1 - In questo primo editoriale della stagione, lo psicologo Edoardo Ciofi ci parla del concetto di vittoria nel calcio giovanile e di come questo non sia necessariamente legato al discorso dei risultati, tra storia e presente.
Una delle frasi più celebri tra quelle che riguardano lo sport è sicuramente quella pronunciata da Pierre De Coubertin, pedagogista francese noto per essere l’ideatore dei Giochi Olimpici moderni: “L'importante non è vincere ma partecipare” è stata utilizzata come motto per tantissime manifestazioni sportive agonistiche o amatoriali. Per quanto la frase possa avere diversi significati sottostanti (infatti, per esempio, in ambito pedagogico potrebbe insegnare ai bambini quanto possa essere importante il gioco o lo sport in sé per crescere) sono sicuro nel dire che, all’interno dello sport agonistico, non siano in tanti a essere d’accordo con questa affermazione, infatti, sia per quanto riguarda gli sport considerati minori, quindi con meno seguito di tifosi, sia per quelli più seguiti, la parola d’ordine è vincere.
Al giorno d’oggi, negli sport professionistici, si è aggiunta una componente economica che porta, soprattutto negli sport che hanno una maggiore visibilità, a ricercare la vittoria non solo per un soddisfacimento personale, ma anche per un ritorno economico non indifferente. Recentemente, infatti, uno dei presidenti più importanti della storia della Juventus, Giampiero Boniperti, ha riformulato (o per meglio dire “stravolto”) la frase di De Coubertin in “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”.
Ma cosa significa vincere?
Secondo Harper (1982) esistono due modi diversi di concepire la vittoria: vittoria come risultato o come premio, un punto di vista che sottolinea appunto il risultato di una gara o di un concorso, e vittoria come esperienza che enfatizza le qualità di una particolare esperienza. Per quanto riguarda il primo modo di concepire la vittoria, esso si fonda sul fatto semplice ma non banale che “o si vince o si perde” e tutto è basato puramente sui risultati oggettivi di una gara (per esempio vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi). Il secondo modo si focalizza più sulla prestazione, sull’“how to play the game“ (Harper, 1982) piuttosto che sul risultato. Questa seconda definizione si avvicina di più al concetto di De Coubertin, in quanto sottolinea che avere la possibilità di competere e di dare il meglio di sé sia già una vittoria. E’ interessante notare che, in questo concetto, è inscritto che dietro una vittoria non c’è solamente un uomo che ha corso più veloce degli altri, o una squadra che ha fatto più punti delle altre, ma molto di più. Fin dall’Antica Grecia, infatti, chi eccelleva in uno sport era considerato come portatore di aretê (virtù) al pari di chi eccelleva nel campo della guerra. Coloro che avevano aretê, non solo erano adorati tra gli uomini, ma anche favoriti dagli dei (Reid, 1998). Nell’Iliade (XXIII, 823-880), per esempio, Omero racconta come, in una gara di corsa, la dea Atena avesse scelto come favorito Ulisse (avendo visto in lui una grande virtù) ed avesse fatto scivolare il suo avversario Aiace portando così Ulisse alla vittoria.
E oggi?
Anche oggi il vincitore è considerato colui che ha quel qualcosa in più rispetto agli avversari e il punto che numerosi studiosi di diverse discipline dibattono è proprio la ricerca di quel “qualcosa in più” che rende una persona o una squadra “vincente”. Mentre, come si è visto prima, anche se in un modo eccessivamente semplicistico rispetto al dibattito filosofico sul significato di vittoria presso gli antichi greci nell'’antichità, dietro ad una vittoria c’erano delle qualità inscritte nella persona che la rendevano migliore rispetto ai suoi avversari, oggi si cerca di capire come e se sia possibile fare in modo che una persona possa costruire la propria vittoria pur non essendo portatore innato di una virtù benevola. Dietro alla vittoria c’è quindi una dura preparazione che porta l’atleta, sin da
bambino, a cercare di coronare il proprio sogno di diventare il migliore, di essere il “numero uno” tra tutti coloro che hanno la medesima passione. L’atleta in questione dovrà quindi sottoporsi a moltissimi allenamenti fisici che permetteranno di preparare il proprio corpo a superare le varie prove a cui dovrà sottoporsi per vincere all’interno dello sport che ha scelto.
Ma per arrivare alla vittoria può bastare la sola preparazione fisica?
Una vittoria, come abbiamo già visto, non è un concetto che si esaurisce una volta superato un traguardo o giocata l’ultima partita del campionato, anzi, si può dire che il momento finale della gara in cui si è risultati migliori coincida proprio con l’inizio della vittoria. Nei prossimi articoli cercheremo di analizzare meglio gli ingredienti che portano alla vittoria, ma soprattutto sul concetto di vittoria nel calcio giovanile che non per forza, come detto precedentemente, è legato al discorso dei risultati.