Torino, 13/12/2016
E’ così un altro weekend di ponte feriale è passato. Un’altra domenica è volata via. C’è chi l’ha passata in montagna a sciare, nobile sport, ma che non da l’adrenalina del calcio, chi ha scelto di farsi un weekend in una città turistica a visitar musei, chi è andato al mare approfittando di belle giornate. Chi magari, ha dormito tutto il giorno perché il sabato sera è andato a “sballare”, chi l’ha passata davanti alla tv, con tutta la famiglia e figli ad annoiarsi, chi con gli amici in qualche ristorante e la passeggiata tra le colline.
C’è chi, invece, la domenica la passa in maniera del tutto particolare. E sono tanti, tanti sacrifici, corse in macchina per non arrivare tardi all’appuntamento. Ci si sveglia presto, si va nella cameretta del proprio ragazzo. Lui è già pronto, vestito e borsone già fatto. Ha già un mix di tensione, ansia, adrenalina, voglia, con un unico pensiero in testa: La partita! Quella partita attesa per tutta la settimana, frutto di duri allenamenti, al freddo fino a tarda sera, i genitori intirizziti sugli spalti a guardarli, a cercare di cogliere al volo lo stato tecnico del proprio ragazzo. Ora finalmente è arrivata. Dai Piccoli Amici, ma piccoli veramente, per arrivare fino alle categorie dilettanti, qualsiasi essa sia, la categoria, la domenica è tutto ciò che si accende dentro di loro.
E’ un giorno “speciale”, dove i “ragazzi” lasciano tutti i pensieri quotidiani, la scuola, i giochi non terminati alla Play Station, li lasciano in un angolo: li riprenderanno dopo. Rinunciano come tanti loro coetanei, alle passeggiate, ai pic nic, al cinema, alle giostre, alla discoteca, allo “struscio”, alle passeggiate nei centri commerciali, ai comodi divani davanti alle tv, dedicando anima e corpo alla propria squadra, ai propri compagni. Sotto la pioggia, al vento, al freddo, alla nebbia, sui campi di periferia, sperduti a volte nelle campagne o sui comodi terreni sintetici. E allora c’è chi non capisce e chiede: “Perché?”. E come fai tu ragazzo, tu genitore a rispondere a una semplice domanda? Non c’è una risposta, non si può spiegare. Ogni benedetta o maledetta domenica tutti quei “ragazzi” sono lì, a correre e dannarsi l’anima dietro a un pallone, ad una azione che può portare al “gol” per abbracciarsi insieme, un gruppo, un’anima, una forza sola, quella compattezza frutto di sacrifici settimanali, di calci presi, di caviglie gonfie e di tante e tante rinunce. Gli “altri”, non possono capire: devi avercelo dentro.
E allora via. E’ già tardi. Colazione veloce, controllo del borsone, manca la maglia termica: “Mamma dov’è la maglia termica? E’ tardi sono già le 9”. La mamma sorpresa: “ ma non giocate alle 10,30?” “Si. Ma devo essere un’ora prima al campo, lo sai.” Via, con il papà, anche lui pieno di adrenalina e tensione, verso il campo che sia in casa o fuori casa, si arriva sempre prima e sempre dopo la partita ci si ferma per i commenti sul risultato. Tanti sacrifici dei ragazzi e dei genitori, accompagnano ogni domenica i pranzi saltati con tutta la famiglia, le passeggiate delle persone “normali”. Loro, i ragazzi, i genitori, appartengono a quella categoria di persone “anormali”, quelli che il calcio è lo scorrere di tutta la settimana che culmina nella partita di campionato o del torneo la domenica. Poi si ritorna a casa, tardi naturalmente, se si è vinto allora il resto della giornata può essere dedicato al resto della famiglia, se si è perso tutto diventa pesante, respiri un’aria di dolore, di tristezza: “dove ho sbagliato”. Il papà non ha nemmeno voglia di uscire o di farsi la passeggiata reclamata dal resto della famiglia, la sconfitta lascia sempre un amaro difficilmente da digerire. Bisogna finire i compiti e rilassarsi un po per pensare alla ripresa della scuola il giorno dopo, ma il lunedì è un giorno particolare per tutti quei “ragazzi”: ci sono gli allenamenti. Non si smette mai, il calcio è quella cosa che ti entra dentro è come una “droga” ti prende ogni giorno di più, non riesci a farne a meno, sei dipendente da lui, il solo pensare alla pausa natalizia, ti fa star già male.
Già il Lunedì. Non è il primo giorno della settimana, per gli altri sicuramente, ma per “loro” no. Il lunedì è il giorno di inizio allenamenti, il primo giorno di fatica, di esercizi, di tecnica e non importa se piove o fa freddo, è il giorno particolare dove il ragazzo arriva al campo e ritrova i suoi compagni, il suo “Mister”, che incomincia prima degli allenamenti il solito discorso di analisi su come è andata ieri, come hanno giocato, dove hanno sbagliato, le correzioni tattiche da correggere. E’ il giorno dell’inizio delle fatiche, delle corse e non solo per i ragazzi ma anche per i genitori. Ci sono papà che fanno quasi da “pulmann”, raccogliendo casa per casa i ragazzi da portare all’allenamento, perchè gli altri papà o mamme lavorano e non riescono a portarli. Loro, non sono come gli altri, scandiscono la loro vita quotidiana con gli impegni sempre più pressanti del proprio ragazzo. Il Lunedì è forse il giorno più intenso. Dentro la testa c’è un frenetico susseguirsi di pensieri, eventi, emozioni. Sei li, al campo, per gioire per una vittoria o un pareggio acchiappato all’ultimo minuto assieme ai tuoi compagni, o peggio, sei li a non avere voglia di fare nulla imprecando per una sconfitta o una vittoria buttata via per un soffio. Magari, il ragazzo, ha passato tutta la domenica notte, tutta la giornata a pensare e ripensare a quel momento quando la palla gli è scivolata via. Magari il ragazzo è stato il migliore in campo, ha vinto ed è al settimo cielo. Oppure è li a rimurginare sulla partitaccia della domenica, su quell’errore fatto che è costata la vittoria alla squadra.
Agli occhi degli amici, della sorella, della mamma, e di tutti quelli “normali”, è un pazzoide, un esaltato, uno che passa il tempo a rincorrere un pallone prendendo calci sugli stinchi e con le gambe che gli diventano sempre più storte. “Prendi il calcio troppo sul serio…..” Non c’è frase, parola, più bella che si possa sentire per chi fa del calcio la passione più grande, più vera, lo scopo della propria giovinezza. Poi però arriva la sera del lunedì, tornando a casa stravolto dall’allenamento, intirizzito di freddo, le gambe che gli fanno male, il ragazzo, è già proiettato alla partita successiva di domenica prossima. Non c’è più tempo per riflettere o rispondere a quella domanda, non avrebbe la forza per trovare parole, la settimana vola via presto tra allenamenti e scuola: E’ già domenica.
Lunedì mentre guardavo un allenamento, faceva freddo, c’era un po di nebbia ed era già buio, c’erano i Piccoli Amici del 2009, si avete capito bene quasi sette anni, che si allenavano in un angolo freddo del campo. All’improvviso uno di loro alto si è no un metro, vestito di tutto punto, si ferma e si mette le mani in testa piangendo. Aveva freddo e non aveva il berrettino in testa, non riusciva più ad andare avanti assieme ai suoi compagni. Un suo compagno gli si avvicina si toglie il suo berretto e lo mette in testa a lui che, prontamente gli da un “cinque” a mo di ringraziamento. Il bambino prosegue l’allenamento sotto gli occhi soddisfatti del “Mister” e dei genitori sugli spalti. Un gesto che vuol dire tutto, un gesto che vale una passeggiata in centro o una gita in montagna piuttosto che stare a casa al caldo davanti alla tv. Questo è il calcio, questi sono i nostri “normali” ragazzi che ogni domenica, ma anche ogni lunedì!