6ª PUNTATA / A SCUOLA DI CALCIO - Ex professionista e maestro di calcio, Stefano Guidoni inaugura la sua rubrica dedicata al mondo degli allenatori con un pezzo illuminante: per formare giocatori “istintivi” adatti alla velocità del gioco moderno, nelle giovanili bisogna dare loro il tempo per pensare e sbagliare, condividendo “le diverse possibilità di scelta cui potrebbe andare incontro nelle diverse situazioni di gioco”
“Depende, de qué depende? De según como se mire, todo depende” cantava nell’ormai lontano 1998 Arabe De Palo in una canzone ancora oggi famosa. La traduzione è semplice: a seconda di come guardi il mondo, tutto dipende.
Cosa c’entra questo con il calcio, vi chiederete voi? Ci arriveremo presto...
Ogni allenatore vede il gioco del calcio in maniera diversa, perché diverse sono la formazione, le esperienze le conoscenze e le competenze. Oggi, nel periodo di discussione tra un maggior utilizzo dell'analitico o del situazionale (cioè con la presenza di uno o più avversari a creare degli imprevisti), gli allenatori destrutturano molto la globalità del gioco per preparare al meglio i propri atleti. Destrutturare significa porre l'attenzione, evidenziare, mettere sotto la lente d'ingrandimento alcuni momenti, alcuni aspetti del gioco, per poi riconoscerli durante la gara e avere gli strumento per risolvere le difficoltà che l'avversario creerà.
I giocatori hanno estremamente bisogno di queste esperienze per trovare soluzioni durante la gara senza doverci pensare. Perché in realtà noi non vogliamo giocatori pensanti (troppo lenti per il gioco), bensì giocatori che scelgano cosa fare quasi istintivamente ed eseguano nel più breve tempo possibile quanto richiesto. Più strumenti - in questo caso più abilità tecniche - avrà a sua disposizione il giocatore, più soluzioni sarà in grado di trovare a un problema.
Per ottenere questo tipo di giocatore, bisognerà però aver avuto il tempo di farlo pensare e riflettere. Una riflessione che dev'essere stimolata dal problema che ci si trova davanti (situazione di gioco), dall'analisi della stessa e dalla verbalizzazione di quanto fatto, nel bene come nel male. Tutto ciò significa che quando abbiamo davanti un ragazzo dobbiamo stimolarlo all'analisi, dobbiamo dargli tempo di pensare (sapendo che potrebbe essere meno efficace) e soprattutto dobbiamo permettergli di sbagliare, per poi condividere verbalmente le scelte fatte.
Ogni giocatore, davanti allo stesso problema, tende a dare una risposta diversa dagli altri, perché vede cose diverse, perché interpreta in modo diverso ciò che vede e soprattutto perché ha strumenti diversi - sempre le abilità tecniche - per risolverlo. Questo processo, se vogliamo giocatori adulti in grado di risolvere situazioni velocemente, dev'essere il fulcro dell'attività giovanile, quando a giocare un ruolo determinante è la guida di questa formazione: l'istruttore o l'allenatore, chiamatelo come preferite.
E se abbiamo capito il percorso, l'importanza dell'istruttore non è quella di rispondere in modo univoco a domande tipo “come faccio?” o “quando devo farlo?” o ancora “dove devo andare?”, ma prospettare, attraverso le domande e il confronto con il ragazzo, le diverse possibilità di scelta cui potrebbe andare incontro nelle diverse situazioni, a seconda di quello che ha visto mentre viveva quell'esperienza di gioco.
Ecco allora l'importanza del punto da cui guardi il mondo - che nel nostro caso è il gioco - perché da quello tutto... dipende.
In conclusione, la risposta magica che ogni allenatore dovrebbe avere sempre a portata di mano è: “dipende”. Attenzione però: poi bisogna saper rispondere alla domanda successiva del giocatore, ovvero “da cosa mister?” Ma questa è un'altra storia, che tratteremo nella prossima puntata.