Sebastiano Filardo è il nuovo presidente dell’Associazione Italiana di Calcio Piemonte e Valle d’Aosta. Da poco confermato alla guida del gruppo provinciale di Torino, ha vinto le elezioni regionali che si sono tenute lunedì scorso. Elezioni vere, calde e combattute: Filardo ha avuto la meglio sul candidato di Novara, Benedetti, e quello di Cuneo, Del Vecchio, alla seconda votazione. 37 voti per Filardo, 25 per Benedetti e 7 per Del Vecchio (che ha anche chiesto il riconteggio dei voti) al primo giro; in seconda battuta, dove era necessario il 50% più uno dei voti, Filardo è stato eletto con 35 voti contro i 32 di Benedetti. Dei 74 delegati regionali (eletti nei gruppi provinciali in funzione del numero di associati), decisivo il “peso” dei 31 di Torino, cui si sono aggiunti i 6 di Biella; dall’altra parte le delegazioni di Novara e Vco (15), Asti e Alessandria (8), Cuneo (7), Aosta (4) e Vercelli (3).
Questa la cronaca. Ora un po’ di storia, perché per l’Aiac Piemonte è una svolta “epocale”, dopo la gestione quasi trentennale di Giancarlo Bertolini (ora delegato nazionale) e Antonio Ferroglio (passato 4 anni fa da Torino al regionale, al posto di Bertolini). Proprio in quell’occasione Filardo, entrato come consigliere l’anno prima, è diventato presidente provinciale, subentrando a Ferroglio; nell’ottobre di quest’anno è stato riconfermato in carica, con un autentico plebiscito, 205 voti a favore contro i 63 raccolti dallo sfidante, Mario Gatta.
“È un momento insieme di svolta e di ricostruzione” commenta Filardo, orgoglioso del risultato ottenuto ma senza sassolini da togliersi dalle scarpe: “Nessuna polemica, nessuna rivalsa, solo tanta voglia di lavorare per far crescere la nostra associazione. In questi anni abbiamo fatto tantissime attività: corsi di aggiornamento, viaggi studio, dialogo continuo con i nostri associati, le nostre parole d’ordine sono state informazione e formazione. A Torino siamo passati da 480 associati a più di 700: i numeri sono questi e parlano chiaro. Ferroglio non si è ricandidato, il consiglio provinciale mi ha proposto di candidarmi, visto che rischiavamo di avere i numeri ma non un rappresentante. La mia candidatura, e la mia elezione, sono nel segno della continuità con quanto fatto finora”.
Ci sarà continuità anche nelle cariche regionali?
“Del consiglio regionale, oltre al presidente eletto, fanno parte i presidenti provinciali. Quanto al segretario, Fabio Ferrarese continuerà fino a fine anno per chiudere i bilanci. La mia volontà è andare avanti con lui, per la conoscenza e la competenza dimostrata in questi anni, ma bisogna capire cosa succederà nelle elezioni nazionali, in programma a gennaio, visto che lui è già revisore dei conti a livello nazionale”.
Dato il tuo passaggio al regionale, cosa cambierà nella delegazione di Torino?
“Antonio Zaza è il nuovo presidente, per una questione di numeri e di continuità del lavoro, visto che in questi anni abbiamo sempre lavorato come un gruppo di lavoro coeso, di cui lui era vicepresidente. Nel consiglio subentra il primo escluso, ovvero Alessandro Giraulo. Il consiglio che si riunirà in settimana deciderà le altre cariche”.
Sebastiano, entriamo nel vivo del discorso e parliamo di programmi.
“Da statuto, il presidente regionale deve coordinare le attività delle varie province, ovviamente seguendo le linee guida dettate dal nazionale. Vorrei partire da una riorganizzazione dei gruppi provinciali, avere un calendario unico e condiviso, a partire dai consigli, per poter essere presente come uditore, dare presenza istituzionale e conoscere le varie problematiche”.
Conoscere per intervenire nel modo giusto.
“Certo, essere presenti è la base per creare situazioni, formative e informative, che facciano crescere l’interesse degli allenatori verso la nostra associazione. A Torino abbiamo quasi raddoppiato i numeri, ma bisogna adattare quell’esperienza alle diverse esigenze delle singole realtà. Eventi formativi, incontri con allenatori, viaggi in realtà professionistiche, presenza e disponibilità costate: così possiamo crescere in tutte le province”.
A proposito di formazione, l’Aiac è tra le istituzioni coinvolte nella nascita del Centri federali del Settore giovanile e scolastico.
“Sono un’importante opportunità di crescita per il nostro movimento calcistico, permetteranno di monitorare il territorio in modo capillare, sul modello francese o tedesco. Nel momento in cui verremo chiamati in causa per la scelta degli istruttori federali, daremo in nostro supporto, come da accordi nazionali. Io mi sono già confrontato, a questo proposito, con il coordinatore federale Sgs Raffaele Latiana”.
Immagino che in programma ci sia anche un incontro con Christian Mossino, neo presidente della Lega Nazionale Dilettanti.
“Con lui vorrei rapportarmi su dinamiche importanti, a partire dalle rappresentative: bisogna evitare diatribe riguardanti selezionatori e allenatori già tesserati. Se vorrà, insieme al responsabile organizzativo Eudo Giachetti, entreremo nel merito della componente tecnica. Poi, discorso fondamentale, dobbiamo affrontare in modo deciso la situazione degli allenatori senza patentino, dei dirigenti che fanno gli allenatori, dando concretezza alla presenza delle istituzioni, se no finiscono per avere sempre ragione i furbi. Anche Tavecchio ha dato indicazioni molto chiare a questo proposito. Insieme all’Aia e alla Lnd, dobbiamo trovare formule per risolvere questo problema”.
È un argomento annoso quanto spinoso…
“Vero, ma il movimento calcistico può crescere solo se crescono gli istruttori e la cultura sportiva. Da un lato tutti gli allenatori devono essere patentati, poi sarà il mercato a dire chi è più o meno bravo; dall’altra dobbiamo affrontare il discorso della formazione degli allenatori, che può essere ulteriormente migliorato. Per esempio, vogliamo sviluppare il progetto “Aiac Edu”, progetto nazionale formativo rivolto a chi si occupa di calcio, per sensibilizzare tutti riguardo alla formazione. Noi non siamo dei censori che devono andare a scoprire le magagne degli allenatori, come tante volte vogliono farci passare, ma una delle componenti formative ed educative del mondo del calcio. E non solo, anche sociale”.
In che senso?
“Mi riferisco all’Aiac Onlus, la neonata parte sociale dell’associazione allenatori a livello nazionale. Dall’anno scorso chi si associa paga due euro in più, che servono per sviluppare iniziative sociali sul territorio. Per esempio i corsi per allenatori negli istituti penitenziari, esperienza già fatta in altre regioni, o le iniziative in collaborazione con le associazioni che si occupano di disabilità”.
C’è tanta carne al fuoco…
“Spesso mi accusano di non avere esperienza, ma sicuramente ho le idee chiare per far crescere l’associazione. Il Piemonte è sempre stato all’avanguardia a livello calcistico, deve continuare ad esserlo nel segno della cultura sportiva”.