L'arbitraggio nella Scuola calcio è da sempre un tema piuttosto dibattuto: la Federazione vorrebbe che i Pulcini giocassero con la stessa spensieratezza di una partita in cortile, e che solo con gli Esordienti si cominciasse a inserire un direttore di gara, rigorosamente un dirigente, in modo da creare un avvicinamento lento al fischietto ufficiale delle giovanili.
Eppure alla fine non è sempre così: innanzi tutto i piccoli non giocano da soli, e, a otto o nove anni, se allenatore e genitori urlano cosa il ragazzo deve fare non è che questo ha sempre la prontezza di carattere di decidere da solo cosa è corretto e cosa no. Poi i dirigenti a bordo campo, che dovrebbero fischiare inizio e fine dei tempi e intervenire in caso di reale bisogno, a volte interferiscono pesantemente con l'autodeterminazione dei giovanissimi calciatori. Oppure, se si mantengono neutrali, si ritrovano al centro di polemiche da parte di una tifoseria arrabbiata o di un mister troppo passionale.
Arrivando poi agli Esordienti, quando un dirigente di casa comincia a indossare la giacchetta nera per dirigere l'incontro, le discussioni aumentano esponenzialmente, già solo perchè viene messo in dubbio il concetto di parzialità. In fondo però i ragazzi sanno perfettamente che non stanno giocando ai parchetti: c'è un pubblico sugli spalti, ci sono delle maglie da 'onorare', dei cambi, un tecnico, ci sono degli obiettivi da raggiungere. Il divertimento non manca di sicuro, però al posto delle felpe c'è una porta vera, il pallone non lo porta nessuno e le regole non sono improvvisate, ma insegnate da chi, il calcio, lo conosce bene.
Per cui tanto varrebbe che sin da subito si facessero i conti con un vero e proprio arbitro, cosa che avrebbe più vantaggi in contemporanea: il primo è quello di accettare il fatto che esiste una figura che ha l'autorità di decidere sugli episodi dell'incontro, che questa figura può sbagliare ma fa parte dei casi della vita e che va rispettata lo stesso. Il secondo è quello di permettere ai nuovi e giovanissimi arbitri di fare esperienza nella scuola calcio, senza essere mandati subito a guidare ragazzini poco più piccoli su campi di squadre giovanili più ostiche, con il rischio di non essere a volte proprio in grado di gestire l'incontro.
Il problema è che non ci sarebbero abbastanza arbitri per gestire una mole di gare così ampia: per cui, avanti con sistemi alternativi, autoarbitraggio compreso. In fondo, quando ad un adulto si chiede cosa ricorda del periodo in cui, da bimbo bimbo, giocava a pallone, nella stragrande maggioranza dei casi citerà delle partite importanti, una sua azione particolare, i compagni, lo spirito da spogliatoio e anche qualche rimprovero da parte del mister. Salvo pochi casi, nessuno ricorda chi o secondo quale modalità era arbitrato l'incontro.
Maria Rosa Cagnasso