Lunedì, 23 Dicembre 2024

Lorenzo Bettin presenta il progetto di Talenti Fuorigioco: integrazione e innovazione per il calcio

Lorenzo Bettin racconta la sua lunga esperienza da allenatore, il suo approdo al Vanchiglia e la nascita e l’evoluzione della realtà sportiva di Talenti Fuorigioco. All’insegna dell’integrazione e di una rivoluzionaria visione del calcio lui e il suo team sognano di creare un grande progetto e arrivare “il più in alto possibile”.


Si racconti a chi non la conosce. Perché ha scelto la carriera da allenatore? Qual è stato il suo percorso?

Io sono sempre stato affascinato dalla carriera da allenatore più che da quella da calciatore. Nonostante giocando sia arrivato fino in serie C, con il Treviso, e abbia giocato in altre realtà ad alto livello di calcio a 5, ho trovato la mia vera passione sulla panchina di una piccola squadra di ragazzi in Toscana e da lì, qualcuno mi ha visto e ho iniziato una carriera da allenatore. Dopo aver allenato l’Olympia Firenze, sono arrivato al progetto Floria 2000 che comprendeva Floria, Fiesole Caldina e altre società: lì ero allenatore di calcio a 5 e a 11 dei Giovanissimi. Abbiamo poi presentato un progetto alla Costa D’avorio, per diventare lo staff tecnico della loro nazionale, che è sfumato unicamente per motivi logistici. A quel punto ho iniziato ad allenare una selezione di africani a Roma, da cui sono passati Keita Baldè e altri che sono arrivati poi ad alti livelli in tutta Europa; con loro abbiamo ottenuto grandissimi risultati battendo diverse squadre di serie B e persino l’under 21 del Bologna, campione d’Italia del campionato di calcio a 5. Abbiamo vinto praticamente ogni partita giocata e segnato una montagna di reti. Infine da Roma sono approdato qua a Torino dove ora faccio parte di Talenti Fuorigioco con altri tecnici ed esperti.

Allarghiamo il discorso proprio al progetto di Talenti Fuorigioco. Ce ne parli un po’.

Il progetto è composto da noi: un gruppo di allenatori ed educatori con un modello calcistico innovativo, che mettono a disposizione la propria esperienza alle squadre e le società che sono interessate. Noi portiamo uno stile di gioco e un metodo di allenamento unici: basiamo il calcio sul possesso palla e cerchiamo di portare il concetto dell’universalità dei ruoli, in cui noi vediamo il futuro di questo sport. Inoltre noi ci mettiamo in contatto con i giocatori rimasti “fuori dal giro” per infortuni o perché senza un procuratore e, se crediamo possano adattarsi a quello che è il nostro calcio, li integriamo nelle squadre e nelle società. Prendiamo chiunque, sulla base unicamente del suo talento, oltre qualsiasi apparenza o preconcetto.

Cosa l’ha spinta a creare questa nuova realtà sportiva?

Tutto è nato quando, osservando il Barcellona di Guardiola, ho notato che i moventi dei giocatori erano identici a quelli del Barcellona di calcio a 5, uguali! Da lì ho capito l’importanza del possesso palla e di quanto allenarsi in spazi piccoli possa essere costruttivo. Il secondo concetto di calcio 2.0 deriva dall’Under 17 dell’Olanda, squadra che ha abolito i ruoli e gioca facendo girare pallone e giocatori senza che nessuno sia vincolato ad una zona del campo. Io e il gruppo di tecnici con cui lavoro applichiamo questi concetti e basiamo il metodo di allenamento su di essi. Guardiamo al calcio da una prospettiva diversa e cerchiamo di reinterpretarlo secondo schemi completamente nuovi.

Da chi è composto il team di Talenti Fuorigioco?

Io sono il direttore tecnico e con me lavorano una decina di persone tra dirigenti, mister e giovani allenatori che si stanno formando. Con noi ci sono una ventina di giocatori, dal ‘97 al 2002, che abbiamo selezionato e tra cui ci sono dei grandi talenti, come Yuba Feidì, classe ’99: un calciatore incredibile!

Lavorando con ragazzi così giovani diventa importante anche trasmettere dei principi. Quali sono i valori che desiderate passare ai vostri ragazzi?

Noi vogliamo insegnargli l’importanza dello sport, senza guardare necessariamente al risultato. Vogliamo portarli su un percorso che possano seguire per la vita.

Quali sono gli obiettivi per questa stagione?

Entro quest’anno vorremmo trovare una società che possa fornirci quello che ci serve e darci la possibilità di lavorare con continuità su una squadra di eccellenza o magari serie D. Attualmente lavoriamo con il Vanchiglia e, ovviamente, ne siamo incredibilmente onorati, però, a questa realtà di giovani, vorremmo affiancare una squadra di “grandi” con cui lavorare, applicare i nostri metodi e raggiungere risultati che siamo sicuri di poter ottenere. Noi avremmo bisogno di una società che possa mettere a disposizione un campo di calcio a 5 oltre che uno a 11, per insegnare ad avere il massimo controllo sul pallone, rafforzare il tiro e la caviglia.

Sul lungo termine invece? Dove vorreste arrivare?

Più in alto possibile. Se in Olanda applicano gli stessi metodi che noi portiamo in giro vuol dire che anche in Italia, dove ormai tutti giocano allo stesso modo, possiamo portare questi concetti e, magari, trasformare il modo di fare calcio. Un altro sogno è invece quello di rifondare il Piemonte FC, un vecchio sodalizio che chiuse i battenti allo scoppio della prima guerra mondiale.

Andrea Montacchini

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