Lunedì, 25 Novembre 2024
Domenica, 29 Marzo 2015 14:58

A.I.A.C. di Torino / 4ª puntata - Comunicazione con la squadra

Scritto da Sebastiano Filardo
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4ª PUNTATA - Comunicazione con la squadra

Oggi parliamo di comunicazione grazie a un articolo molto interessante inviatoci da un nostro associato e allenatore Luca Filograno attento osservatore di quanto di nuovo accade nel mondo del calcio soprattutto di quello giovanile.

La comunicazione è efficace quando è “…tale da permettere che un emittente e un ricevente entrino in contatto”: per far si che questo avvenga, l’emittente deve utilizzare un linguaggio che il ricevente sia in grado di comprendere [fonte:Psicologi-Italia].

Sembra scontato, ovvio, ma spesso non è così immediato. Come è possibile utilizzare la comunicazione a vantaggio del formatore nel corso della seduta di allenamento? Certamente, il linguaggio utilizzato per un gruppo di adulti non può essere lo stesso rivolto a un gruppo di “pulcini”: ogni età prevede stili di comunicazione differenti e ben distinti.

Comunicare non significa solo “trasmettere dei contenuti”; la comunicazione è costituita da quello che “viene detto” (l’oggetto del messaggio) e dalla modalità con cui questo scambio avviene. Essa comprende la comunicazione verbale (conscia, quindi facilmente governabile in modo consapevole, tranne i lapsus) e quella non verbale (inconscia e quindi molto difficile da controllare, tranne per gli attori molto bravi).

Affinché vi sia un corretto scambio di informazioni tra l’emittente (chi comunica) e il ricevente (chi riceve), la comunicazione deve essere efficace e coerente: efficace, in quanto utilizza un linguaggio comune a entrambe le parti; coerente, ogni qual volta gli elementi “verbali” della comunicazione sono in sintonia con quelli “non verbali”.

Una comunicazione in cui i messaggi non verbali contraddicono quelli verbali non è convincente: in questo caso è il non verbale a prevalere sul contenuto (basti pensare a una situazione in cui si pronunci “sono calmo”, in evidente stato di agitazione).

 

Gli aspetti principali del linguaggio non verbale

Il tono della voce: da la connotazione emotiva del messaggio.
La mimica facciale: da la connotazione emotiva del messaggio.
La gestualità: accompagna le parole e ne sottolineano i contenuti.
L’abbigliamento: spesso comunica l’identificazione ad un ruolo sociale, l’adeguamento o meno all’ambiente e alla situazione.
Lo sguardo: è una parte molto attraente ed espressiva, attraverso di esso si può stabilire un contatto con l’interlocutore, si sincronizza la comunicazione.
La prossemica: lo studio dell’uso delle persone dello spazio personale e sociale. 
La postura: esistono posture dominanti, rilassate, tese, aggressive, ecc. 

Praticamente (comunicare in campo)

Durante la seduta di allenamento vi sono tre momenti “comunicativi” principali per ciascuna esercitazione.
In ciascuno di essi è fondamentale farsi delle domande “operative” per delineare gli aspetti principali da toccare, con i più grandi o con i piccini.

Introduzione del gioco/dell’esercitazione.

E’ il momento della spiegazione dell’esercizio/gioco: deve essere breve, interattivo, meglio se composto da esempi. L’attenzione dei giovani partecipanti si mantiene per poco: di conseguenza è molto importante che le spiegazioni si esauriscano in qualche decina di secondi.

Conosci il codice di comunicazione più funzionale da utilizzare per quella fascia d’età? Sai utilizzare la “metafora” per alzare l’asticella emotiva e motivazionale? Ti è ben chiara la prossemica? A quale distanza comunichi con i bambini? E qual è la posizione migliore per comunicare con adolescenti?

 

Sono tutte domande a cui è opportuno imparare a saper rispondere, per poter rendere davvero efficace le proposte di allenamento che si presenteranno durante la seduta.

La Metafora

La metafora è una strategia di comunicazione straordinariamente utile per chi interagisce con bambini della scuola calcio; essa consiste nell’inventare una storia e di creare analogie tra la storia stessa e l’attività sportiva svolta. Per i più piccini, il pallone può diventare un “tesoro” da difendere dai ladri oppure da conquistare, qualora i piccoli partecipanti vengano “trasformati” in temibili pirati.

La metafora aumenta esponenzialmente il livello motivazionale dei bambini in quanto immedesimandosi totalmente nella storia raccontata dal formatore, coinvolgono tutte le loro energie per risolvere la situazione o per superare l’ostacolo loro proposto.

L’alta motivazione è in stretta correlazione con elevati valori di intensità. Inventare/raccontare una storia è molto utile per bambini fino agli 8 anni di età, mentre utilizzare una metafora sportiva (creare delle competizioni/gare) è molto funzionale per “bambini più grandi” e adolescenti”.

Introducendo ogni gioco/esercitazione è fondamentale possedere contenuti e obiettivi validi, che permettano ai bambini di sviluppare attraverso il gioco mirate abilità, ma non solo. Tali contenuti vengono trasmessi attraverso una comunicazione efficace, comprensibile al ricevente (la metafora) a una distanza funzionale all’età dei partecipanti al gioco.

La prossemica

La prossemica è la scienza che si occupa di studiare lo “spazio sociale”; precisamente, il modo in cui le persone utilizzano lo spazio intorno a loro.

Un gioco/un’esercitazione non può essere presentato/a un gruppo di bambini nello stesso modo in cui lo si propone a un gruppo di adolescenti o di adulti.

Ci sono buone norme valevoli per tutte le età, come quella che vede il formatore/allenatore posizionarsi sempre “contro sole”, in modo da evitare che il gruppo sia infastidito dal sole; altre regole e consuetudini sono, invece, adatte a una particolare età, piuttosto che un’altra.

Sedersi e posizionarsi alla stessa altezza degli interlocutori è una procedura molto indicata e funzionale per le squadre di “piccoli”.

Sviluppo

Se la “visione di gioco” è l’obiettivo di seduta/esercitazione, sei capace di focalizzare l’attenzione su tale obiettivo in modo divertente e accattivante?

Per raggiungere l’obiettivo prefissato è fondamentale che le correzioni siano “affini” ad esso, in questo caso tutte in relazione alla Visione di Gioco.

Nell’esercitazione “i 4 cantoni”, il formatore incentiva e premia ogni qual volta che uno dei giocatori riesce a portare il pallone nella base libera, senza essere preso dalla “guardia”, mentre si sofferma per sottolineare l’errore, solo se questo è derivato da una mancata percezione dello spazio di gioco e non da un errore tecnico.

Se Marcolino nel tragitto verso una “base libera” perde il pallone non necessità di correzioni, in quanto egli si stava dirigendo correttamente verso uno spazio vuoto, visto grazie alla sua abilità visiva.

La tecnica di base, in questo caso la guida della palla, è un “mezzo tecnico” con cui allenare l’obiettivo dell’allenamento: il gesto tecnico non rappresenta lo scopo ultimo di questa esercitazione.

Sei in grado di stimolare problem solving, presa di decisione e intensità attraverso feedback opportuni e un linguaggio di comunicazione adeguato? Quanti e quali sono i feedback che conosciamo e che abbiamo imparato a utilizzare?

“Feedback larghi” sono in correlazione con l’autostima, la percezione che l’individuo ha di sé stesso; mentre “feedback stretti” sono inerenti al “sentirsi in grado di risolvere un compito” e alla autoefficacia.

“Feedback a domanda” stimolano la produzione attiva di pensieri e di risposte adatte a stimolare l’individuo a riflettere sul proprio operato, produrre valutazioni sulle sue azioni compiute e a pianificare strategie ottimali di risoluzione ai compiti.

Chiusura

La “chiusura” è un momento fondamentale per fornire agganci mnemonici e collegamenti alla situazione di gioco reale.

Quali tecniche utilizzi? In quale modo le parole chiave permettono di creare un ponte tra “memorizzazione” e “attività” svolta? In quale momento di gara possono essere utilizzate le competenze apprese e stimolate da questo gioco/esercitazione?

Fare un riepilogo finale, utilizzando semplici parole, permette di fissare meglio i concetti appresi (o con cui si è giocato) durante l’esercitazione/il gioco/l’allenamento.

La parola chiave abbina un’azione a un vocabolo il cui significato è conosciuto da tutti i membri del gruppo e condiviso; questo permette di risparmiare tempo nella comunicazione tra i partecipanti e, soprattutto, permette di rievocare velocemente l’idea, in quanto saldamente unita in un’immagine a quella parola.

Se il riepilogo dell’attività svolta viene fatto dagli stessi partecipanti, la fissazione dei concetti e dei contenuti è ancora più salda e funzionale.

Torino, 27 maarzo 2015
Il Presidente 
Sebastiano Filardo
in collaborazione con Luca Filograno
Fonte: www.mentalfootball.com

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Letto 4521 volte Ultima modifica il Domenica, 29 Marzo 2015 15:14

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