“Fa parte del gioco. Magari non è un gioco pulito, ma anche questo fa parte del gioco”. Antonio Triveri non riesce a nascondere l’amarezza, anche se parla con la solita grinta del suo addio al San Mauro.
“Mi hanno messo nelle condizioni di andare via – spiega l’ex direttore tecnico – quando mi hanno proposto di gestire la Scuola calcio. Io dirigo società, non mi metti in un angolino a prendere ordini da altri. Scelte legittime, per carità, chi mette i soldi ha diritto di farlo. Ma io non potevo accettare quella proposta e loro lo sapevano perfettamente. Il tempo dirà chi ha ragione…”
Antonio, tutto è precipitato nel giro di pochi giorni, dopo l’arrivo di Arturo Gallo.
“Gallo l’ho proposto io alla società, per gestire tutta la società insieme a me e Dinatale. Se ci sono investimenti da fare, Arturo è la persona giusta per crescere. Volevo inserirlo nel mio progetto. E invece, quando la stagione era già organizzata e le squadre fatte, hanno messo in discussione tutto il mio modo di lavorare. Mi hanno fatto capire di averlo chiamato per cambiare tutto. C’è rammarico, in 10 giorni hanno rivoluzionato tutto il mio progetto. So che in tanti ci sono rimasti male, perché in questi due anni ci siamo divertiti e abbiamo fatto un ottimo lavoro”.
Spiegaci, in cosa differisce il tuo progetto da quello che hanno scelto di adottare a San Mauro?
“Una frangia del direttivo pensa di poter fare meglio e in maniera diversa da quanto fatto da me in questi anni: non lo metto in discussione, ognuno vede il calcio alla sua maniera. A livello organizzativo, vogliono dividere i settori e strutturare in modo quasi professionistico un ambiente dove, continuando come facevamo, si poteva migliorare ancora. Invece, secondo me, dalla Prima squadra alla Scuola calcio deve esserci un progetto unico, solo così puoi risparmiare dei soldi e coinvolgere la gente, la società, la città. Creare qualcosa che rimanga. Il comandante ero io, ma non vuol dire che lavoravo da solo, penso di aver coinvolto tutti, dagli allenatori ai dirigenti, a far parte del progetto, per alcuni periodi tutti mi hanno seguito anche senza soldi…”
Ti senti tradito?
“È evidente. Ripeto, nel calcio il gioco sporco esiste, magari non te lo aspetti da una società dove per due anni hai dato tutto, con risultati evidenti”.
Non è la prima volta che la tua avventura a San Mauro finisce male.
“Tre volte che rientro a San Mauro, tre volte che rimetto in piedi la società. Quando sono arrivato la società era in uno stato pietoso, una squadra per annata nella Scuola calcio, tutti ultimi nelle giovanili. In due anni siamo passati dal 50° all’11° posto nella classifica del SuperOscar, quasi tutte le squadre sono doppie e abbiamo 60 bambini nei Piccoli amici. E tanti nostri giovani sono valorizzati in Prima squadra”.
E le volte precedenti? Raccontaci.
“Dopo aver smesso di giocare, ho iniziato al Vanchiglia come allenatore, poi responsabile della Scuola calcio, quindi del Settore giovanile. Poi a San Mauro mi ha proposto la Prima squadra, ho vinto il campionato di Prima categoria e l’anno dopo sono diventato anche direttore tecnico delle giovanili: siamo andati al Superoscar ma volevano ridimensionarmi, non ho accettato e me ne sono andato. Ho fatto l’allenatore per un po’, poi mi hanno richiamato a San Mauro, in due anni li ho di nuovo risollevati ma non è andata bene quella volta. Anche a Gassino sono stato due anni…”
Vuol dire che più di due anni non ti sopportano proprio…
“È il tempo che serve per rimettere a posto una società. Poi il giocattolo piace, arrivano i soldi e se li cucca qualcun altro. È una battuta , ma un fondo di verità c’è”.
E adesso?
“Due mesi fa potevo andare ovunque, adesso… Adesso è un problema. Sono svincolato, libero di andare da altre parti. In questi anni mi sono conquistato la stima di persona che lavora seriamente, che conquista posizioni con i fatti, non con gli sponsor. Mi date una società in mano, io i risultati li porto. Ma a questo punto dell’estate è difficile iniziare un discorso che dalla Prima squadra arrivi fino alla Scuola calcio, chi sposa il mio progetto deve rivoluzionare tutto. Se posso fare come a San Mauro o prima a Gassino bene, se no sto fermo. O piuttosto torno a fare il mister, ma solo di squadre che vincono…”