bra con i Giovanissimi – e quindi il rientro definitivo in ‘patria’ dove raccoglie l’eredità della Prima squadra che ha appena esonerato l’allenatore. Mantenuta la seconda categoria, nella stagione corrente gli viene proposto di tenere quel gruppo e allenare contemporaneamente i Giovanissimi 2001.
Allenare due gruppi dev’essere una sfida importante. Come è andata l’annata con il doppio ruolo?
“Allenare due squadre è stato impegnativo, è vero. Non solo per il tempo che devi dedicare: per tre giorni a settimana sono al campo dalle sei alle dieci, esclusi i weekend dove l’impegno dipende dalle partite. E’ stato faticoso anche a livello mentale, perché quando giochi una partita con i Giovanissimi il sabato non è facile arrivare la domenica con la Prima squadra con la mente sgombra. Non sempre sono riuscito ad arrivare al campo con l’atteggiamento giusto, ma soprattutto verso fine stagione. Gli ultimi tre mesi sono stati snervanti in tal senso, entrambi i gruppi avrebbero meritato un’attenzione al 100%”.
Come pensi che si sarebbe dovuto fare per evitare questa situazione?
“Quando abbiamo raggiunto i regionali con i Giovanissimi, sono andato dal presidente per dirgli che se voleva poteva cambiare allenatore dei 2001, ma lui disse che tutti erano contenti e dovevamo andare avanti così. Anche tra gennaio e febbraio ho cercato di cambiare qualcosa e ho fatto lo stesso discorso per la Prima squadra. Mi ero reso conto che non riuscivo a dare gli input giusti alla squadra perché conoscevo talmente bene i ragazzi che non riuscivamo più a darci a vicenda gli stimoli giusti. Anche dopo il secondo confronto i miei suggerimenti non sono stati presi in considerazione, mi è stato detto che il problema non ero io e quindi son rimasto lì dov’ero”.
C’è un motivo particolare per il quale hai scelto quei due momenti per parlare con la società?
“Sì, certo. A novembre si era raggiunto l’obiettivo della qualificazione ai regionali, avevo compiuto quanto mi era stato chiesto. Sapevo che sarebbe stato impegnativo portare una squadra a giocare un campionato così importante anche se c’era la volontà di affrontare questa avventura insieme ai ragazzi. Lo avrei fatto per loro, per dargli la possibilità di avere un allenatore che ci mettesse la testa al 100%”.
E a febbraio cosa è successo di particolare?
“Febbraio è stato un mese molto movimentato. Non riuscivo ad ottenere risultati con la Prima squadra con la quale eravamo in bassa classifica e incombeva il rischio della retrocessione che poi si è verificata. La cosa che più mi ha dato fastidio però è stata che nonostante i buoni risultati con il 2001 c’era del malcontento di alcuni genitori che fanno parte della dirigenza e questo aspetto andava ad incidere (oltre che sul gruppo) sulla mia persona. Il problema non erano le critiche che penso di saper gestire, piuttosto quello che si stava creando nell’ambiente. Data la situazione avevo pensato di lasciare i ragazzi della Prima per dare uno stimolo in più con un nuovo allenatore”.
Cosa si stava creando nell’ambiente?
“Con i Giovanissimi le cose stavano andando forte e c’era – come c’è tutt’ora – un ottimo feeling con la squadra. Che l’allenatore faccia bene o faccia male, non penso sia giusto far sapere ai ragazzi già a febbraio che verrà un allenatore nuovo perché destabilizza squadra ed ambiente. Questo si stava creando. La società è giusto che faccia le sue scelte e che si muova in anticipo, ma i genitori dovrebbero restare fuori da queste dinamiche perché proprio per questo motivo tutta la squadra è venuta a conoscenza della situazione e come già detto l’ambiente ne ha risentito. Non c’è più stato lo stesso attaccamento alla squadra, a partire proprio dai tifosi che alla fine sono i genitori”.
Cosa pensi di aver sbagliato nella gestione di questa annata?
“Il mio errore è stato quello di creare un rapporto allenatore-giocatore, sono abituato a diventare amico con i miei ragazzi. Ci sono dei ruoli da rispettare, questo è chiaro, ma per me l’aspetto umano è fondamentale soprattutto a questa età e in società di paese come la nostra dove l’attaccamento ai colori è quasi tutto. Tornassi indietro non mi limiterei a conoscere i ragazzi e ad imparare a prenderli, ma mi interesserei anche dei genitori. Poi voglio che una cosa sia chiara: il merito di tutto questo è dei genitori che hanno rinforzato la squadra. Gli stessi genitori che poi hanno deciso di mandare via il mister. Ecco, tornassi indietro mi occuperei anche di questo aspetto”.
Quindi i genitori che sono stati coinvolti in decisioni societarie erano legittimati a farlo?
“Purtroppo sì. Loro sono stati bravi a costruire la squadra, poi in campo sono scesi i ragazzi e gli allenamenti li ho diretti io, però è giusto dare loro i propri meriti. Ma il problema a mio avviso è un altro. Facendo il campionato regionale mi sono accorto che ci sono dei genitori che non guardano se il figlio è contento, se sta bene all’interno di un gruppo oppure se si allena e come si allena, vogliono solo che il figlio giochi e che soprattutto vinca. Questo è il vero problema, loro hanno il merito di aver creato il giocattolo ma non si accorgono che con il tempo potrebbe rompersi. Specialmente a questa età bisognerebbe insegnare a stare assieme, a divertirsi, a vincere e anche a perdere. Bisogna insegnare che se si perde non è per colpa dell’arbitro, magari si è giocato male, magari è colpa dell’allenatore o magari semplicemente gli avversari sono stati più bravi”.
Quindi la prossima stagione niente doppio ruolo immagino?
“Direi di no, lascerò entrambi i gruppi. Dai Giovanissimi sono stato mandato via, per la Prima squadra come già detto penso che abbiano bisogno di nuovi stimoli. Sono sicuro che a prescindere dai risultati o altro, lascio qualcosa ad entrambe le squadre. Mi spiace un sacco vedere la Prima squadra retrocedere mentre sono fiero di aver portato i 2001 ai regionali ma la cosa che più mi fa onore è aver lasciato un bel ricordo a tutti i ragazzi che ho allenato quest’anno”.
Dopo tanti anni lascerai Sommariva?
“Per come sono stato trattato, dovrei cambiare aria, ma molto probabilmente non lo farò. Sono legato ai colori, al mio paese, per questo sto cercando di riportare a Sommariva i 2000 che se ne erano andati per fare una squadra di Allievi. L’obiettivo è quello di creare una squadra che faccia da serbatoio per i prossimi anni alla Prima squadra”.
Grazie Gigi.
“Grazie a te, ma lasciami dire un’ultima cosa. Voglio concludere ringraziando tutti i ragazzi delle due squadre per l’impegno che hanno messo ogni giorno sul campo”.