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Venerdì, 27 Dicembre 2019 16:38

Mio papà è il Commissario Tecnico della Nazionale!

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2 - La rubrica curata da Gianluigi de Martino parte dall’educazione, e da quanto sia controproducente improvvisarsi tecnici impartendo indicazioni, urlando rimproveri o esternando palesemente la delusione per un passaggio sbagliato o un gol mancato dalla tribuna.


Ad ogni sconfitta della propria squadra del cuore, ma ancor di più della nostra Nazionale Italiana di calcio dove oltre ai sistemi di gioco, tattiche, letture della partita e contromosse strategiche si devono fare i conti con la selezione dei migliori giocatori italiani, si scatena la gara alla candidatura per la panchina al posto del malcapitato allenatore di turno o nientepopodimeno che del Commissario Tecnico. Ed è così che l’italiano medio si ritrova a ragionare su valutazioni, moduli, posizioni, sciorinando competenze da “università della vita” e millantando esperienze che al massimo ha maturato alla Play Station.

Ogni week end sui nostri campi di calcio dilettantistici, in calzoncini, calzettoni e maglietta talvolta di una o due taglie più grandi, rincorrono il pallone bambini che giocano spensierati. Giocano. Già, giocano e si divertono. Rincorrono quel pallone, se lo passano tra compagni, tentano un dribbling goffo e con la punta del piede calciano sperando di veder rotolare quel pallone nella porta avversaria. Quei bambini hanno un sogno: diventare come i loro idoli, quelli che vedono in televisione, quelli che quando li vedono provocano loro subito il sorriso, quelli che quando fanno gol o una super parata fanno scoppiare l’urlo di gioia e di cui imitano alla perfezione l’esultanza. Quei bambini giocano e sognano.

Quei bambini sanno che fuori dalla rete, su quella tribuna, ci sono i papà, le mamma, il nonno, lo zio: i loro tifosi numeri uno. Spesso si girano per guardarli, li cercano con lo sguardo, e trovandoli sperano in un loro cenno di approvazione per quel passaggio filtrante o quel recupero sull’avversario.

Ma sabato ad un bambino è scesa più di una lacrima. E non è scesa perché ha sbagliato un passaggio o un gol. Ha corso verso il suo allenatore e piangendo gli ha detto di non voler più giocare. Quel bambino infatti era stato per tutto il tempo richiamato, diretto e rimproverato dai suoi tifosi numeri uno.

Ed è proprio qui che finisce la risata spontanea che abbiamo come reazione quando cimentandosi nel ruolo di CT, l’italiano medio si lascia andare a commenti sulla Nazionale. Inizia quindi la riflessione su quanto sia compromettente quello stesso commento fatto al campo durante la partita dei propri figli. E ancor di più quanto sia controproducente improvvisarsi tecnici impartendo indicazioni, urlando rimproveri o esternando palesemente la delusione per un passaggio sbagliato o un gol mancato. Quel bambino non vuole un allenatore in tribuna. Non rivolge il proprio sguardo per trovare un tecnico che gli rilevi gli errori, tantomeno vorrebbe scorgere volti delusi nei suoi tifosi numeri uno.

E’ urgente una ri-educazione al ruolo che ogni adulto ha nella vita dei bambini perché questi possano distinguere i propri punti di riferimento, possano orientarsi con sicurezza e trovino affianco le guide giuste che per competenze sappiano essere educatori, allenatori, insegnanti e genitori.

Ultima modifica il Venerdì, 27 Dicembre 2019 16:46
Gianluigi De Martino

nato a Torino, la città che adora in cui vive e lavora. Tecnico qualificato UEFA B di calcio, ha allenato in tutte le categorie della scuola calcio e del settore giovanile anche professionistiche. Oggi Referente per l'attività di base di Torino e Responsabile Tecnico del Centro Federale di Gassino Torinese per il Settore Giovanile e Scolastico della F.I.G.C.

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