Calcio a 360 gradi, nella vita di Giulio De Ceglie, fondatore, allenatore e presidente del Centro Giovani Calciatori Aosta - società che gestisce insieme al fratello e al nipote - nonché padre di Paolo, il campione della Juventus oggi al Parma.
Centro Giovani Calciatori Aosta, una società che ha la sua filosofia nel nome.
“Sì, è così. Io ho fatto l'allenatore per più di vent'anni, ho lavorato con la Federazione nell'ambito della formazione, poi nel 2000 ho deciso di creare una società tutta mia. Ho preso un gruppo di ragazzi del '94, oggi qualcuno di quei Piccoli Amici gioca nella nostra Prima squadra, in Terza categoria. Ho tutte le annate e quasi tutte le squadre, visto che abbiamo dovuto unire '96 e '97, ci ho messo più di 10 anni a fare un Settore giovanile completo, senza rubare nulla a nessuno, io lavoro con quello che viene dal territorio. L'idea che mi ha mosso allora e che è viva ancora adesso è vedere fino a che categoria riesco ad andare con mio prodotto”.
Tanto lavoro sul territorio e poche spese.
“Questo è il calcio del futuro, riuscirà ad andare avanti solo chi vive del suo prodotto. Tra qualche anno nessuno metterà soldi per costruire le Prime squadre, già adesso se ne mettono molti meno rispetto a una volta”.
Che obiettivi di crescita hai per la tua società?
“L'anno scorso abbiamo vinto il campionato provinciale con i Giovanissimi fascia B, ma non siamo mai riusciti a qualificarci per i regionali, ma è solo questione di tempo. Invece per salire di categoria con la Prima squadra ci vorranno ancora degli anni, con la crescita dei ragazzi che adesso sono nelle giovanili e magari con il ritorno di qualcuno che adesso gioca tra la Promozione e l'Eccellenza”.
Intanto qualche giocatore bravo l'avete cresciuto e mandato in giro...
“Alla Juve c'è il 2001 Castagna, il 2000 Usel fa i Giovanissimi nazionali ad Alessandria. Due dei nostri ragazzi giocano in serie D ad Aosta, Balbis, che è stato nella Juve fino agli Allievi nazionali, e Furfaro”.
Secondo te, com'è il livello dei Settori giovanili di Piemonte e Valle d'Aosta?
“Nessuno fa bene le giovanili, infatti se tu guardi la serie D, ne trovi pochi cresciuti nelle società dilettantistiche di Torino. Negli anni ottanta, io ero all'Aosta, andavi a prendere 5 ragazzi al Barcanova, 5 al Sassi e 5 all'Ivest, e nel giro di qualche anno ti ritrovavi una squadrta di serie D. Adesso non è più così, le rose di serie D sono tutte di giocatori di Juve e Toro”.
Ma qualche società che lavora bene con i giovani c'è, penso a J Stars, Chisola...
“J Stars e Chisola vivono degli scarti di Juve e Toro, sono ragazzi già selezionati tra centinaia, così è facile. Una volta le grandi società dilettantistiche sfornavano i giocatori per le professioniste, adesso non esce più nessuno”.
Perché? Qual è il problema?
“Il problema è che non si cura più sul territorio, i campionati provinciali non esistono più, io vado da Aosta fino a Gassino per giocare i provinciali: meno movimento di base, meno giocatori che possono emergere, questo è ovvio. E poi si lavora solo sui migliori, se poi quello su cui tutti puntano non esce è l'intero movimento a soffrire. Tutti su quelli bravi, nessuno a lavorare su chi deve migliorare, questo sarebbe il vero lavoro nelle giovanili. Io ho un figlio che gioca in serie A, ma mica l'ho formato io, era bravo e basta, se no ne facevo duecento...”
Paolo De Ceglie, tuo figlio, vi segue, vi dà una mano?
“Ci dà un grande aiuto, attraverso il suo sponsor, l'Asics, ci dà 25mila euro di materiale all'anno, dai palloni alle maglie ci regala tutto lui, i ragazzi non pagano niente e riusciamo a tenere le quote basse. Paolo sente che deve qualcosa al calcio dei dilettanti, lui ha giocato qui ad Aosta nei Pulcini, a 9 anni è passato alla Juve, negli Esordienti, ma non ha dimenticato da dove arriva. È legato al calcio dei dilettanti, viene a vedere le partite, si informa sui risultati... Se tutti i professionisti si ricordassero dove sono nati, il calcio ne trarrebbe vantaggio a tutti i livelli”.
Il Centro Giovani Calciatori Aosta è una società “famigliare”.
“Il presidente era mio papà che poi è mancato. Mio fratello Roberto lavora nell'amministrazione, cura la parte economica, mentre mio nipote Marco, che è laureato Isef, si occupa dell'alfabeto motorio dei bambini dai 5 agli 8 anni. Io sono un presidente di campo, quando serve faccio anche l'allenatore”.
Come siete messi con le strutture?
“Malissimo, non abbiamo un buon rapporto con il Comune, andiamo a orari, mai senza aver mai trovato una quadra definitiva. Noi vorremmo un impianto in gestione, neanche gestione mista, ma non c'è dialogo, vedremo con i prossimi... Capisco che i Comuni abbiamo sempre meno soldi, ma lo sport è sempre all'ultimo gradino delle loro priorità, tendono a scaricare tutti i costi sulle società”.
E come istruttori come siete messi?
“Bene, li formo io e partecipiamo ai corsi della Federazione. Adesso è nata una collaborazione importante con l'Alessandria, grazie alla mia amicizia con Sala. Sono persone serie, abbiamo impostato un bel lavoro, danno supporto, informazioni e stimoli ai nostri istruttori, è importante perché non si fermino sulle quattro cose che sanno. Più conoscenze ha l'allenatore, più conoscenze apprendono i ragazzi”.
Com'è, in generale, lo stato di salute del calcio aostano?
“In generale sufficiente, visto che abbiamo una squadra in serie D e due in Eccellenza. È dura con le giovanili, si fa quel che si può, visti i numeri e il territorio. Un vero problema sono le trasferte, lunghissime anche nei provinciali, qui l'autostrada costa parecchio: prendi Ivrea, fino a Torino te la cavi con 10 euro, fino ad Aosta non meno di 25 euro”.
La soluzione?
“Secondo me la Federazione dovrebbe ridurre i regionali, non solo per il costo delle trasferte, ma per fare più qualità nei regionali stessi, dove non ha senso che ci siano squadre con 2 o 3 punti, e anche per migliorare i provinciali, con più ragazzi che giocano e più qualità. La formula per cui ti guadagni i regionali sul campo è giusta, ma poi servirebbe un'ulteriore selezione”.
Giulio e Paolo De Ceglie in versione balneare.