E’ Alessandro Bettega l’ultimo tassello nel roster dello staff tecnico del settore giovanile azzurro. Classe ’87, cresciuto nella Juventus e, dopo alcune stagioni in serie C, un’esperienza anche nella nostra Prima squadra, Alessandro era tornato a Chieri nella scorsa stagione con il ruolo di allenatore in seconda della Juniores nazionale. Una sola gara ufficiale (peraltro vinta) e adesso la chiamata a guidare un gruppo dei 2009 per l’annata 2021/2022.
Chiamata a cui Bettega ha risposto con entusiasmo: “Sono molto contento di iniziare a guidare i 2009. E’ un percorso, quello dell’allenatore, che voglio iniziare a fare come si deve. Ogni annata ha le sue peculiarità e le sue caratteristiche con, evidentemente, delle basi solide nell’insegnamento che a mio avviso vanno un po’ riviste a livello generale. Perché le difficoltà che si sono viste nei settori giovanili in passato nella crescita dei ragazzi è una responsabilità prettamente dei tecnici. Quello del tecnico e dell’educatore sono ruoli fondamentali. Abbiamo una responsabilità enorme ed è un percorso che mi affascina molto”.
Con la speranza di poter programmare una stagione il più “normale” possibile: “Quest’anno abbiamo fatto davvero tanti allenamenti… Il bilancio di questo primo anno è che mi sono trovato molto bene, perché nonostante il periodo l’organizzazione, le strutture e il modo di fare lo si è vissuto e percepito anche durante la pandemia – spiega Alessandro – Sono mancate le partite, una mancanza emozionale per l’allenatore ma soprattutto di crescita per i giovani calciatori. Poi dal mio punto di vista comunque sono riuscito ad avere il mio spazio, anche per il ruolo che Cristian Viola aveva con la Prima squadra”.
Nel suo approccio al ruolo di allenatore, Alessandro potrà sicuramente prendere qualche spunto dai grandi allenatori avuti nel corso della sua crescita in bianconero: Marchio, Maggiora, Schincaglia, Chiarenza, solo per citarne alcuni: “E’ vero che sono passati anni, però quando guardo a quel periodo ritengo che io come altri eravamo al posto giusto nel momento giusto. La bravura di quegli allenatori era anche quella di imporre il proprio carattere ma con modi diversi a seconda della fascia di età che allenavano. Sicuramente in un settore giovanile ci vuole una linea guida comune ma senza disperdere la ricchezza rappresentata dalla diversità di ogni tecnico. Sempre però con le stesse basi di educazione, rispetto e desiderio di migliorarsi”.
Allenatori che in comune, oltre ad un forte senso di appartenenza, sempre più indispensabile, avevano anche il fatto di essere stati calciatori: “Da ex giocatore forse sono un po’ di parte, ma aver fatto una carriera nel calcio giocato indubbiamente ti arricchisce nonostante ci siano grandi esempi di allenatori di altissimo livello che non hanno mai fatto i professionisti. Imparare alcuni aspetti solo dai libri non è sempre semplice, soprattutto dal punto di vista della psicologia dei ragazzi. Senza scordare l’importanza dell’esempio pratico, quindi essere in grado di far vedere un gesto tecnico”.
Fonte: www.calciochieri1955.it