Torino 06/12/2016
Domenica, si sono conclusi i campionati autunnali della categoria Esordienti, e la prossima settimana si concluderanno anche quelli riservati alla categoria Pulcini. Già i primi verdetti, le prime valutazioni, le prime analisi, le prime gioie, le prime delusioni. Noi come sempre, siamo convinti che alla fine, al di là delle classifiche, i campionati lo hanno vinto tutte le squadre e tutti i ragazzi che vi hanno partecipato. Sarebbe contrario alla nostra fede di “universalità” e divertimento di questo bellissimo sport. E’ vero, qualche delusione per qualche società ci sarà magari stata, qualche Papà magari è intenzionato a portare il proprio figlio a giocare da un’altra società che magari ha vinto il campionato, cosa sbagliata e contraria ai principi fondamentali che il “calcio”, è uno sport dove si vince e si perde, ma sempre a fasi alternante. In questi due mesi di competizione, come voi, ho visto questi ragazzi dannarsi l’anima nelle partite, dare tutto, gioire e piangere, rabbia e divertimento, ma ho visto anche una crescita di consapevolezza in questi ragazzi: vuoi per l’età già più matura, vuoi perché anche noi genitori incominciamo a essere meno pressanti sui nostri figli, in una valutazione generale dei campionati, si può affermare con sincerità che hanno vinto loro: i Ragazzi!
Ma i veri protagonisti come al solito sono stati i genitori dei baby calciatori, con i loro eccessi, le aspettative altissime, la passione o l’ossessione, lo spirito di squadra e le invidie. E anche gli allenatori, con gli stili più disparati. Sui campi minori accade di tutto.
Molte volte a scatenare le risse sono le Mamme che provocano facendo commenti ad alta voce. Dicono “poverino” il numero 11, è rachitico” oppure “il numero 7 è un animale, fatelo giocare a rugby”». Se la mamma del giocatore in questione reagisce, volano schiaffi. Poi intervengono anche i rispettivi mariti e allora deve accorrere la polizia. I papà, appunto. «C’è il padre che si attacca alla rete e urla suggerimenti al figlio. C’è quello che riprende le partite con la videocamera, per mostrargli gli errori. E ci sono genitori che, nei giorni in cui la squadra non si allena, allenano da soli il figlio con sessioni extra».
Un padre, convinto di avere in casa un campione incompreso, in un anno gli ha fatto cambiare sette squadre. È vero, vincere è l’unica cosa che conta.
«Ma se la squadra perde, i bambini sono tristi, poi gli passa. Ci sono genitori che perdono il sonno, che arrivano a picchiare i compagni di squadra, come è successo qualche tempo fa in una squadra di una provincia del Sud.
Nei giorni scorsi, sono venuto a sapere che un ragazzo in “osservazione” che milita in una società della provincia Torinese è stato scelto da un team di serie A, e ora è capitano. Gioire per la bravura altrui non è facile. «Secondo alcune statistiche, solo un bambino su 40 mila riesce a diventare un calciatore professionista».
Più si sale di livello e più la “selezione è spietata. Stando in società amatoriali importanti c’è più visibilità. E se non basta, entra in gioco l’arte della “raccomandazione”. «C’è chi usa contatti personali per fare entrare i figli nelle grandi società, ma se il bambino atleticamente non è pronto finisce in un ruolo marginale».
Chissà se mio figlio diventerà un professionista. «Se sarà così, bene. Ma di certo non è l’obiettivo di vita mio e di mia moglie. Noi abbiamo fatto un patto con lui: prima c’è la scuola, perché il calcio non deve compromettere la sua formazione. E siamo felici che continui a coltivare anche altre passioni, come la lettura e la musica». Così ho sentito dire da un genitore in una partita di Esordienti.
«Ci sono gli eccessi, ma anche lati bellissimi, come la condivisione, il rispetto delle regole, lo spirito di squadra. Il mondo del calcio è democratico. In squadra ci sono il figlio del muratore e dell’avvocato, dell’impiegato e del pregiudicato, del disoccupato e dell’immigrato. Persone che nella vita reale non prenderebbero neppure un caffè insieme e invece lì, tra gli splati, fanno gruppo. E sono pronti ad abbracciarsi per un gol».
Ora che la competizione è finita, iniziano i vari Tornei Natalizi: L’albero con il pallone, la stella di Natale, un Natale nel calcio, e così via con i vari titoli di poca fantasia che le varie società danno ai Tornei in questione, per non far perdere il gusto del calcio ai ragazzi. Iniziano le varie corse in giro per la Provincia di Torino, i pasti saltati, la speranza delle qualificazioni nelle fasi finali, per vedere il proprio ragazzo alzare una “coppa” e la fatidica medaglietta, sempre uguale a tutti gli altri e riciclata nel corso degli anni, e la solita foto di rito. “Se vinci il Torneo, quest’anno per Natale, Papà ti regala la Play Station”. Oppure: “Se arrivate primi, i compiti di natale te li faccio io”. Ancora: “se segni ti regalo 20 euro”. E’ così! Io l’ho sentito con le mie orecchie, rimanendo di stucco.
Il mio pensiero in questi giorni, va a quei ragazzi Brasiliani, della squadra del Chapacoense, che hanno perso la vita tragicamente in quel “dannato” incidente aereo. Vite di giovani spezzate e accumunati in un destino assurdo con il disastro della squadra del Torino e del Manchester. Erano dei ragazzi che fino a poco tempo fa militavano nei dilettanti, come i nostri ragazzi, giocavano nei campi di periferia come i nostri ragazzi, sognavano di diventare campioni e campioni sono diventati, la loro capacità, la loro voglia e la loro bravura, li aveva portati fino alla serie A Brasiliana e fino a conquistare la finale della Coppa America del Sud, appunto, stavano volando per andare a giocarsi la partita della vita, il loro sogno inseguito per anni, e la loro vita, il loro sogno, è stato spezzato da una tragedia che tutti noi abbiamo visto: volti sorridenti seduti in quell’aereo, le promesse di vincere, la felicità nei loro occhi. Anche loro erano come i nostri figli, anche loro hanno iniziato nei campetti delle “Favelas”, anche loro avevano i sogni da realizzare. E forse, anche loro avevano i Papà e le Mamme che si aggrappavano alle reti o urlavano all’arbitro. Ora sono stati accolti nel paradiso del calcio, dai giocatori del Torino, del Manchester e insieme finalmente potranno giocare la loro finale, dove non ci sarà nessun perdente. Ma tutto si è infranto in quel mattino triste e la loro tragedia ci ha colpiti tutti. Il loro sogno che continua negli occhi dei nostri ragazzi ogni domenica nei campi a giocare al CALCIO!