Lunedì, 23 Dicembre 2024

 

La decisione Domenica sera al termine di due giorni passati sotto la pioggia in giro per i campi.  Seduto sul divano, inzaccherato e pensieroso di uno sport che va sempre più verso il declino. Non lascio perché questo sport il più amato dagli Italiani, non mi piace più, anzi vedere giocare i bambini e ragazzini una partita di pallone mi emoziona sempre. Lascio perchè sono in overdose di maleducazione, amareggiato e soprattutto stanco e poi perché sono diventato ripetitivo.

Stanco di sentire “Mister” alla fine della partita che è “mancata la “profondità”. A un bambino di dieci anni gli manca la profondità? Che non giocano bene la “seconda palla”. La seconda palla? Ma non c’è ne solo una in campo? O piuttosto che le “fasce” non ritornano. Ma a un bambino che è ancora in “fasce” come fai a spiegarglielo?

Stanco di vedere Papà litigare già durante gli allenamenti, azzuffarsi durante la partita, aggrapparsi alle reti come delle scimmie e urlando di tutto. Stanco di sentire le offese: “coglione”, “spezzagli le gambe”, “non capisci un caz..”, “arbitro sei uno stronzo” quando va bene. Vedere tutti i weekend genitori che se li danno di santa ragione per una battuta o un rigore non dato, con tanto di intervento di carabinieri o polizia, davanti a quei bambini attoniti di vedere i loro Papà picchiarsi mentre loro si stanno divertendo. O piuttosto, è questo è peggio, “Papà guardalinee” che durante la partita fanno gli allenatori dicendo dove devono mettersi, cosa devono fare e dove devono andare sti poveri bambini, dicendo esattamente il contrario di quanto il loro Mister gli urla dall’altra parte. Ma stanco anche di tutte queste società, che già a nove o dieci anni, caricano questi bambini pretendendo che siano dei professionisti, illudendo magari il papà acceso che magari andrà a fare un provino al Toro o alla Juve perché bravo. Di questi tornei interminabili, di questi campionati senza senso, di questa pressione che toglie la felicità ai bambini di poter dare quattro calci a un pallone, divertirsi imparando qualcosa. Tanto nessuno di loro, con grande dolore dei Papà, andrà a calpestare il prato dello Juventus Stadium o piuttosto il Santiago Bernabeu di Madrid.

 

 

E poi ormai la gente non legge più. Si limita a guardare le fotografie magari con la speranza di poter vedere il proprio figlio, al massimo mette un “mi piace” contornato da “faccine” di cui non si capisce il significato o dal massimo sforzo di un commento quasi sempre fuori luogo, appunto perché non ha letto ma visto solo la fotografia. Poi ci sono i genitori “giornalisti” che mandano commenti ai vari giornali che manco un vero “giornalista” saprebbe fare, con tanto di minuti, cronaca minuziosa della gara, le occasioni finali e alla fine le considerazioni finali. Ma sono bambini non giocatori professionisti! Non oso immaginare questi Papà cosa non dicono ai loro figli quando ritornano a casa dopo la partita. Non oso!

 

Vi domando: Ma voi lo sapete che l’Italia è l’unico paese al mondo che ha ben cinque quotidiani, dico quotidiani, che parlano solo di calcio? E questi giornali devono riempirli in qualche modo. Per non parlare di tutte quelle migliaia testate di calcio regionali e locali che oramai sono l’appuntamento del Lunedì per vedere i commenti, le classifiche, e addirittura le pagelle come ai veri giocatori, con Papà che si incazzano se suo figlio ha avuto meno di sei. Magari non lo prende neanche a scuola. Ma questo è un altro discorso. La mia nausea nasce da troppi anni a vedere e sopportare tutto questo, una overdose di maleducazione e di invasati che ogni domenica invade le tribune dei campi per sfogare tutte le amarezze e le tensioni accumulate durante la settimana. Per non parlare poi dei “social”, invasi da fotografie di bambini, commenti e diciture da giocatori professionisti, che raccontano prodezze e gol infischiandosene di proteggere un bambino di poco più di otto o dieci anni mostrato con la divisa da calciatore o messo come una delle figurine “Panini”. Ancora un esempio? Domenica scorsa in Grecia, il Presidente del Paok squadra della massima divisione, è entrato in campo con la pistola in bella mostra nella cintola, tutte le televisioni e giornali hanno fatto vedere, siamo arrivati anche a questo e chissà quanti lo fanno anche da noi?

Domenica scorsa in tutti i campi si è osservato un minuto di silenzio per ricordare la morte di DAVIDE ASTORI. Tutti commossi, molti in lacrime e a dire che questa morte li aveva colpiti. Ma poi appena l’arbitro ha fischiato hanno ripreso a darsele di santa ragione e insultarsi.

 

E’ la settimana della “Festa del Papà”. Per una volta facciamo in modo che siamo noi Papà a fare un regalo ai nostri bambini: Felicità nel vederli divertire giocando al pallone.

 

Non ve l’ho mai detto, ma anche io ho un figlio che gioca a calcio, però nel settore giovanile dove l’esasperazione rispetto alla scuola calcio è più esasperata. Li ci sono le convocazioni, undici vanno in campo e sette siedono in panchina, altri addirittura giocano poco. E’ difensore centrale e dicono che è bravo. Ogni tanto vado a vedere qualche partita ma restando in disparte per non sentire tutte quelle “bestemmie” e imprecazioni che i genitori accaniti e accesi vomitano dalle gratinate. Non li sopporto più. E’ diventato tutto insostenibile. Addirittura ci sono Papà che neanche un minuto che l’arbitro ha fischiato il calcio d’inizio dicono:

<<stanno giocando male. Non sono veloci>>. Ma è appena iniziata la partita!

 

Quindi, cari lettori che mi avete e mi sopportate, se vi va ancora di seguirmi, dal prossimo Mercoledì non vi racconterò cosa ho visto nella partite “ufficiali” delle scuole calcio dei bambini, ma andrò in giro per le vie dei quartieri, per i prati, per i campetti improvvisati per le strade o i campi, per raccontarvi le partite dei bambini e dei ragazzi interminabili fino a quando non tramonta il sole, dove non ci sono “Mister”, “allenatori”, massaggiatori”, “guardalinee”, “giornalisti” e soprattutto dove non ci sono Papà ma solo i bambini che giocano senza divise e con le scarpe più o meno di calcio. Partite di pallone vere, genuine e non inquinate da un mondo, quello del calcio, sempre più pazzo e impazzito. E’ per favore cari genitori, non venite neanche li lasciateli giocare tranquillamente, fateli divertire perché ancora le strade e i campetti sono rimasti gli unici luoghi dove si gioca e ci si diverte veramente giocando una partita di pallone.

Il mio desiderio? Incontravi tutti per parlare dei nostri bambini, dei nostri figli che vogliono giocare al calcio da soli, un modo come un altro per conoscerci e confrontarci su ciò che è veramente importante per i nostri bimbi è invece di quanto c’è di effimero in queste sport, desiderio che già avevo espresso in queste settimane alla redazione di “Giocaacalcio.it” che hanno trovato l’iniziativa ottima condividendo con me questa sana passione di disincanto verso il pallone.

 

Starà a loro e a voi. Ma per favore senza parlare di tatticismi o formazioni. In fondo si tratta di rincorrere un pallone con i piedi e cercarlo di metterlo dentro una porta, gustandosi il divertimento e pure gratis!

La redazione (AM)

Non è vero che sono i bambini che non resistono senza una partita di calcio. Ma lo sono i Papà. Domenica tutto il calcio è stato fermato anzitempo dalla federazione, a causa delle nevicate e delle avverse condizioni atmosferiche. Aprite cielo appunto.

Orde furiose di papà disperati che in forte carenza e astinenza calcistica si aggiravano tra i campi di periferia alla ricerca di una partita, telefonate tra altri papà per sapere se magari c’era una amichevole, bambini nei cortili a giocare al pallone sotto gli occhi attenti dei genitori che non si “infortunassero”, felicità delle mamme che finalmente potevano passare una domenica tutti insieme per il pranzo domenicale, discussioni infinite da “bar sport” sulla necessità di sospendere l’attività per qualche debole fiocco di neve:

 

<<Quando ero bambino si giocava per strada e non c’era neve o pioggia che tenesse>> così qualche papà ha commentato la sua disapprovazione.

 

Ma si sa, le scuole calcio cercano sempre di fare “giocare” i bambini. E’ allora via a qualche amichevole per i più piccoli, con sollievo di molti genitori che anche domenica avrebbero visto le “imprese” del loro bambino.

 

Così domenica mattina, mi ritrovo in un campo della periferia Est di Torino a guardare una amichevole dei bambini del 2009 contro i padroni di casa che invece sono del 2008. Un anno in più ma non importa basta giocare.

Campo sintetico è in perfette condizioni e spalti “gremitissimi” anche di genitori che non c’entravano nulla con la partita. Non importa basta vedere una partita.

Così appollaiato sulla ringhiera del campo, guardo questi bambini di poco più di nove anni, giocare la partita “amichevole” correndo dietro a un pallone con i “Mister” che gli urlano posizioni tecniche e tattiche, come se un bambino di nove anni sappia già il significato di tale parole. Tre tempi da dodici minuti, ma già nel primo tempo i padroni di casa sono in vantaggio di tre gol, allora la squadra ospite beneficia di un calcio di rigore (Eh si. Il brivido del rigore non si può negare neanche in una amichevole), che farebbe accorciare le distanze. Sul dischetto si presenta il “bomber” della squadra ospite. Tiro centrale e parata del portiere. Urla di disperazione dei genitori dei bambini ospiti e urla di gioia invece per i genitori dei bambini di casa. Gli altri genitori, semplici spettatori, che non c’entrano nulla con la partita si dividono per il tifo.

 

<<Ma come si fa a sbagliare un rigore>> dice un papà disperato inveendo contro il figlio che ha sbagliato il penalty.

 

Vorrei ricordare a quel papà che nel 1994, nella finale di Coppa del Mondo finita ai calci di rigore tra l’Italia è il Brasile, un certo “Roberto Baggio”, il “Divin Codino” come allora veniva chiamato, sbagliò il calcio di rigore che regalò la vittoria al Brasile. Beh, credo che un bambino di nove anni possa anche sbagliare un rigore. O no?

Insomma, la partita che era amichevole, alla fine per colpa del tifo eccessivo e dalle urla dei tecnici, è stata trasformata in una finale da “Champions League” con tanto di “Olà” a ogni gol fatto e dalle urla finali per la vittoria dei padroni di casa. Al fischio dell’arbitro ho pensato che forse era meglio non farle certe “amichevoli” per il bene dei bambini e per la serenità familiare dei genitori. Musi lunghi per i sconfitti e gioia per i vittoriosi, mentre i papà che non c’entravano nulla, si attardavano a discutere degli errori e dei gol fatti non di meno del rigore sbagliato vero è proprio oggetto di dibattito infinito con tanto di moviola mimata ai bordi del campo dei papà, fino a quando i bambini non sono usciti dagli spogliatoi, loro felici di aver giocato una partita di pallone, mentre i genitori con il capo chino delusi e amareggiati per una amichevole persa come se fosse la fine del mondo.

Per fortuna domenica c’erano le elezioni, è così il pomeriggio sarebbe stato passato a fare la coda assieme alle mogli per andare a votare, cosa credo più importante di una partita di calcio, mentre il bambino se ne sarebbe stato sicuramente a casa a giocare con la “Play”.

 

 

Insomma una domenica triste, che ci ha colpiti, feriti, lasciati sgomenti, senza parole e non per l’amichevole dei bambini, ma per la improvvisa scomparsa del Capitano della Fiorentina DAVIDE ASTORI, una notizia giunta come un grande macigno che ha colpito tutto il mondo del calcio e non.

DAVIDE ASTORI era “il Capitano” che ogni squadra vorrebbe avere, ragazzo serio, un atleta professionale, mai una parola sopra le righe e corretto in campo. Ci ha lasciati nella notte tra sabato e domenica, lasciandoci tutti senza parole con un dolore profondo e inconcepibile come un ragazzo sano e forte di 31 anni, possa andarsene così improvvisamente perché il suo cuore ha deciso all’improvviso di non battere più.

Questa volta tutto il mondo del calcio si è fermato, per rispetto al dolore di una così grave perdita e non ci poteva essere nessuna “amichevole” per alleviare un dolore così profondo che ci lascia impauriti di fronte alla morte così assurda, così improvvisa e senza nessuna spiegazione che possa darci una medicina, quella dello sport, di come possa succedere una cosa del genere a un atleta come DAVIDE che è sottoposto a controlli medici scrupolosi e attenti.

Ora ASTORI è salito in cielo lasciandoci un vuoto, che altri giocatori come lui hanno lasciato, in questo mondo del calcio sempre più “pazzo”, e sicuramente ora giocherà in paradiso insieme ai suoi compagni che come lui ci hanno lasciato prematuramente, a giocare una partita di calcio tra giocatori con un grande cuore che batterà per sempre nel petto di tutti i tifosi e a sorriderci da lassù.

 

Chissà se quando DAVIDE era bambino e giocava al calcio come i bambini della “amichevole”, suo Papà si emozionava a vederlo correre e giocare al pallone, sognando che magari un giorno sarebbe diventato un “campione”. DAVIDE è diventato un campione, nello sport e nella vita, e lo sarà sempre per tutti noi.

Cari papà che credete di avere un “campione” nel vostro bambino e vi “emozionate” e vi “arrabbiate” mentre gioca una partita di pallone seppur amichevole, gioite insieme a lui anche quando sbaglia un calcio di rigore, cicca la palla o perde la partita, non umiliatelo, non fatelo sentire inutile, sorridetegli sempre,  perché non c’è cosa più bella, felice e amorevole, abbracciare il proprio bambino stringendolo nel proprio cuore come faceva il papà di DAVIDE ASTORI anche quando sbagliava un gol.

Addio DAVIDE campione silenzioso, Capitano della Fiorentina che ci hai lasciati una notte in una camera di albergo sognando di segnare il gol della vittoria per la tua squadra, ma il destino crudele e beffardo ti ha fatto un’autorete che ci ha fatto perdere tutti la partita della vita.



La redazione (AM)         

Torino, 31/01/2018

 

Spesso si dice che i bambini hanno molto da insegnare agli adulti. Ed è vero, almeno nello sport del calcio a certi genitori.

Veniamo al dunque: Sabato pomeriggio mi ritrovo a vedere una partita di un torneo nella provincia di Torino della categoria Pulcini 2007. Mi appassiono a vedere i bambini giocare a calcio, limpidi, solari, genuini, corretti e sordi ai richiami inutili dei genitori che dagli spalti si agitano urlano cosa devono fare, tirare in porta e ascoltare loro invece che l’allenatore. A un certo punto della partita, eravamo nel terzo tempo di gioco, un giocatore della squadra di casa su un tiro del bambino avversario direttamente in porta, chissà perché, prende il pallone con le mani in piena area di rigore placcandolo come un portiere. L’arbitro (un Papà di casa) non ha potuto che dare il rigore alla squadra avversaria. Figurati. Scoppia un parapiglia dei genitori e tifosi sugli spalti, gli uni che dicevano:

 

 

<< va bene anche se l’ha preso con le mani non l’ha fatto apposta è un bambino>>.

Gli altri invece che reclamavano il rigore che era giusto così potevano vincere la partita:

<<Lo ha preso con le mani ed è rigore. E’ il regolamento>>.

Insomma scene di ordinaria follia calcistica che per poco, dalle urla e dalla eccessiva vicinanza tra le due tifoserie genitoriali, non si veniva alle mani con tanto di sbigottimento dei bambini in campo che assistevano a quella scena da film western.

E’ così, mentre sulle gradinate gli “Skinheads-genitori” continuavano la loro lite calcistica lasciando sbigottiti gli stessi allenatori, l’arbitro-papà mette la palla sul dischetto. Portiere tra i pali e un bambino avversario sulla palla pronto a tirare il calcio di rigore. Nel frattempo le urla si alzavano e alcuni papà si aggrappavano sulla rete, forse intenzionati ad andare loro in campo. Fischio dell’arbitro, rincorsa del giocatore e tiro che seppur forte è centrale finisce direttamente sulle braccia del portiere che incredulo abbraccia quella palla.

Urla di gioia e di disperazione dei genitori, mentre la disperazione del bambino che ha sbagliato il rigore era evidente mettendosi in ginocchio come fanno i giocatori veri.

<<Bravo Purty>>.

<<Ma come si fa a sbagliare un rigore>>?

Un parapiglia sulle gradinate, che all’improvviso si ammutolisce di botto quando il portiere con tutto il pallone si avvicina al bambino ancora disperato e lo abbraccia stringendogli la testa nel suo petto.

 

Qualcuno prova a farfugliare qualcosa, ma è evidente che quel gesto non solo ha zittito tutta la gradinate di urlatori, ma ha dato un esempio di sportività, una lezione a quei “grandi” che forse non si accorgono che in fondo sbagliare un calcio di rigore non è la fine del mondo. Aspetto che finisce la partita, vado verso l’uscita degli spogliatoi, mentre continua il dibattito tra i genitori. Dopo un po’ vedo spuntare dal corridoio il portiere e il giocatore avversario, mi fermo e con una punta di amarezza, per non avere la loro stessa età gli dico:

<<Bravi ragazzi. Continuate così non perdete mai di vista che in fondo è solo una partita di calcio e continuate ad abbracciarvi>>.

Mentre andavo via soddisfatto di aver assistito a una lezione di vita e di sport di due bambini di 11 anni, mi risuonava in testa una vecchia canzone di Francesco De Gregori:

<<..Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia…>>

E’ vero. E’ accendendomi l’ennesima sigaretta pensavo che quei due bambini hanno dimostrato coraggio nell’abbracciarsi. Invece gli adulti il coraggio lo avevano perso azzuffandosi in quelle gradinate ora vuote.

 

La redazione (AM)                   

 

 

Torino, 22/04/2017

 

Rieccomi con voi. Sono stato assente per qualche settimana, avevo bisogno di “disintossicarmi” da un ambiente, quello del calcio, diventato oramai invivibile. Cosa è successo nel frattempo?

Direi come al solito. Niente di particolare: giocatori picchiati dai tifosi e finiti in ospedale, arbitri che vengono picchiati e arbitri che picchiano, papà guardalinee che entrano in campo e picchiano tutti, risse nelle gradinate, genitori che scavalcano le reti e entrano in campo e si picchiano con gli allenatori, bambini spaventati che fuggono dal campo perché i papà si picchiano, mamme amazzoni che prendono a randellate le altre mamme, bambini che piangono e dulcis in fundo, e questa ci mancava, allenatori e arbitri che abusano sessualmente dei ragazzini promettendo mare e monti. Insomma, non ci facciamo mancare proprio nulla! E’ questo sarebbe “l’ambiente sano”, lo sport più bello che, tutte le società e scuole calcio sbandierano all’urbi et orbi, basta che paghino le rette e facciano fatturato? Poi se “l’ambiente sano” non c’è, beh pazienza intanto hanno incassato.

Poi ci si mettono anche alcuni media. Ora dopo l’ennesimo arresto per pedofilia e le conseguenti indagini da parte della magistratura, sono partiti già i sociologi nei media sportivi, le tavole rotonde, quadrate, i perché e i per come, noi non c’entriamo ecc. Poi tutto ritornerà nel silenzio, i genitori continueranno a picchiarsi, gli arbitri inseguiti dopo la partita, bambini che piangono, fino al prossimo arresto, fino al prossimo scandalo. E’ tutto la “giostra” ricomincerà a parlare, a condannare episodi come questi e cercherà invano una spiegazione che, come al solito non arriverà mai.

 

 

Dico: Ma i bambini chi li tutela? Chi protegge i bambini da questo stillicidio, da questi “buoni” esempi? Forse i Genitori che poco prima avevano picchiato l’altro papà per un rigore non dato? O magari il sociologo di turno che, pur di apparire, scrive le solite cose ovvie su quei giornali sportivi, che pur di vendere qualche copia in più, sbattono il mostro in prima pagina? E’ il mondo del calcio, la federazione di Torino, i vertici di questo ex nobile sport, cosa dicono? Cosa fanno per arginare, per fermare una deriva violenta e di sfogo domenicale nei campetti di periferia? Poco e niente. Si limitano a condannare i fatti, a organizzare una convegno, con i soliti noti, a cercare di sminuire sempre e dire che il “calcio è sano”. Si, forse il calcio del formaggio, non certo lo sport del calcio. Soluzioni? Io dico: fermiamo questa baraonda per un attimo, stoppiamo tutto, chiudiamo per un attimo, ritorniamo a far giocare per un po i nostri figli, al calcio, nei cortili, nel parco, nelle strade, come fanno nel comune di “Comelico Superiore”, come si faceva quando io ero un ragazzino. Basta con questi mega tornei infiniti che servono solo a far impazzire genitori e ragazzi, a spostarsi da una parte all’altra della provincia, giocando fino a tre partite in un giorno, esasperando animi e corpi di giocatori in erba e soprattutto genitori che sperano sempre che il proprio ragazzo faccia la prodezza del giorno. E se non la fa poco male, ci si picchia con l’altro genitore per un fallo sul proprio figlio. Fermiamo tutto, non si muore certo se per qualche mese le scuole calcio vengano chiuse come segno di protesta e pulizia verso tutta questa violenza.

 

Mi ha detto un mio amico dirigente di una scuola calcio: “Lo so è un sacrificio giocare due o tre partite alla domenica. Ma lo facciamo per i ragazzi che devono giocare più spesso”. E chi lo ha detto che deve essere così? Dove sta scritto? Per caso nelle tavole della “legge” dell’ipocrisia? Ma siete sicuri che i bambini vogliono questo, giocare due o tre partite a settimana? Che arrivarono talmente stanchi che il Lunedì a scuola dormono sui banchi? E magari poi vengono criticati perché non riescono a giocare le due o tre partite consecutive sempre ad alto livello. Non è che in realtà ci sono altri motivazioni “poco recondite” che se ne infischiano dei ragazzini e del divertimento? Mi divertivo a giocare sulla strada: la porta fatta da pietre e un campo da gioco sterminato dove, assieme ai miei compagni ci divertivamo e non avevamo spettatori o tifosi accaniti. Eravamo solo noi e basta. Al massimo, mio padre veniva a chiamarmi perché era ora di cena. Non sopporto più andare nei campi a vedere partite, di campionato o tornei, dove si urla di tutto, dove si deve fare attenzione perché c’è il rischio di “non tornare più a casa”, perché aggrediti da qualche cretino di turno, dove ci sono troppi “Maradona” o “Messi”, dove sembra di entrare in una arena di leoni, pronti a sbranarti se dici qualcosa diversa da loro. Non mi piace più, non mi diverte più, non è un mondo che fa per me.

 

Allora, un mio amico mi ha detto: “beh, se non ti piace che ti importa. Lascia che vadano i genitori convinti di avere il campione”. Vero. Ma siccome io sto dalla parte dei ragazzi che giocano al pallone, mi piacerebbe che il loro mondo fosse pulito, lindo e impuro da inquinamenti che, nulla hanno a che vedere con lo sport che praticano. Purtroppo non sono un sociologo, un tuttologo, un esperto di calcio, un allenatore, un dirigente, un arbitro. Insomma sono una persona normale che, vorrebbe vedere nei bambini e nei ragazzi, quella gioia, quella felicità di giocare al “pallone”, la stessa che avevo io quando ero ragazzino. Libera, genuina, con le scarpe magari rotte e un pallone che si sgonfiava dopo dieci minuti di calci, giocando nei cortili o su una strada in salita, gioendo e soffrendo se vincevamo o perdevamo. Ma poi tutti insieme vincitori e vinti, stavamo insieme a divertirci sempre. Oggi il pallone è sgonfio, non perché ha preso troppi calci, ma perché non riesce più a rotolare in un mondo sempre più piatto e sempre più violento. Oggi è “un pallone” da buttare e purtroppo, di palloni “gonfi” non c’è ne sono più!

 

 

 

Torino, 23 giugno 2017

 

E' stato presentato il nuovo progetto della Federazione piemontese dedicato al calcio amatoriale: si chiama 'Attività Ricreativa', e verrà affidato a Federico Finazzi, che diventerà responsabile regionale di una struttura che coordinerà un lavoro radicato soprattutto a livello provinciale. 
 
L'obiettivo è quello di aprire le porte al calcio ricreativo e amatoriale a ragazzi e ragazze, dai 16 anni in su. Ci saranno tornei per gli Over 35 e Over 40. Un'idea innovativa per coinvolgere nel mondo del calcio genitori, allenatori o anche solo appassionati. Ogni società potrà presentare le proprie squadre, con un costo di iscrizione calcolato intorno alle 350 euro, più il costo di tesseramento di ogni singolo giocatore, per i giocatori già tesserati per una società iscritta all'Lnd è zero, per i non tesserati è sei euro più il certificato medico non agonistico. I campi non sono compresi nella cifra, ma si sta ragionando per dare delle agevolazioni alle società che offriranno i propri impianti (sempre durante la settimana).
 

 
Parallelamente questo potrà essere un metodo offerto alle società di creare delle seconde squadre, in modo da far giocare infortunati o riserve che di solito non trovano spazio la domenica, tenendole sempre in allenamento.
 
«Questa è un'ottima opportunità per i ragazzi di trovare spazio e di giocare – commenta il presidente della Lnd Piemonte Christian Mossino - Ci stiamo muovendo in controtendenza, è un progetto importante che apre le porte a chiunque voglia fare sport. In un momento in cui le iscrizioni sono in continuo calo trovare delle soluzioni nuove per aprire anche a categorie fino ad ora mai prese in considerazione è l'unico modo per avere una svolta decisiva».

Torino, 21 giugno 2017

 

Si è concluso con la festa di gala di lunedì scorso l'edizione del Palio dei Quartieri, torneo che ormai da anni coinvolge la Scuola calcio del torinese. E' stato il Circolo dei Lettori ad ospitare la festa finale, fortemente voluta per ringraziare tutti coloro che hanno contribuito all'organizzazione e hanno partecipato all'evento.

 

Sul campo invece, dopo il successo del Collegno Paradiso negli Esordienti 2004, della Pro Settimo nei 2005, del Volpiano per i 2007 e del River per i 2006, si è conclusa lo scorso week end anche la Palio Cup. L'ultimo atto della manifestazione è esclusivamente dedicato alla categoria Esordienti 2004.

 

 

 

 

Ottima prova del Collegno Paradiso, unica dilettante a continuare la corsa nella finale della Palio Cup insieme alle professioniste di Alessandria, Torino e Pro Vercelli. Sono stati però i vecercellesi ad aggiudicarsi il gradino più alto del podio. Alla prima fase della 'coppa' partecipavano Chisola, Collegno Paradiso, Torino, Alessandria, Pro Vercelli, Casale, Cuneo e Barcanova. I collegnesi si sono arresi durante la finale per il 3/4 posto, battuti 2-1 dal Torino. Non è bastato il gol di Penna nel finale a riaprire i giochi e regalare il tanto sospirato over time.  

 

 

 

Torino, 9 giugno 2017

 

«Noi vogliamo che i bambini della scuola calcio siano il futuro delle giovanili e della prima squadra». Questa l'idea, cristallina, del presidente del Venaria Domenico Mallardo, esposto alla presentazione dello staff per la stagione 2017/2018. «Allo stesso tempo è un motivo di vanto per noi vedere due giovani come Eboli e Lamessa si siano accasati a Piacenza e che Papagno abbia destato l’interesse del Torino».

 

«Il nostro obbiettivo è chiaro – spiega il presidente – riportare una certa idea di calcio a Venaria, lavorando insieme per rendere questo club uno dei, se non il migliore nel panorama dilettantistico regionale. Per farlo serviranno due fattori: cooperazione di tutti e serenità nell’ambiente. Posso dire con orgoglio che ad oggi non credo ci sia nemmeno un tecnico nell’organico che se ne voglia andare. Anzi, tocca a noi fare una selezione per mantenere solo i migliori».

 

 

La scuola calcio è il fiore all’occhiello della società: «L’organico tecnico di Pulcini ed Esordienti non è ancora definitivo per il semplice fatto che gestiamo 450 bambini, di cui 260 solo qui al Venaria e il restante nella nostra società satellite, il Gabetto Sporting Venaria – spiega la dirigenza - Per noi è importante questo aspetto perché abbiamo potuto creare per ogni categoria numerosi gruppi, in cui nessun bambino si può sentire tagliato fuori. Un dettaglio che acquista ancora più valore, se consideriamo che la maggioranza dei nostri tesserati sono di Venaria».  

Torino, 7 giugno 2017

 

Grandi cambiamenti in vista per il Settore giovanile a partire dalla prossima stagione. Il presidente fresco di nomina, Christian Mossino, ha subito attivato i suoi collaboratori per trovare una formula che fosse, secondo l'attuale comitato regionale dell'Lnd, più efficiente di quella usata fino a questo momento. L'idea di base è stata quella di premiare le società che maggiormente investono sul settore giovanile, per cui potrà accedere ai regionali solo chi ha la filiera completa (almeno una compagine di Esordienti, Giovanissimi e Allievi, ma per il primo anno c'è una deroga) e, attraverso un sistema di promozione e retrocessioni, si giocherà nei provinciali o regionali in base alla stagione fatta dalla categoria precedente.

 

Un esempio pratico. Innanzi tutto a settembre tutte le squadre verranno divise in piccoli gironi e, nell'arco di un mese, verrà definita la griglia di partenza di regionali e provinciali. Le squadre che finiranno nei regionali non si giocheranno soltanto l'accesso alla fase finale, ma anche la permanenza ai regionali per la categoria l'anno successivo. Quindi i Giovanissimi Fascia B, che il prossimo anno sono i 2004, se ottengono l'accesso ai regionali e riescono a conservare la categoria permetteranno ai Giovanissimi fascia B 2005 della stagione 2018/2019 di entrare di diritto nel campionato regionale. Se i Giovanissimi 2003 invece 'retrocedono' ai provinciali perchè negli ultimi posti in classifica nella stagione 2017/2018, i 2004, pur avendo fatto un ottimo campionato come Giovanissimi fascia b nella stagione 2017/2018, si ritroveranno comunque ai provinciali nel 2018/2019 per 'colpa' dei colleghi più grandi che sono 'retrocessi' l'anno prima. Chi invece parte dal campionato provinciale potrà puntare non solo all'accesso alla Coppa Piemonte, ma anche alla promozione ai regionali, secondo un sistema che non coinvolgerà solo la prima classificata di ogni girone, mantenendo quindi vivo il campionato provinciale, di solito meno competitivo. Però anche in questo caso non sarà la squadra che ha vinto i provinciali, o comunque si è classificato nella zona promozione, ad andare ai regionali, ma l'annata più piccola che si ritroverà a fare la categoria la stagione successiva.

 

 

Questo sistema ha come obiettivo spingere le società a investire su tutte e quattro le annate, e sicuramente sarà penalizzante per quelle società che hanno singoli gruppi particolarmente dotati e che, in un sistema come quello usato fin'ora di qualificazione singola della squadra, riuscivano a regalarsi qualche expoit anche nelle fasi finali regionali, mentre premia evidentemente le società che hanno un 'blocco' settore giovanile più solido.


Redazione

 

 

Torino, 31 maggio 2017

 

Riceviamo a pubblichiamo il racconto di un lettore, che lamenta la scarsa intelligenza e la maleducazione di alcuni genitori anche mentre guardano partite di Primi calci.

 

«Sono un papà come tanti, che spende il suo tempo insieme a dei bambini stupendi e prova ad insegnargli dei valori, e lo fa anche attraverso mezzi semplici come quelli offerti da un gioco. Ho calcato i migliori ed i peggiori campi della periferia, e non solo, e mai avrei pensato di assistere in prima persona a quello che ho visto. In una partita di Primi calci: azione del vantaggio partita da un fallo non segnalato, dalla tribuna però si scatenano i tifosi e si sente il meglio del repertorio. Non erano ultrà e noi non eravamo professionisti, il direttore di gara, un papà come tanti (ma ex giocatore ed istruttore a sua volta), eppure le parole usate non hanno avuto freno... ed allora, all'ennesimo insulto, facciamo uscire i ragazzi. Basta, non si gioca piu!! I miei ragazzi non meritano di giocare davanti a voi...

 

 

 

'Mister, perchè quegli adulti dicevano quelle brutte parole??', Hanno chiesto i ragazzi. Chi gli risponde?? Chi dei presenti vuole rispondere?? 'Ho pagato il biglietto e dico cosa voglio...', rispondono alcuni. Hai ragione, meglio giocare a porte chiuse che con gente così. Alla fine prevale il bene dei ragazzi, 'Mister noi vogliamo giocare...' dicono. 'Avete ragione - risponde - Loro non meritano di fermare la vostra passione, per fortuna il nostro gesto e il mister avversario hanno fatto tacere tutti. Ai ragazzi è tornato il sorriso... ma questo è il calcio che non vorrei!! almeno a questa età.

 

 

Torino, 24 maggio 2017

 

Biglietto sì, biglietto no. Le spese e i costi di una società dilettantistica, raramente in pari, mai o quasi in attivo, si reggono sulle iscrizioni, sugli sponsor, sui tesserini di alcuni giocatori e, anche sui biglietti. Le più fortunate includono nel pacchetto anche la gestione del bar. Per cui gli eventi organizzati, i tornei, le kermesse, le partite sono contemporaneamente un modo per far vivere la realtà calcistica sia dal punto di vista sportivo sia da quello economico.

 

La questione costi resta un elemento spinoso. E lo è soprattutto quando si tratta di Scuola calcio, perchè le spese da sostenere per una famiglia che vuole accompagnare il figlio a giocare possono essere ingenti. A sottolineare il problema un nostro lettore, che spiega, in merito ai giochini Fgic organizzati per i Piccoli amici, età 6/7 anni, che in 'campionato' giocano tempi davvero molto ridotti: 'Stiamo parlando di partita che durano uno starnuto – spiega il lettore, una società, che piu volte ha organizzato la manifestazione in casa (non si tratta di un torneo) ha deciso di far pagare l'ingresso alla tribuna ben € 5. Esistono altre società, realtà ben piu piccole, che hanno per esempio deciso di lasciare ingresso libero ad offerta. Non soltanto, finita la manifestazione ha deciso di fare una tavolata lunga quanto l'aria piccola e di offrire a tutti i piccolini crostate, bibite, pane e nutella'.

 

 

 

 

'Il denaro non li fa ricchi ma poveri di valori, valori che chi vuole insegnare calcio, almeno con i piccolini, dovrebbe aver ben stampato nel cuore e nella mente', conclude. Sicuramente uno spunto di riflessione per tutti.