1 - La rubrica curata da Gianluigi de Martino parte dall’educazione, e da quanto questa possa essere straordinaria se veicolata da iniziative positive come il cartellino verde, uno strumento che provoca in noi reazioni inattese e di stupore
Pensare di stravolgere in poco tempo il sistema educativo nel calcio è impensabile. Ma provare poco a poco ad insistere su nuove metodologie potrebbe portare, sul lungo periodo, ottimi frutti. Ecco come e perché nasce il cartellino verde, uno strumento che fa riflettere su come la normalità spesso si travesta da straordinarietà e provochi in noi reazioni inattese di stupore ed approvazione.
La Green Card, ovvero il cartellino verde, è un progetto del Settore Giovanile e Scolastico della Federazione Italiana Gioco Calcio introdotto per le categorie della Scuola Calcio, ed è una vera rivoluzione metodologica seppur nella sua semplicità. Infatti si inserisce nel contesto dei provvedimenti disciplinari con i classici cartellini rosso e giallo, ma stravolgendo completamente il significato educativo dei cartellini stessi. Il semaforo comportamentale trova così finalmente l’occasione non solo per sanzionare con avvertimento (cartellino giallo) o allontanamento (cartellino rosso) i comportamenti scorretti, ma finalmente di premiare i comportamenti virtuosi, di fair play o anche gestualità tecniche importanti. Proviamo quindi a orientare lo stimolo a comportarsi bene non per la paura della sanzione, ma per l’ambizione al riconoscimento. Il bambino insomma comincia, fin dalla più tenera età e con l’aiuto del gioco e della sua attività sportiva, a costruire fondamenta del comportamento etico che richiediamo poi all’adulto del futuro.
Durante un incontro tra due squadre di bambini di 9 anni la palla passa rasente il fallo laterale e il portatore di palla continua la sua corsa fino alla porta avversaria. In quel momento si fermano un po’ tutti, in attesa che qualche adulto si pronunci su quel fallo laterale dubbio e questo consente la facile rete. Forse proprio in quel momento quel bambino si è reso conto di aver fatto una cosa strana agli occhi degli altri piccoli giocatori: aver segnato la rete nonostante il pallone fosse poco prima uscito dal campo. E solo lo sguardo rivolto verso di lui di quei bambini, bambini come lui, disorientati e un po’ contrariati lo hanno fatto riflettere sul suo comportamento. La decisione di negarsi la rete ed ammettere che il pallone fosse uscito poco prima ha una conseguenza immediata e straordinaria: il sorriso di tutti gli avversari, che se pur tali erano comunque compagni di gioco, dei propri compagni e degli adulti meravigliati e colpiti di questa onestà. Un gesto da Green Card.
Ora la domanda che ci poniamo è: quanti adulti nella veste di allenatori/educatori oggi spingono verso questo modello educativo nella scuola calcio e quanti invece tendono ad insegnare e trasmettere le malizie e le astuzie ai limiti della “legalità” tipiche dell’età adulta? Ahínoi ci tocca ammettere che nonostante l’ottimismo con cui lavoriamo per diffondere sani principi etici supportati da nuove metodologie educative, spesso ci si trova di fronte a situazioni drammatiche dovute alla scarsa preparazione dei tecnici, mancanza totale di programmazione, aggiornamento, cultura personale sportiva e civica oltre che al più banale, ma fondamentale, buon senso.
E allora riflettiamo sulla selezione del personale addetto ai lavori. Riflettiamo sulla responsabilità che le società si assumono ogni volta che affidano i propri tesserati a questo o a quel tecnico. Riflettiamo sull’importanza di vincere la coppetta nella categoria pulcini o esordienti oppure puntare a vincere la partita del secolo, ovvero quella contro la deriva catastrofica di una società dallo spregiudicato individualismo e arrivismo noncurante dell’importanza di valori quali la solidarietà, la correttezza e l’onestà.
Provando a parafrasare, potremmo cominciare con il pensare che è proprio il mondo dei bambini quel mondo dal quale dovremmo attingere per regolamentare il mondo degli adulti, riportando alla normalità la semplicità dei gesti, i valori etici, le motivazioni per cui decidiamo di essere chiamati “società civile”, ma ancora di più “società civica”.