Venerdì, 22 Novembre 2024

Torino, 22/11/2016

 

Sabato sera ero deciso a comunicare alla redazione del giornale, che non avrei potuto più continuare la mia collaborazione (per la gioia di molti e la disperazione di pochi), in quanto ero stanco di assistere a una decadenza continua e indegna di questo “sport”, ma soprattutto del comportamento degli adulti che fanno morire dentro ai ragazzi e bambini la passione del calcio, prendendoli in giro tradendo la loro freschezza e ingenuità. Apprendisti stregoni e oracoli di calcio.  

 

Io appartengo ad un altro calcio che non esiste più, quello di tanti anni fa. Un calcio vero dove non esistevano le industrie delle scuole calcio che badano solo al fatturato, dove non si diceva: “suo figlio è un campione” per incassare la retta, dove se eri veramente bravo, al massimo potevi giocare nelle parrocchie, si giocava per strada non c’era nessun arbitro. La partita era arbitrata da noi stessi e un fallo o un rigore veniva discusso all’infinito ma poi nessuno rimaneva deluso. Cosa che dovrebbe essere così anche oggi. Cioè tutte le categorie della scuola calcio, come anche incoraggiato dalla federazione, dovrebbero essere auto arbitrate e non con un papà vestito come il miglior “fischietto” che si erge a arbitro, avvantaggiando spesse volte la squadra di casa. Poi, non ci dovrebbero essere classifiche e i punteggi la Federazione li da in base ai tempi e non come le partite vere. Ma si sa, siamo un paese di santi, navigatori, poeti e intenditori di calcio.  E poi bisogna vendere: giornali, completi da calcio, scarpe ecc. Poi, gli occhi di un ragazzino pieni di speranza e il gesto di un giocatore della squadra di Siracusa (la mia terra non tradisce mai) che milita nel campionato Eccellenza della bellissima isola mi hanno fatto desistere.

 

 

Dunque, Sabato nel tardo pomeriggio, fa freddo, vado a vedere una partita di campionato della categoria Esordienti ultimo anno di scuola calcio per fortuna, o no? Si gioca a Torino. Come sempre arrivo prima, prendo un caffè anche se l’ora è tarda, mi aggiro tra i campi, ci sono i piccoli, sempre uno spettacolo vederli, che fanno allenamento e soprattutto guardo le facce dei dirigenti e tecnici della squadra di casa. Facce truci. Avete fatto caso che ogni volta che si va ospiti da un’altra società si vedono spesso facce truci? Non ho capito perché. Dovrebbe essere al contrario, cordialità, sorrisi e gentilezza. No. Invece la faccia truce incute timore, forse è la convinzione di questi “educatori”. Nel frattempo le squadre sono arrivate, riscaldamento e poi finalmente vedo apparire l’arbitro (anche lui sguardo truce) della partita che è un allenatore della squadra di casa e che ha il proprio figlio che gioca nella squadra che dovrà vedersela proprio quella sera contro gli ospiti. Insomma: lui arbitrerà suo figlio e la squadra di suo figlio. Il classico "Papà Arbitro". Indossa una divisa sgargiante alla COLLINA, e fa parte di quei circa 70 milioni di Italiani esperti di questo sport che ogni domenica diventano arbitri.

 

Appello e tutti in campo schierati: pronti via. I primi dieci minuti della gara sono di sostanziale equilibrio, le due squadre si affrontano a viso aperto, ma già il  “papà arbitro” si distingue per le sue decisioni. Vedo un fallo su un difensore ospite che cade a terra e lo sento piangere dal dolore, ma lui, il papà arbitro non fischia; un altro fallo sempre su un giocatore ospite non viene sanzionato dalla sua inflessibilità. Poi su un contropiede della “sua” squadra si scontrano attaccante e difensore ospite: inflessibile e senza dubbi decreta il calcio di rigore a favore loro. A nulla valgono le proteste dei ragazzini della squadra ospite. Tiro gol. Poi i padroni di casa nel secondo tempo raddoppiano, e non per merito del papà arbitro, ma per loro bravura su un micidiale contropiede.

 

Tutto poi accade nel terzo tempo quando la squadra ospite si riversa nell’area avversaria per cercare di accorciare le distanze e cercare il pareggio. Un assedio: riescono a segnare da un tiro da fuori area. Il miracolo forse consiste nel fatto che il papà arbitro non lo annulli per qualche motivo. Ma, visto che mancavano pochi minuti alla fine della partita, non ci sarebbe stato pericolo per un altro gol che avrebbe segnato il pareggio per la sua squadra. Ma invece, è questo è il bello del calcio dei ragazzi, gli ospiti non mollano. Nel frattempo continuano a  susseguirsi una serie di decisioni arbitrali molto discutibili. Noto però con sorpresa un certo silenzio tra i genitori tifosi di casa, poca esultanza e pacatezza. Evidentemente si rendono conto della non propria corretta condotta dell'arbitro. Poi a circa tre minuti dal termine della gara, un assedio continuo degli ospiti in area, un difensore di casa tocca la palla “volontariamente” con la mano deviandola dal tiro che sarebbe andato in porta.

 

E' qui, e non per il risultato, è venuta fuori la mia decisione di non scrivere più di questo inquinatisssimo sport, che tradisce i ragazzi che vorrebbero giocare, la passione, la giusta imparzialità nel gioco e nella vita, la vera sostanza genuina del gioco del calcio. Il papà arbitro inflessibile alle proteste dei ragazzini arrabbiati non concede il rigore, anzi, espelle un dirigente ospite che protestava, allontana in malo modo i ragazzi e continua con le sue piroette e atteggiamenti da arbitro internazionale certo della sua capacità e della sua preparazione tecnica. Cala un silenzio di tomba fuori dal campo. Vedo i ragazzi ospiti delusi, arrabbiati e pieni di sconforto su una cosa sacrosanta di cui avevano diritto, e vedo i ragazzi di casa che non gioiscono affatto, anzi, dentro di loro sapevano che sarebbe stato giusto dare il rigore a loro sfavore e che non era giusto che finisse così.

 

Tre minuti e finisce la gara. Vedo la squadra ospite uscire a testa bassa e con poca voglia di sorridere per un pomeriggio giocato al pallone. Noto e voglio fare notare il Mister della squadra di casa andare a porgere le sue scuse al Mister ospite per il comportamento del papà arbitro. Non sento commenti  dei genitori di casa ne tra quelli degli ospiti. Vedo invece il papà arbitro andare ad abbracciare il proprio figlio e la sua squadra, complimentandosi con loro. E di cosa? A cosa è servita la vittoria della squadra di casa? La verità è che non ha vinto nessuno, è stata se vogliamo una vittoria di PIRRO (che non era un giocatore). Hanno perso tutti e ventidue i ragazzi, ha perso l’amore per questo sport dei ragazzi, la sua genuinità, l’imparzialità, ma soprattutto ha perso l’educazione della competizione sportiva, come sempre rovinata dagli adulti che si ergono a giudici a secondo della propria convenienza.

 

Questo, raccontato con minuziosità di particolari solo per far capire il danno arrecato ai giovani ragazzini, che in teoria dovrebbero solo divertirsi ed in questo modo avvicinarsi a piccoli passi al vero calcio dei "grandi", è uno dei tanti episodi, più o meno simili a questo a cui si assiste e a cui vi è capitato almeno una volta di assistere, nei fine settimana sui campi di calcio, soprattutto delle categorie Esordienti. Una categoria molto delicata, di passaggio tra il calcio dei pulcini con l'autoarbitraggio a quella del calcio giovanile con arbitri di federazione, dove vi è la comparsa di una prima forma di arbitro che sono però, come da regolamento federale, tesserati della società ospitante. Vuoi però per la loro poca preparazione/esperienza, vuoi, come in questo caso, per conflitto di interessi personali verso la propria squadra o addirittura verso il proprio figlio, si vengono a creare, in alcuni casi anche solo involontariamente, dei casi di imparzialità che fanno solo del danno al calcio. Spesso accade poi  che la tensione si trasmette dal campo agli spalti, ed è infatti sempre nelle categorie Esordienti dove si registrano i maggiori casi di controversie tra genitori ed arbitri o anche tra genitori stessi. Siamo sicuri che sia la strada giusta? Non sarebbe meglio continuare con l'autoarbitraggio come suggerito inizialmente?

 

E così mi stavo preparando a scrivere le mie dimissioni di editorialista al giornale, e non solo perché ho visto questa partita che mi ha ulteriormente deluso. Sono stanco di assistere ogni fine settimana, come la stragrande maggioranza di voi a questi comportamenti, a vedere gli occhi di bambini e ragazzi, piangere di rabbia per essere stati traditi da un adulto, di essere impotenti contro gli adulti che come sempre danno i cattivi esempi di vita; stanco di sentire “paroloni” sulla correttezza e sull’educazione sportiva, prontamente disattese nel momento della gara; stanco di vedere i papà arbitri, i papà allenatori, i papà dirigenti, i papà tecnici, i papà sottuttoio, i papà tifosi che si azzuffano, i papà che sfogano le proprie rabbie sociali contro ragazzini  e delle targhe che campeggiano in tutte le scuole calcio, diventate oramai vere e proprie aziende di lucro, dove ci sono scritte parole di Fair Play.

 

Poi mentre aspettavo per le eventuali dichiarazioni dei tecnici, che poi non ci sono state, vedo un ragazzino ospite uscire dagli spogliatoi: il suo volto esprime amarezza e delusione, ma i suoi occhi seppur lucidi dai pianti fatti sicuramente negli spogliatoi, esprimono fiducia e comprensione sicuramente verso il papà arbitro e mi chiedo se deve essere un ragazzino di 12 anni, a perdonare un adulto per i suoi insani comportamenti poco educativi. Si avvicina a suo papà e sento che gli dice: “andiamo, tanto oramai è finita così cosa vuoi farci”? Il ragazzino rincuorava il proprio papà: incredibile! Con questo mio comportamento avrei però tradito il coraggio di questo ragazzino, nascondendomi dietro un sistema che tutti criticano ma che nessuno ha mail coraggio di affrontare e denunciare.

 

Dopo questa ultima riflessione mi sono allora pian piano ricreduto anche leggendo quanto accaduto domenica, durante una partita di campionato Eccellenza in Sicilia, tra il Siracusa e un’altra squadra, dove durante uno scontro un giocatore ospite cade a terra e perde i sensi. Accortosi della gravità, un giocatore del Siracusa infischiandosene della partita che continuava, ha preso in braccio il ragazzo svenuto e lo ha portato a bordo campo per le immediate cure. Il gesto ha fatto il giro d’Italia, la Lega Calcio Nazionale subito ha esaltato il gesto, dicendo che questo è il vero gioco del calcio. L’arbitro (anche lui papà) non aveva visto!

 

 

Inatteso pari per la Pro Collegno che, in un sabato pomeriggio dal clima assolutamente primaverile e con sullo sfondo la splendida sagoma del Castello di Rivoli, deve ridimensionare le proprie ambizioni di inizio stagione. Complice anche un arbitraggio non di primissimo ordine infatti, i rossoblu vengono fermati sull'1-1 da un Città di Rivoli fanalino di coda e ancora fermo al palo.

Primo tempo

Ma andiamo con ordine. In campo due formazioni in cerca di punti per sollevare una classifica non esattamente esaltante: i padroni di casa, in tenuta gialla, ancora fermi al palo in classifica e i rossoblu collegnesi con soli 3 punti in cascina L'inizio gara appare relativamente equilibrato, il Rivoli prova a pressare ma la Pro difende e riparte in contropiede innescando come può D'Aloi, chiamato da solo a sostituire i gemelli del gol Cannizzaro. L'approccio alla gara sembra tuttavia più favorevole ai rivolesi, che davanti alla propria dirigenza schierata non vogliono sfigurare: le azioni nella metà campo avversaria si susseguono senza pur impensierire il portiere collegnese Amodeo, mai realmente chiamato in causa. Questo, per almeno i primi dieci minuti di gara poi,  durante un tentativo di incursione in area collegnese, sulla destra, l'attaccante del Rivoli perde palla e cade invocando il penalty. L'arbitro, pur in buona posizione crede al contatto e sanziona il calcio dagli undici metri provocando le proteste della panchina rossoblu.Dal dischetto Gaude non sbaglia: gol del Rivoli, amarezza collegnese e 1-0. Il tempo finisce con il vantaggio dei gialli e la Pro Collegno a contenere più la propria rabbia che gli avversari.


 

Secondo tempo

Nell'intervallo i collegnesi si ricompattano e al fischio di inizio del secondo parziale partono caricando la difesa rivolese da ogni lato. Il piede di Morra sembra finalmente essersi scaldato e vere perle vengono donate ai vari Coratella, indemoniato, e D'Aloi. La pressione porta certo a sbilanciarsi ma il Rivoli mai, in questa frazione, sembra in grado di portare brividi a Trevisani, subentrato ad Amodeo. Cinque minuti e la porta rivolese è sul punto di capitolare: dribbling secco al limite di Morra, già in precedenza molto pericoloso, tiro liftato di mancino che si infrange sulla traversa. Con l'urlo del gol strozzato in gola la Pro non demorde e, passati ancora pochi minuti paga nuovamente dazio alla sfortuna. il rapido Coratella, vera spina nel fianco, si incunea tra le maglie avversarie in netta difficoltà e appoggia deliziosamente in porta un pallonetto che solo l'incrocio dei pali riesce a fermare. Stesso copione, un minuto dopo, stesso protagonista, ma palla di un pelo alto sopra la traversa. A dieci minuti dal termine del tempo la Pro Collegno trova il meritato pari con D'Aloi che approfitta di un pasticcio difensivo ed insacca con un piattone destro sul portiere in uscita. Con la gara nuovamente in parità gli animi sembrano essersi placati, la Pro vola sull'entusiasmo ma non riesce a infliggere il colpo del KO... Anzi, il Rivoli ribatte colpo su colpo riguadagnando centimetri su centimetri, man mano che la spinta avversaria perde di entusiasmo.Nell'arco di qualche minuto il Rivoli che, sottolineiamo per dovere di cronaca, annovera tra le proprie fila buonissimi elementi, si ritrova al limite dell'area collegnese. Qui, Rosa conquista palla, si libera di un avversario con una finta e sta per appoggiare ad un compagno quando, da tergo, viene steso da un avversario. Fallo senza ombra di dubbio, peccato che l'arbitro, evidentemente non in giornata di grazia, conceda il fallo a favore di chi lo ha commesso. Nulla di fatto: la palla calciata finisce fuori. Zanatta, instancabile pendolino rossoblu, trova anche il tempo di farsi espellere per aver mostrato all'arbitro una trattenuta da lui subita e non sanzionata. Mister Amoroso entra addirittura in campo per palesare una situazione sfavorevole ai suoi ragazzi, e persino la panchina rivolese appare in netto imbarazzo.

 

Terzo tempo

Il terzo tempo è solo un guardare l'orologio in attesa del fischio finale. Non si conta infatti nessun tiro in porta da entrambe le parti, solo confusione da tre quarti a tre quarti di campo, più che altro dettata dallo stato emotivamente agitato dei 22 in campo. Al triplice fischio, i collegnesi escono comunque soddisfatti per aver strappato un punto anche e soprattutto contro il volere degli dei.. Onore anche ai ragazzi del Città di Rivoli, immeritatamente fanalino di coda. 

 

Risultato finale: Città di Rivoli - Pro Collegno 1-1


Mauro ROSA                            

(Pro Collegno)                          

Il genitore di un giovane calciatore della squadra rossoblù ha dato vita al brutto episodio al termine della partita. La società ha condannato l'accaduto tramite un comunicato ufficiale