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Mercoledì, 12 Febbraio 2020 15:07

Quello scudetto in casa Ivest: storie di inganni e rivincite negli anni ‘80

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Gli Allievi dell'Ivest finalisti per lo scudetto di categoria nel 1982 Gli Allievi dell'Ivest finalisti per lo scudetto di categoria nel 1982

3 - Nel 1982 l’Italia vince i Mondiali, ma il Victoria Ivest è già da qualche anno che sta seminando per rendere fertile quel vivacissimo terriccio in Borgo Vittoria. Lo racconta Paolo Accossato nella terza puntata de suoi editoriali sulle storie vintage di un calcio che fu.


Giano Bifronte è una delle divinità più venerate della cultura latina. Rappresenta il passato ed il futuro e dunque nelle erme romane, le piccole colonne sormontate da una testa scolpita, è raffigurato con i due volti che guardano in direzioni opposte. Ciò che è stato rende in ogni caso più forti, ciò che sarà ha l’auspicio sereno della categoria della possibilità e dunque l’ipotesi di un compimento, della quadratura del cerchio. Esattamente a metà degli anni ’80 in via Paolo della Cella si guarda contemporaneamente al passato e al futuro: Nino Furnari padre più che padrone dell’Ivest orienta lo sguardo alle sue spalle e vede una delusione tanto più cocente quanto più subdola per la maniera in cui è arrivata. E allora guarda avanti, si ripromette che no, un inganno così torbido non accadrà più. A costo di tornarci là, in finale e questa volta entrare nella storia.

Capitolo uno: 1982, vale a dire ciò che è stato. L’Italia vince i Mondiali ma il Victoria (appellativo più che benaugurante) Ivest è già da qualche anno che sta seminando per rendere fertile quel vivacissimo terriccio in Borgo Vittoria. In società arriva anche Oberdan Ussello nel settore giovanile e proprio nel 1982, quando Rossi è ancora Paolo e non Pablito, approda in biancoblu anche uno che di successi se ne intenderà e non poco. La panchina degli Allievi tocca Salvatore Iacolino, scuola Juve alle sue prime esperienze da mister. Con tanti ragazzi presi in prestito dalla Juve l’Ivest diventa campione piemontese Allievi e va a Bari a disputare la finale per lo scudetto di categoria contro il Libertas Adile Tommaso Natale di Palermo, uno scioglilingua societario che nasconde insidie che vanno al di là delle acrobazie linguistiche. Internet non c’è, figuriamoci i telefonini, i giornali locali qui non arrivano e sapere qualcosa di una formazione Allievi distante 1500 chilometri è roba da spionaggio sovietico durante la Guerra Fredda dato che mandare osservatori a visionare i match è perlomeno ridicolo. Dalle voci e dai si dice che trapelano alla Sicilia arrivano così notizie non buone. Voci, più che altro, rumores sussurrati a mezza bocca ma quando gli indizi sono tanti, che diventino una prova poco ci manca. Non che si parli tanto della bontà o della forza degli avversari, quello lo deciderà il campo. Ciò che fa drizzare le orecchie a Furnari e all’Ivest sono le indicazioni date da mica uno qualunque. L’Ivest, come detto, in quel periodo è in orbita Juve e Cestimir Vykpalek, nome da spia dell’est ma in realtà giocatore prima, allenatore poi dei bianconeri e ora osservatore per conto di Boniperti telefona in sede Ivest per passare un’informazione spifferata niente di meno che da suo nipote Zdenek Zeman, all’epoca giovanissimo ed allenatore delle giovanili del Palermo. Il Boemo aveva avvisato che la squadra avversaria era nota in zona per strani armeggi, soprattutto a livello di tesseramenti. Date di nascita false, foto non corrispondenti ai nomi, insomma tesserini falsificati in modo da mandare in campo chi possa garantire un livello di gioco più elevato, non importa quanti anni abbia. Il dirigente accompagnatore dell’Ivest si chiama Martire, è un vigile urbano e prima della partita sfogliando i cartellini degli avversari nota infatti che ci sono diverse posizioni di calciatori irregolari. In pratica i documenti sembrano fasulli e con tutta probabilità in campo non va chi è segnalato sulla distinta. L’arbitro però fa orecchie da mercante, non è mica un giudice, il caldo e il campo in asfalto (sì, in asfalto) fanno il resto, fanno l’1-0 per i Siciliani. Sterile il rammarico tanto quanto il reclamo, respinto, inoltrato alla Figc.

Capitolo due, 1987: ciò che sarà. Se il passato ha il sapore di forte agrume e l’ulcera di una sconfitta viene continuamente stimolata dal sale dell’ingiustizia non c’è medicina migliore che rimboccarsi le maniche e guardare avanti. L’altra faccia di Giano non si perde d’animo ed orienta lo sguardo al 1987. L’Ivest non molla, non lascia, anzi raddoppia e nel giro di cinque anni eccolo lì dove un lustro prima si era mangiato le mani. Ancora in finale nazionale Allievi, questa volta contro una squadra romana. A pochi giorni dal primo scudetto del Napoli di Maradona, l’Ivest torna a un gradino dal tetto d’Italia, sempre nella categoria Allievi. Furnari ha iniziato a strizzare l’occhio al Toro e allora in panchina c’è Gigi Fantinuoli, in campo Marcello Albino, più di 400 presenze tra i professionisti in carriera, e Benny Carbone. Carbone, che ha appena percorso la spina dorsale dell’Italia da Bagnara Calabra finisce al Toro ma è ancora troppo piccolo e gracile. Il responsabile dei giovani granata Zambruni chiama allora Furnari e gli chiede di tenerlo. Le sue finte però stordiscono, i suoi dribbling sono lo schiocco di uno scudiscio che percuote il terreno. Per cui quando Fantinuoli lo vede, gli bastano due palleggi ed un paio di azioni per avere le idee chiare. E così Carbone diventa il perno dello scudetto ivestino che arriva cinque anni dopo quello scivolato via dalle mani per colpe non proprie. Per dare un’idea ci vorranno altri ventisei anni prima che una squadra piemontese, la J Stars, rivinca il titolo.

Ultima modifica il Mercoledì, 12 Febbraio 2020 15:13

(Torino, 1970) Giornalista pubblicista, dal 1989 collabora con “La Stampa” nell’ambito del calcio dilettantistico. Dal 1996 è docente di materie letterarie presso il Liceo Valsalice in cui dal 2006 svolge le mansioni di Vicepreside. E’ autore del libro “All’ombra dei giganti. Storie di quartieri e di calcio giovanile nella città di Juve e Toro” (Bradipolibri).

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