Domenica, 22 Settembre 2024
Daniele Pallante

Daniele Pallante

È SEMPRE MERCATO - Tante proposte per il direttore sportivo dell’Alpignano (che farà di tutto per trattenerlo), in pole position ci sono tre Academy Juventus, ma c'è anche una strada che porta a Chieri


Sisport, Chisola, Volpiano e anche Chieri. Senza ovviamente dimenticare la sua casa calcistica, l’Alpignano, che rimane la priorità. Nonostante la stagione sia iniziata solo da un paio di mesi, c’è chi già tesse le sue reti in vista dell’annata 2023/2024, quando uno dei pezzi pregiati del mercato dei dirigenti sarà Christian Bellanova.

Questa estate non sono mancate le proposte, per l’attuale direttore sportivo biancoazzurro, che in via Migliarone ormai gestisce Settore giovanile e Scuola calcio, in collaborazione con Antonio Seminerio e Mimmo Dilonardo, oltre a organizzare i tornei. È lui, di fatto, il volto che ha sostituito Omar Cerutti, passato a Chieri alla corte di Stefano Sorrentino. Ma per l’Alpignano sarebbe stato insostenibile perdere in un solo colpo i suoi due principali punti di riferimento: per questo le proposte estive sono state rispedite al mittente, ma ora i pretendenti di Bellanova stanno già tornando alla carica.

In prima fila c’è ancora una volta la Sisport, che sarebbe una sorta di ritorno, visto il trascorso di Bellanova in J Stars. La società bianconera, in continua crescita sotto l’ala protettiva della Juventus, ha bisogno di rinforzare la struttura dirigenziale guidata da Antonio Marchio, Stefano Falbo, Enzo De Angelis e dal nuovo responsabile tecnico delle annate dall’Under 12 all’Under 5, Davide Perri. Le capacità organizzative di Bellanova completerebbero perfettamente questa squadra dirigenziale, ma non è detto che così tante personalità “forti” possano convivere.

Anche Chisola e Volpiano sono società con centinaia di tesserati, in crescita nei numeri e nella qualità. Per quanto le strutture organizzative siano già ben oliate, un aiuto di qualità sarebbe comunque necessario, anche nell’organizzazione dei tornei. Particolare non da poco, entrambe sono Academy Juventus: le strategie della casa madre bianconera avranno un peso, in un senso o nell’altro. Tra le due, comunque, in pole position c’è sicuramente in Chisola, per questioni logistiche (parliamo di Vinovo, non un posto a caso) e anche di struttura, nel senso che la società del presidente Luca Atzori è sempre alla ricerca di una figura di riferimento che prenda il posto di Diego Perrone.

Per tutti questi motivi, la posizione del Chieri è, ad oggi, più defilata: è vero che c’è lo “sponsor” Cerutti, con cui Bellanova ha lavorato con profitto, ma è anche vero che lo staff dirigenziale è stato appena ridisegnato dalla nuova proprietà ed è difficile immaginare un nuovo riassetto.

Non ultimo, come detto, c’è l’Alpignano, che farà carte false per non perdere il suo uomo di riferimento. Il legame è reciproco, anche per Bellanova il biancoazzurro è una sorta di seconda pelle: se la società sarà in grado di rispondere in modo positivo alle sue ambizioni, le altre pretendenti rimarranno con un pugno di mosche. È difficile, comunque, aspettarsi un verdetto definitivo prima di Pasqua: c’è tempo per scegliere il petalo giusto, Christian Bellanova inizia a sfogliare la margherita…

 

È SEMPRE MERCATO - Tante proposte per il direttore sportivo dell’Alpignano (che farà di tutto per trattenerlo), in pole position ci sono tre Academy Juventus, ma c'è anche una strada che porta a Chieri


Sisport, Chisola, Volpiano e anche Chieri. Senza ovviamente dimenticare la sua casa calcistica, l’Alpignano, che rimane la priorità. Nonostante la stagione sia iniziata solo da un paio di mesi, c’è chi già tesse le sue reti in vista dell’annata 2023/2024, quando uno dei pezzi pregiati del mercato dei dirigenti sarà Christian Bellanova.

Questa estate non sono mancate le proposte, per l’attuale direttore sportivo biancoazzurro, che in via Migliarone ormai gestisce Settore giovanile e Scuola calcio, in collaborazione con Antonio Seminerio e Mimmo Dilonardo, oltre a organizzare i tornei. È lui, di fatto, il volto che ha sostituito Omar Cerutti, passato a Chieri alla corte di Stefano Sorrentino. Ma per l’Alpignano sarebbe stato insostenibile perdere in un solo colpo i suoi due principali punti di riferimento: per questo le proposte estive sono state rispedite al mittente, ma ora i pretendenti di Bellanova stanno già tornando alla carica.

In prima fila c’è ancora una volta la Sisport, che sarebbe una sorta di ritorno, visto il trascorso di Bellanova in J Stars. La società bianconera, in continua crescita sotto l’ala protettiva della Juventus, ha bisogno di rinforzare la struttura dirigenziale guidata da Antonio Marchio, Stefano Falbo, Enzo De Angelis e dal nuovo responsabile tecnico delle annate dall’Under 12 all’Under 5, Davide Perri. Le capacità organizzative di Bellanova completerebbero perfettamente questa squadra dirigenziale, ma non è detto che così tante personalità “forti” possano convivere.

Anche Chisola e Volpiano sono società con centinaia di tesserati, in crescita nei numeri e nella qualità. Per quanto le strutture organizzative siano già ben oliate, un aiuto di qualità sarebbe comunque necessario, anche nell’organizzazione dei tornei. Particolare non da poco, entrambe sono Academy Juventus: le strategie della casa madre bianconera avranno un peso, in un senso o nell’altro. Tra le due, comunque, in pole position c’è sicuramente in Chisola, per questioni logistiche (parliamo di Vinovo, non un posto a caso) e anche di struttura, nel senso che la società del presidente Luca Atzori è sempre alla ricerca di una figura di riferimento che prenda il posto di Diego Perrone.

Per tutti questi motivi, la posizione del Chieri è, ad oggi, più defilata: è vero che c’è lo “sponsor” Cerutti, con cui Bellanova ha lavorato con profitto, ma è anche vero che lo staff dirigenziale è stato appena ridisegnato dalla nuova proprietà ed è difficile immaginare un nuovo riassetto.

Non ultimo, come detto, c’è l’Alpignano, che farà carte false per non perdere il suo uomo di riferimento. Il legame è reciproco, anche per Bellanova il biancoazzurro è una sorta di seconda pelle: se la società sarà in grado di rispondere in modo positivo alle sue ambizioni, le altre pretendenti rimarranno con un pugno di mosche. È difficile, comunque, aspettarsi un verdetto definitivo prima di Pasqua: c’è tempo per scegliere il petalo giusto, Christian Bellanova inizia a sfogliare la margherita…

 

SOCIETA’ - Il preparatore dei portieri della Nazionale Under 16 e fondatore della Keeplay Professional Soccer School rinuncia al ruolo di direttore tecnico: “Visto che non posso garantire la professionalità che mi ha sempre contraddistinto, preferisco fare un passo indietro e lasciare alla società il modo di organizzarsi”


È durata solo un paio di mesi la collaborazione tra Fabrizio Capodici e l’Olympic Collegno: l’ex portierone di Juventus e Piacenza, che oggi è preparatore dei portieri della Nazionale Under 16 e fondatore della Keeplay Professional Soccer School, ha dovuto fare un passo indietro: “L’ho già comunicato alla società e alle famiglie - spiega - ma purtroppo non riesco a dedicare all’Olympic il tempo che merita un ruolo importante come quello di direttore tecnico. La mia intenzione era lavorare con gli allenatori, andare in campo con loro secondo una precisa programmazione tecnica. Ma nel frattempo si è intensificata la mia collaborazione con le nazionali giovanili, sono spesso a Coverciano o in trasferta per partite e tornei, e chiaramente non posso dare continuità alla mia presenza a Collegno. Io sono abituato a fare le cose al 100 per 100, non accetto compromessi. Visto che non posso garantire la professionalità che mi ha sempre contraddistinto, preferisco fare un passo indietro e lasciare alla società il modo di organizzarsi al meglio”.

L’inizio di stagione dell’Olympic Collegno è stato comunque molto positivo, la società è ben organizzata con lo staff che fa capo al presidente Domenico Pizzicoli e al vicepresidente Ennio Carpinelli, passa dal direttore generale Nunzio Rubicondo e arriva a una struttura operativa composta da Maurizio Fontana (direttore sportivo del Settore giovanile), Alessandro Cucinotto (già allenatore dei 2006, ora anche responsabile della Scuola calcio), Christian Somale (gestore dei tornei). La presenza di una figura come quella di Fabrizio Capodici avrebbe garantito un ulteriore salto di qualità, ma le buone intenzioni non hanno retto alla prova del campo: “Lascio la società con grande dispiacere, ci tengo a ringraziare davvero tutti, in primis il presidente Domenico, la moglie Valeria e il vicepresidente Ennio, per come mi hanno accolto. In questi mesi la società è stata sempre presente e mi ha supportato in tutto, nel progetto e nella programmazione che abbiamo condiviso e che, spero, possano portare avanti anche senza di me. Auguro il meglio e tornerò sicuramente sul campo dell’Olympic tutte le volte che mi sarà possibile”.

SOCIETA’ - Il preparatore dei portieri della Nazionale Under 16 e fondatore della Keeplay Professional Soccer School rinuncia al ruolo di direttore tecnico: “Visto che non posso garantire la professionalità che mi ha sempre contraddistinto, preferisco fare un passo indietro e lasciare alla società il modo di organizzarsi”


È durata solo un paio di mesi la collaborazione tra Fabrizio Capodici e l’Olympic Collegno: l’ex portierone di Juventus e Piacenza, che oggi è preparatore dei portieri della Nazionale Under 16 e fondatore della Keeplay Professional Soccer School, ha dovuto fare un passo indietro: “L’ho già comunicato alla società e alle famiglie - spiega - ma purtroppo non riesco a dedicare all’Olympic il tempo che merita un ruolo importante come quello di direttore tecnico. La mia intenzione era lavorare con gli allenatori, andare in campo con loro secondo una precisa programmazione tecnica. Ma nel frattempo si è intensificata la mia collaborazione con le nazionali giovanili, sono spesso a Coverciano o in trasferta per partite e tornei, e chiaramente non posso dare continuità alla mia presenza a Collegno. Io sono abituato a fare le cose al 100 per 100, non accetto compromessi. Visto che non posso garantire la professionalità che mi ha sempre contraddistinto, preferisco fare un passo indietro e lasciare alla società il modo di organizzarsi al meglio”.

L’inizio di stagione dell’Olympic Collegno è stato comunque molto positivo, la società è ben organizzata con lo staff che fa capo al presidente Domenico Pizzicoli e al vicepresidente Ennio Carpinelli, passa dal direttore generale Nunzio Rubicondo e arriva a una struttura operativa composta da Maurizio Fontana (direttore sportivo del Settore giovanile), Alessandro Cucinotto (già allenatore dei 2006, ora anche responsabile della Scuola calcio), Christian Somale (gestore dei tornei). La presenza di una figura come quella di Fabrizio Capodici avrebbe garantito un ulteriore salto di qualità, ma le buone intenzioni non hanno retto alla prova del campo: “Lascio la società con grande dispiacere, ci tengo a ringraziare davvero tutti, in primis il presidente Domenico, la moglie Valeria e il vicepresidente Ennio, per come mi hanno accolto. In questi mesi la società è stata sempre presente e mi ha supportato in tutto, nel progetto e nella programmazione che abbiamo condiviso e che, spero, possano portare avanti anche senza di me. Auguro il meglio e tornerò sicuramente sul campo dell’Olympic tutte le volte che mi sarà possibile”.

INTERVISTA - Iniziata la collaborazione con la società del presidente Stefano Sorrentino. “Gli aspetti mentali - spiega Giorgia Rocchetta - vanno allenati come la tecnica, la tattica e il fisico, portano a esprimere il massimo potenziale di ogni atleta con continuità. Nelle società dilettantistiche si parte dal contesto, dai genitori e dagli allenatori, affinché assumano uno stile di conduzione condiviso”


“Sono contentissima di questo incarico, la figura dello psicologo dello sport sta iniziando a essere sempre più presa in considerazione anche nel mondo del calcio: in Italia siamo sempre stati indietro, rispetto ad altri contesti europei e mondiali, mentre oggi c’è un’attenzione crescente verso questo aspetto, che è fondamentale”.

Giorgia Rocchetta, psicologa dello sport che lavora (tra l’altro) con la FIGC e il Torino Calcio, ha da poco intrapreso un percorso di collaborazione con il Chieri, fortemente voluto dal presidente Stefano Sorrentino e dal responsabile delle giovanili Omar Cerutti: l’obiettivo è quello di mettere “il ragazzo al centro del progetto, e di creare intorno a lui le condizioni giuste perché possa divertirsi, imparare ed esprimere le proprie potenzialità al 100 per 100”. "Qui a Chieri - spiega proprio Cerutti - stiamo costruendo una società su misura per i nostri ragazzi: il centro sportivo è tra i più belli e moderni del Piemonte, dedichiamo grande attenzione ai comportamenti dentro e fuori dal campo, lo staff tecnico cura tutti gli aspetti tecnici e tattici, abbiamo preparatori atletico, preparatori dei portieri, fisioterapisti e quant'altro. Per completare questo quadro di insieme, abbiamo deciso di aprire questa collaborazione con Giorgia Rocchetta, perché ci aiuti a costruire un ambiente di lavoro sereno e divertente, oltre che serio e professionale. Insomma, vogliamo ottenere risultati sul campo ma, ancora di più, lasciare un segno positivo nella formazione dei nostri tesserati, perché il calcio è solo un aspetto del percorso di vita che vogliamo proporre".

Dottoressa, perché è “fondamentale” la psicologia applicata al mondo dello sport?

“Perché, quando si pratica uno sport, l’attenzione è sempre concentrata sugli aspetti tecnici, tattici e fisici dell’attività sportiva stessa, mentre viene trascurato l’aspetto mentale. Eppure è la mente che guida il corpo, è la mente che fa la differenza”.

Quindi bisogna allenare la mente.

“Ci sono aspetti mentali che, se allenati come si allenano la tecnica, la tattica e il fisico, portano a esprimere il massimo potenziale di ogni atleta con continuità. Attenzione, lo psicologo dello sport non ha la bacchetta magica, ma un atleta deve avere la consapevolezza di propri aspetti mentali per esprimere il massimo delle proprie potenzialità durante la prestazione. Altrimenti c’è il rischio che le performance siano altalenanti: c’è chi rende molto in allenamento ma non riesce a esprimersi in partita, chi passa periodi di carriera con alti e bassi. Vuol dire che manca la consapevolezza degli aspetti mentali che in quel momento non stanno aiutando l’atleta nella prestazione”.

Scendiamo nello specifico del calcio, in particolare del calcio giovanile e dilettantistico.

“Nel calcio e nelle società dilettantistiche si aggiunge un aspetto fondamentale, ovvero la necessità di lavorare su tutte le figure che ruotano intorno al giovane atleta, che hanno un ruolo fondamentale: dai genitori ai tecnici, ai dirigenti, allo staff. Persone che devono fare, loro per primi, squadra, finalizzati verso l’obiettivo condiviso che è il benessere del ragazzo. Ognuno deve prendere consapevolezza del suo ruolo”.

Quindi la prima tappa del lavoro è sul contesto.

“Sì, perché il contesto influenza i ragazzi. Bisogna creare un ambiente sereno intorno ai ragazzi, dove possano divertirsi, sperimentare le loro abilità e acquisirne di nuove. Un contesto privo di giudizi e di pressione, condizione essenziale per divertirsi, apprendere e migliorare. Senza dimenticare che questo contesto è palestra di vita: attraverso lo sport i giovani traggono insegnamenti che vanno ben oltre lo sport”.

Scendiamo nel concreto.

“Lavorare sul contesto vuol dire fare incontri con i genitori, che sono sempre convinti di fare il bene dei loro figli, ma magari non sono pienamente consapevoli che non tutti i loro comportamenti possono essere di supporto. Poi con gli allenatori di settore giovanile e scuola calcio, per trasmettere loro uno stile di conduzione, dell’allenamento e della partita, condiviso. La formazione è prima teorica, in aula, e poi pratica, sul campo. Lavoriamo in particolare sulla comunicazione, perché i tecnici possono stimolare l’apprendimento e la fiducia dei ragazzi, in questo caso si parla di autoefficacia. Una comunicazione corretta deve stimolare l’apprendimento induttivo, i giovani devono trovare da soli le proprie soluzioni, per diventare giocatori pensanti e non telecomandati, e devono essere liberi dalla paura di sbagliare. Deve cambiare il modo di interpretare l’errore, che può avvenire solo se provo soluzioni nuove. Se non commetto errori è perché faccio solo quello che so già. E invece tramite l’errore si imparano nuove cose”.

Infine, c’è il lavoro con i ragazzi, immagino.

“Ai ragazzi daremo l’opportunità di avere uno sportello di ascolto, nel momento in cui ne sentano la necessità: potranno avvalersi della mia figura professionale attraverso momenti individuali, esclusivamente su loro richiesta. Per esperienza, ha successo il fatto di vedermi in campo durante gli allenamenti, trasmette una nuova interpretazione del ruolo di psicologo dello sport, lo rende più accessibile: non una figura cui ci si rivolge se ci sono problemi, ma per migliorare alcuni aspetti e approfondire le conoscenze”.

Mentre gli adulti, allenatori e istruttori, possono essere più pronti a collaborare con uno psicologo dello sport, immagino ci sia un maggiore scetticismo da parte dei ragazzi. Com’è la loro risposta?

“Dipende dai casi, generalizzare è sempre sbagliato. Alcuni sono timorosi, è vero, quasi sempre perché hanno un’idea sbagliata della nostra figura, legata ai concetti di patologia e malattia mentale. Se spieghi invece il reale ruolo dello psicologo dello sport, abbatti la barriera della diffidenza e trovi la loro voglia di mettersi in gioco. Quando capiscono il percorso e gli obiettivi, i ragazzi sono incuriositi, arriva da loro la richiesta di venire supportati. Posso fare un esempio?”

Certo.

“In un’altra società con cui collaboravo, un ragazzo - che non trovava molto spazio in campo - è venuto a parlarmi, visto che stare sempre in panchina gli suscitava emozioni che non riusciva a controllare. Appena si è seduto, ha subito detto di essersi sbagliato, che non serviva. In poche parole, gli ho spiegato questa idea di psicologo dello sport che non lavora per risolvere un problema, ma per raggiungere la massima espressione dell’atleta, della sua unicità. Dalla paura siamo passati alla rassicurazione e alla spiegazione del percorso”.

Com’è finita?

“È diventato titolare (risata, ndr), anche perché c’era un problema di comunicazione con l’allenatore. Lo psicologo dello sport, tra l’altro, ha il compito di facilitare la comunicazione tra i vari elementi delle società”.

Torniamo a dove siamo partiti, il Chieri. Quali sono le tappe della vostra collaborazione, che tra l’altro segue le linee-guida tracciate dal Settore Giovanile e Scolastico della FIGC?

“Con gli allenatori delle giovanili ho già fatto un primo incontro informativo sullo stile di conduzione che vorremmo che tutti i tecnici del Chieri arrivassero ad adottare, la settimana prossima si replica con gli istruttori della scuola calcio. Sabato prossimo sarò in campo con allenatori delle giovanili per una simulazione di allenamento, perché la competenza è fatta di tre step: sapere le cose, ovvero l’informazione; poi saperle fare, su questo bisogna allenarsi; terzo, come farle, quindi il passaggio dalle simulazioni agli allenamenti veri e propri. Ma non è finita qui, perché agli allenamenti sarò presente e, tramite una griglia di osservazione, mostrerò i risultati per valutare con gli allenatori cosa funziona e quali sono le aree di miglioramento. È un processo continuo, teorico e pratico, che andrà avanti per tutta la stagione”.

INTERVISTA - Iniziata la collaborazione con la società del presidente Stefano Sorrentino. “Gli aspetti mentali - spiega Giorgia Rocchetta - vanno allenati come la tecnica, la tattica e il fisico, portano a esprimere il massimo potenziale di ogni atleta con continuità. Nelle società dilettantistiche si parte dal contesto, dai genitori e dagli allenatori, affinché assumano uno stile di conduzione condiviso”


“Sono contentissima di questo incarico, la figura dello psicologo dello sport sta iniziando a essere sempre più presa in considerazione anche nel mondo del calcio: in Italia siamo sempre stati indietro, rispetto ad altri contesti europei e mondiali, mentre oggi c’è un’attenzione crescente verso questo aspetto, che è fondamentale”.

Giorgia Rocchetta, psicologa dello sport che lavora (tra l’altro) con la FIGC e il Torino Calcio, ha da poco intrapreso un percorso di collaborazione con il Chieri, fortemente voluto dal presidente Stefano Sorrentino e dal responsabile delle giovanili Omar Cerutti: l’obiettivo è quello di mettere “il ragazzo al centro del progetto, e di creare intorno a lui le condizioni giuste perché possa divertirsi, imparare ed esprimere le proprie potenzialità al 100 per 100”. "Qui a Chieri - spiega proprio Cerutti - stiamo costruendo una società su misura per i nostri ragazzi: il centro sportivo è tra i più belli e moderni del Piemonte, dedichiamo grande attenzione ai comportamenti dentro e fuori dal campo, lo staff tecnico cura tutti gli aspetti tecnici e tattici, abbiamo preparatori atletico, preparatori dei portieri, fisioterapisti e quant'altro. Per completare questo quadro di insieme, abbiamo deciso di aprire questa collaborazione con Giorgia Rocchetta, perché ci aiuti a costruire un ambiente di lavoro sereno e divertente, oltre che serio e professionale. Insomma, vogliamo ottenere risultati sul campo ma, ancora di più, lasciare un segno positivo nella formazione dei nostri tesserati, perché il calcio è solo un aspetto del percorso di vita che vogliamo proporre".

Dottoressa, perché è “fondamentale” la psicologia applicata al mondo dello sport?

“Perché, quando si pratica uno sport, l’attenzione è sempre concentrata sugli aspetti tecnici, tattici e fisici dell’attività sportiva stessa, mentre viene trascurato l’aspetto mentale. Eppure è la mente che guida il corpo, è la mente che fa la differenza”.

Quindi bisogna allenare la mente.

“Ci sono aspetti mentali che, se allenati come si allenano la tecnica, la tattica e il fisico, portano a esprimere il massimo potenziale di ogni atleta con continuità. Attenzione, lo psicologo dello sport non ha la bacchetta magica, ma un atleta deve avere la consapevolezza di propri aspetti mentali per esprimere il massimo delle proprie potenzialità durante la prestazione. Altrimenti c’è il rischio che le performance siano altalenanti: c’è chi rende molto in allenamento ma non riesce a esprimersi in partita, chi passa periodi di carriera con alti e bassi. Vuol dire che manca la consapevolezza degli aspetti mentali che in quel momento non stanno aiutando l’atleta nella prestazione”.

Scendiamo nello specifico del calcio, in particolare del calcio giovanile e dilettantistico.

“Nel calcio e nelle società dilettantistiche si aggiunge un aspetto fondamentale, ovvero la necessità di lavorare su tutte le figure che ruotano intorno al giovane atleta, che hanno un ruolo fondamentale: dai genitori ai tecnici, ai dirigenti, allo staff. Persone che devono fare, loro per primi, squadra, finalizzati verso l’obiettivo condiviso che è il benessere del ragazzo. Ognuno deve prendere consapevolezza del suo ruolo”.

Quindi la prima tappa del lavoro è sul contesto.

“Sì, perché il contesto influenza i ragazzi. Bisogna creare un ambiente sereno intorno ai ragazzi, dove possano divertirsi, sperimentare le loro abilità e acquisirne di nuove. Un contesto privo di giudizi e di pressione, condizione essenziale per divertirsi, apprendere e migliorare. Senza dimenticare che questo contesto è palestra di vita: attraverso lo sport i giovani traggono insegnamenti che vanno ben oltre lo sport”.

Scendiamo nel concreto.

“Lavorare sul contesto vuol dire fare incontri con i genitori, che sono sempre convinti di fare il bene dei loro figli, ma magari non sono pienamente consapevoli che non tutti i loro comportamenti possono essere di supporto. Poi con gli allenatori di settore giovanile e scuola calcio, per trasmettere loro uno stile di conduzione, dell’allenamento e della partita, condiviso. La formazione è prima teorica, in aula, e poi pratica, sul campo. Lavoriamo in particolare sulla comunicazione, perché i tecnici possono stimolare l’apprendimento e la fiducia dei ragazzi, in questo caso si parla di autoefficacia. Una comunicazione corretta deve stimolare l’apprendimento induttivo, i giovani devono trovare da soli le proprie soluzioni, per diventare giocatori pensanti e non telecomandati, e devono essere liberi dalla paura di sbagliare. Deve cambiare il modo di interpretare l’errore, che può avvenire solo se provo soluzioni nuove. Se non commetto errori è perché faccio solo quello che so già. E invece tramite l’errore si imparano nuove cose”.

Infine, c’è il lavoro con i ragazzi, immagino.

“Ai ragazzi daremo l’opportunità di avere uno sportello di ascolto, nel momento in cui ne sentano la necessità: potranno avvalersi della mia figura professionale attraverso momenti individuali, esclusivamente su loro richiesta. Per esperienza, ha successo il fatto di vedermi in campo durante gli allenamenti, trasmette una nuova interpretazione del ruolo di psicologo dello sport, lo rende più accessibile: non una figura cui ci si rivolge se ci sono problemi, ma per migliorare alcuni aspetti e approfondire le conoscenze”.

Mentre gli adulti, allenatori e istruttori, possono essere più pronti a collaborare con uno psicologo dello sport, immagino ci sia un maggiore scetticismo da parte dei ragazzi. Com’è la loro risposta?

“Dipende dai casi, generalizzare è sempre sbagliato. Alcuni sono timorosi, è vero, quasi sempre perché hanno un’idea sbagliata della nostra figura, legata ai concetti di patologia e malattia mentale. Se spieghi invece il reale ruolo dello psicologo dello sport, abbatti la barriera della diffidenza e trovi la loro voglia di mettersi in gioco. Quando capiscono il percorso e gli obiettivi, i ragazzi sono incuriositi, arriva da loro la richiesta di venire supportati. Posso fare un esempio?”

Certo.

“In un’altra società con cui collaboravo, un ragazzo - che non trovava molto spazio in campo - è venuto a parlarmi, visto che stare sempre in panchina gli suscitava emozioni che non riusciva a controllare. Appena si è seduto, ha subito detto di essersi sbagliato, che non serviva. In poche parole, gli ho spiegato questa idea di psicologo dello sport che non lavora per risolvere un problema, ma per raggiungere la massima espressione dell’atleta, della sua unicità. Dalla paura siamo passati alla rassicurazione e alla spiegazione del percorso”.

Com’è finita?

“È diventato titolare (risata, ndr), anche perché c’era un problema di comunicazione con l’allenatore. Lo psicologo dello sport, tra l’altro, ha il compito di facilitare la comunicazione tra i vari elementi delle società”.

Torniamo a dove siamo partiti, il Chieri. Quali sono le tappe della vostra collaborazione, che tra l’altro segue le linee-guida tracciate dal Settore Giovanile e Scolastico della FIGC?

“Con gli allenatori delle giovanili ho già fatto un primo incontro informativo sullo stile di conduzione che vorremmo che tutti i tecnici del Chieri arrivassero ad adottare, la settimana prossima si replica con gli istruttori della scuola calcio. Sabato prossimo sarò in campo con allenatori delle giovanili per una simulazione di allenamento, perché la competenza è fatta di tre step: sapere le cose, ovvero l’informazione; poi saperle fare, su questo bisogna allenarsi; terzo, come farle, quindi il passaggio dalle simulazioni agli allenamenti veri e propri. Ma non è finita qui, perché agli allenamenti sarò presente e, tramite una griglia di osservazione, mostrerò i risultati per valutare con gli allenatori cosa funziona e quali sono le aree di miglioramento. È un processo continuo, teorico e pratico, che andrà avanti per tutta la stagione”.

TORNEO - Grande successo per la manifestazione organizzata dalla società del presidente Stefano Sorrentino in collaborazione con Giorgia Contu, Marco Mameli e Aldo Bratti. Piazzamenti importanti per Enotria, Charvensod e Chieri


Tribune piene e spettacolo in campo, con le vittorie di Pro Patria 2010, Sisport 2011, Juventus 2013 e 2015: è il riassunto del torneo di Halloween che si è giocato tra il centro sportivo Rosato di Chieri e lo Stadio Garrone di Riva presso Chieri, nelle giornate di domenica 30 ottobre e martedì 1° novembre. Una manifestazione organizzata dalla società del presidente Stefano Sorrentino in collaborazione con Giorgia Contu, Marco Mameli e Aldo Bratti, cui hanno partecipato le migliori società dilettantistiche del Piemonte, più Imperia, Rapid Lugano, Pro Patria e Pro Vercelli, con la ciliegina sulla torta della Juventus.

Proprio la Pro Patria si è imposta nella categoria regina degli Esordienti 2010, trascinata alla vittoria da Alessandro Guarnieri, eletto miglior giocatore del torneo. Ottimo secondo posto per il Chieri, medaglia di bronzo per la Sisport (che ha espresso anche il miglior portiere, Assom Parfait), davanti agli svizzeri del Rapid Lugano. La Sisport si è rifatta alla grande con gli Esordienti 2011: bianconeri medaglia d’oro, in una classifica che ha visto il Chisola al secondo posto, la Giovanile Centallo al terzo e i lombardi dell’Enotria al quarto, con Alessandro Corrado premiato come miglior giocatore.

La categoria Pulcini era rappresentata dai 2013, dove a dettare legge è stata la Juventus, che oltre ad un ottimo gioco di squadra ha espresso anche la migliore individualità, Cristian Furfaro. Medaglia d’argento per l’Enotria, società che ha confermato tutto il suo blasone, sul podio anche la sorpresa Charvensod, subito sotto ancora il Chieri. La Juventus ha centrato la doppietta di allori con i Primi Calci 2015, vincendo il derby con la Sisport. Altro terzo posto per l’ottimo Charvensod, e ancora un quarto piazzamento per il Chieri.

INTERVISTA - Il nuovo responsabile: “Società in crescita, costruita da persone serie e competenti: dobbiamo migliorare nei numeri e nella qualità, ma ci sono tutte le condizioni per costruire qualcosa di importante”. L’ultimo colpaccio è Gianluca Lanzoni nuovo istruttore degli Esordienti


Le strade in salita sono più faticose e difficili da percorrere, ma anche quelle che danno maggiore soddisfazione quando arrivi in cima, quando raggiungi il traguardo. Lo sa bene Sebastiano Fiordelisi, che questa estate ha accettato la sfida di rilanciare la scuola calcio del Moderna Mirafiori, società nata dalla collaborazione tra l’Atletico Mirafiori di Luciano Ferramosca e il Moderna di Riccardo De Maglianis nel “mitico” impianto sportivo di strada delle Cacce, a Torino. Un campo dove per tanti anni si è respirato grande calcio, dove c’è stato un periodo buio e ora sta tornando a splendere la luce, con campi pieni di ragazzi e bambini e una società viva, ambiziosa, con voglia di crescere.

“Ho iniziato questa nuova avventura conscio delle difficoltà che avrei incontrato, ma conoscendo le persone, la loro serietà, non ho avuto dubbi e mi sono lasciato trasportare dal loro entusiasmo. Ho accettato con entusiasmo di tornare alle origini, alla Scuola calcio, per riscoprire il bello di questo sport”. Così Sebastiano Fiordelisi, che continua: “Questa società ha ricominciato a fare calcio da poco, c’è tanto da fare e serve tempo, un mattoncino per volta. Ma il presidente Riccardo De Maglianis, il direttore generale Pasquale Blandi e tutti gli altri dirigenti lo sanno bene, stiamo parlando di gente che ha mangiato calcio per tanti anni: insieme possiamo costruire qualcosa di importante, questa prospettiva mi ha fatto tornare l’entusiasmo, un po’ come quando c’era da ricostruire il Pertusa”.

Anche i numeri dei tesserati stanno crescendo: “L’anno scorso - spiega il responsabile della Scuola calcio - c’erano due squadre, quest’anno abbiamo i Piccoli Amici 2015, i Pulcini 2013 con qualche 2014 e gli Esordienti misti, quasi 60 ragazzi in tutto. Non sono numeri altissimi ma una buona base c’è: nelle annate in cui ci sono i bambini, arrivano compagni e amici e si cresce. Il difficile è dove partiamo da zero, ma ci stiamo lavorando: abbiamo fatto degli open day e ne faremo ancora, stiamo andando a farci conoscere nelle scuole, valuteremo anche altre strategie per accelerare questa crescita già per i campionati primaverili”.

Fondamentale avere allenatori e istruttori di qualità: “Il mio ruolo - continua Fioredelisi - è organizzativo, mentre il direttore tecnico Claudio Ivaldi, con cui avevo collaborato già al Pertusa, va in campo con le squadre. Luca Blandi, figlio di Pasquale, allena i Pulcini, del gruppo dei piccolini si occupano ragazzi giovani ma preparati come Lorenzo Farfariello e Davide Noci. La ciliegina sulla torta è il nuovo istruttore degli Esordienti, che ho portato da poco tempo: è Gianluca Lanzoni, uno che nel curriculum vanta Bsr Grugliasco, Cirié Orbassano, Atletico Torino, Barracuda, Atletico Gabetto. È la persona giusta per preparare i ragazzi al salto nel Settore giovanile, dove ha sempre allenato”.

“Sai cosa mi fa ben sperare?” conclude Sebastiano Fiordelisi: “Chi viene, rimane. I ragazzi e le famiglie capiscono subito che qui si lavora con serietà, che siamo una società in crescita, con una storia importante alle spalle, un impianto sportivo importante e una grande voglia di migliorare, per tornare ai livelli che competono a questa società”.

TORNEO - Pubblico delle grandi occasioni per la manifestazione organizzata dalla società biancoazzurra, cui hanno partecipato anche Juventus, Alessandria, Pro Vercelli e Como


Tra tante professioniste (Juventus, Alessandria, Pro Vercelli e Como), la spuntano Sisport 2012, Chisola 2013 e Alpignano 2014: festa grande per le “nostre” dilettanti alla Halloween Cup, torneo organizzato dall’Alpignano e concentrato nella giornata del 1° novembre, con una cornice di pubblico davvero spettacolare che ha riempito le tribune dell’impianto sportivo di via Migliarone.

Nei Pulcini 2012 è stato un tripudio di maglie bianconere: alla fine la Sisport ha conquistato la medaglia d’oro, con il Lascaris secondo, lo Sca Asti terzo e i padroni di casa al quarto posto. Nei Pulcini 2013 si è imposto il Chisola, con Alpignano e Lascaris sul podio. Nei Primi Calci 2014 a fare festa sono stati i biancoazzurri, che hanno avuto la meglio sulla Juventus, che si è dovuta accontentare della medaglia d’argento, davanti a Sisport e Pinerolo.