Martedì, 26 Novembre 2024
Stefano Guidoni

Stefano Guidoni

13ª PUNTATA / A SCUOLA DI CALCIO - Ex professionista e maestro di calcio, Stefano Guidoni continua con la sua rubrica dedicata al mondo degli allenatori. “L'allenatore competente - scrive - accompagna i giocatori alla scoperta del gioco e li abitua a pensare alle varie, possibili, problematiche che si troveranno ad affrontare”


Riassunto della puntata precedente. Per formare giocatori “istintivi” adatti alla velocità del gioco moderno, nelle giovanili bisogna dare loro il tempo per pensare e sbagliare. Per questo l’istruttore non deve dare ai suoi allievi risposte univoche, ma prospettare le diverse possibilità di scelta cui potrebbe andare incontro nelle diverse situazioni. La risposta magica che ogni allenatore dovrebbe avere sempre a portata di mano è: “dipende”.

In questa seconda puntata, cercheremo di capire come rispondere quando un giocatore pone la domanda successiva al “dipende”, ovvero “da cosa mister?”

Non voglio illudere nessuno, quindi dirò da subito che la risposta è complessa, per una somma di ragioni che cercherò di condividere con voi. Innanzitutto dovremmo conoscere le variabili di un gioco che è totalmente determinato dalla posizione della palla, dei giocatori e delle porte. Ma dobbiamo in primis abituarci a capire che è impensabile risolvere sulla carta i problemi che i nostri giocatori si troveranno di fronte sul campo di calcio. Possiamo cercare di prevedere alcuni atteggiamenti, possiamo studiare l'avversario nei minimi dettagli, possiamo cercare di orientare delle scelte, ma non potremo mai farlo in tempo reale dalla panchina. Ed ecco l'importanza di un allenatore che costruisca allenamenti durante i quali il confronto con il giocatore preveda una partecipazione attiva soprattutto da un punto di vista cognitivo, realizzato con un continuo interagire, utilizzando domande che aiutino a "scannerizzare" il gioco il più a fondo possibile.

Confrontarsi con i giocatori sulle scelte che fanno senza giudicarle, senza catalogarle tra giuste o sbagliate in assoluto, ma piuttosto analizzandole in maniera critica, estrapolando i motivi che hanno portato a una soluzione piuttosto che un'altra. Domande come “perché hai fatto questa scelta?”, “secondo te potevi fare altro?”, “cosa sarebbe cambiato se l'avversario avesse fatto questo?” potrebbero aiutare i ragazzi ad abituarsi ad analizzare la situazione di gioco e pian piano a rendersi autonomi nelle scelte, senza aver bisogno che qualcuno gli indichi una via. Anche perché le soluzioni che danno gli allenatori urlandole dalla panchina sono sempre filtrate dalla convinzione che l'analisi della situazione fatta dal ragazzo coincida con la loro, dimenticando che esperienza, conoscenza e attitudini non potranno mai essere le stesse e quindi anche le scelte saranno diverse.

L'allenatore competente accompagna i giocatori alla scoperta del gioco e li abitua a pensare alle varie, possibili, problematiche che si troveranno ad affrontare. Chi non riesce a capire che un compagno o un avversario posizionati in maniera diversa condizionano una scelta, non è adatto ad allenare un giovane. Chi vuole proporre soluzioni fisse a un problema, non ha capito la complessità del gioco. E più qualcosa è complicato e più va conosciuto, teoricamente ma soprattutto praticamente. Quindi aver giocato aiuta molto, ma poi si dovrà studiare ciò che non si conosce e infine bisognerà andare in campo per affinare le proprie competenze tecniche, tattiche, comunicative e rendere efficace il lavoro e l'apprendimento dei propri allievi.

6ª PUNTATA / A SCUOLA DI CALCIO - Ex professionista e maestro di calcio, Stefano Guidoni inaugura la sua rubrica dedicata al mondo degli allenatori con un pezzo illuminante: per formare giocatori “istintivi” adatti alla velocità del gioco moderno, nelle giovanili bisogna dare loro il tempo per pensare e sbagliare, condividendo “le diverse possibilità di scelta cui potrebbe andare incontro nelle diverse situazioni di gioco”


“Depende, de qué depende? De según como se mire, todo depende” cantava nell’ormai lontano 1998 Arabe De Palo in una canzone ancora oggi famosa. La traduzione è semplice: a seconda di come guardi il mondo, tutto dipende.

Cosa c’entra questo con il calcio, vi chiederete voi? Ci arriveremo presto...

Ogni allenatore vede il gioco del calcio in maniera diversa, perché diverse sono la formazione, le esperienze le conoscenze e le competenze. Oggi, nel periodo di discussione tra un maggior utilizzo dell'analitico o del situazionale (cioè con la presenza di uno o più avversari a creare degli imprevisti), gli allenatori destrutturano molto la globalità del gioco per preparare al meglio i propri atleti. Destrutturare significa porre l'attenzione, evidenziare, mettere sotto la lente d'ingrandimento alcuni momenti, alcuni aspetti del gioco, per poi riconoscerli durante la gara e avere gli strumento per risolvere le difficoltà che l'avversario creerà.

I giocatori hanno estremamente bisogno di queste esperienze per trovare soluzioni durante la gara senza doverci pensare. Perché in realtà noi non vogliamo giocatori pensanti (troppo lenti per il gioco), bensì giocatori che scelgano cosa fare quasi istintivamente ed eseguano nel più breve tempo possibile quanto richiesto. Più strumenti - in questo caso più abilità tecniche - avrà a sua disposizione il giocatore, più soluzioni sarà in grado di trovare a un problema.

Per ottenere questo tipo di giocatore, bisognerà però aver avuto il tempo di farlo pensare e riflettere. Una riflessione che dev'essere stimolata dal problema che ci si trova davanti (situazione di gioco), dall'analisi della stessa e dalla verbalizzazione di quanto fatto, nel bene come nel male. Tutto ciò significa che quando abbiamo davanti un ragazzo dobbiamo stimolarlo all'analisi, dobbiamo dargli tempo di pensare (sapendo che potrebbe essere meno efficace) e soprattutto dobbiamo permettergli di sbagliare, per poi condividere verbalmente le scelte fatte.

Ogni giocatore, davanti allo stesso problema, tende a dare una risposta diversa dagli altri, perché vede cose diverse, perché interpreta in modo diverso ciò che vede e soprattutto perché ha strumenti diversi - sempre le abilità tecniche - per risolverlo. Questo processo, se vogliamo giocatori adulti in grado di risolvere situazioni velocemente, dev'essere il fulcro dell'attività giovanile, quando a giocare un ruolo determinante è la guida di questa formazione: l'istruttore o l'allenatore, chiamatelo come preferite.

E se abbiamo capito il percorso, l'importanza dell'istruttore non è quella di rispondere in modo univoco a domande tipo “come faccio?” o “quando devo farlo?” o ancora “dove devo andare?”, ma prospettare, attraverso le domande e il confronto con il ragazzo, le diverse possibilità di scelta cui potrebbe andare incontro nelle diverse situazioni, a seconda di quello che ha visto mentre viveva quell'esperienza di gioco.

Ecco allora l'importanza del punto da cui guardi il mondo - che nel nostro caso è il gioco - perché da quello tutto... dipende.

In conclusione, la risposta magica che ogni allenatore dovrebbe avere sempre a portata di mano è: “dipende”. Attenzione però: poi bisogna saper rispondere alla domanda successiva del giocatore, ovvero “da cosa mister?” Ma questa è un'altra storia, che tratteremo nella prossima puntata.