Torino, 31/01/2018
Spesso si dice che i bambini hanno molto da insegnare agli adulti. Ed è vero, almeno nello sport del calcio a certi genitori.
Veniamo al dunque: Sabato pomeriggio mi ritrovo a vedere una partita di un torneo nella provincia di Torino della categoria Pulcini 2007. Mi appassiono a vedere i bambini giocare a calcio, limpidi, solari, genuini, corretti e sordi ai richiami inutili dei genitori che dagli spalti si agitano urlano cosa devono fare, tirare in porta e ascoltare loro invece che l’allenatore. A un certo punto della partita, eravamo nel terzo tempo di gioco, un giocatore della squadra di casa su un tiro del bambino avversario direttamente in porta, chissà perché, prende il pallone con le mani in piena area di rigore placcandolo come un portiere. L’arbitro (un Papà di casa) non ha potuto che dare il rigore alla squadra avversaria. Figurati. Scoppia un parapiglia dei genitori e tifosi sugli spalti, gli uni che dicevano:
<< va bene anche se l’ha preso con le mani non l’ha fatto apposta è un bambino>>.
Gli altri invece che reclamavano il rigore che era giusto così potevano vincere la partita:
<<Lo ha preso con le mani ed è rigore. E’ il regolamento>>.
Insomma scene di ordinaria follia calcistica che per poco, dalle urla e dalla eccessiva vicinanza tra le due tifoserie genitoriali, non si veniva alle mani con tanto di sbigottimento dei bambini in campo che assistevano a quella scena da film western.
E’ così, mentre sulle gradinate gli “Skinheads-genitori” continuavano la loro lite calcistica lasciando sbigottiti gli stessi allenatori, l’arbitro-papà mette la palla sul dischetto. Portiere tra i pali e un bambino avversario sulla palla pronto a tirare il calcio di rigore. Nel frattempo le urla si alzavano e alcuni papà si aggrappavano sulla rete, forse intenzionati ad andare loro in campo. Fischio dell’arbitro, rincorsa del giocatore e tiro che seppur forte è centrale finisce direttamente sulle braccia del portiere che incredulo abbraccia quella palla.
Urla di gioia e di disperazione dei genitori, mentre la disperazione del bambino che ha sbagliato il rigore era evidente mettendosi in ginocchio come fanno i giocatori veri.
<<Bravo Purty>>.
<<Ma come si fa a sbagliare un rigore>>?
Un parapiglia sulle gradinate, che all’improvviso si ammutolisce di botto quando il portiere con tutto il pallone si avvicina al bambino ancora disperato e lo abbraccia stringendogli la testa nel suo petto.
Qualcuno prova a farfugliare qualcosa, ma è evidente che quel gesto non solo ha zittito tutta la gradinate di urlatori, ma ha dato un esempio di sportività, una lezione a quei “grandi” che forse non si accorgono che in fondo sbagliare un calcio di rigore non è la fine del mondo. Aspetto che finisce la partita, vado verso l’uscita degli spogliatoi, mentre continua il dibattito tra i genitori. Dopo un po’ vedo spuntare dal corridoio il portiere e il giocatore avversario, mi fermo e con una punta di amarezza, per non avere la loro stessa età gli dico:
<<Bravi ragazzi. Continuate così non perdete mai di vista che in fondo è solo una partita di calcio e continuate ad abbracciarvi>>.
Mentre andavo via soddisfatto di aver assistito a una lezione di vita e di sport di due bambini di 11 anni, mi risuonava in testa una vecchia canzone di Francesco De Gregori:
<<..Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia…>>
E’ vero. E’ accendendomi l’ennesima sigaretta pensavo che quei due bambini hanno dimostrato coraggio nell’abbracciarsi. Invece gli adulti il coraggio lo avevano perso azzuffandosi in quelle gradinate ora vuote.
La redazione (AM)