Ha iniziato la sua avventura da istruttore a 20 anni ed ha allenato tutte le categorie della Scuola Calcio e del Settore Giovanile. È stato per 6 anni istruttore della Scuola Calcio del Torino FC. Ha fondato il progetto Calcisticamente e dal febbraio 2018 è il responsabile tecnico del Centro Federale Territoriale di Carmagnola.
5 - La rubrica curata da Diego Salvamano in questo numero spiega come stimolare i giocatori con esercizi che permettano loro di essere protagonisti attivi, guidando l’esercizio e l’intera seduta lasciandoli liberi di sperimentare, sbagliare e apprendere dall'auto-osservazione.
Parto sempre da esperienze personali per esporre i miei pensieri e le mie idee; un po' perché ritengo che il percorso che ognuno di noi fa (parliamo nel calcio in questo caso) ci segni indelebilmente e un po' perché la ritengo una forma di umiltà, come piace a me. Non avendo fatto un percorso di livello da calciatore, quando ho intrapreso il percorso da allenatore mi sono spesso chiesto a cosa serviva quello che avevo fatto io nei miei anni da giocatore e mi è servito davvero molto per farmi un’idea precisa di cosa avrei voluto insegnare. Con il passare degli anni e l’aumentare delle esperienze, ho capito che ci sono punti di vista che possono cambiare ed essere in grado di far sì che cambino dimostra evoluzione e apertura mentale.
In questa rubrica vorrei parlare di APPRENDIMENTO ESPERIENZIALE proprio perché mi ci ritrovo molto e perché sostengo che sia un ottimo modo anche per aiutare nella crescita i nostri giovani calciatori. Per farlo parto da una famosa frase di Confucio che diceva: “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio IMPARO”. Le teorie degli ultimi 50 anni hanno evidenziato anche che "sviluppare competenze significa imparare a riflettere sull’esperienza attraverso l’esplorazione, l’osservazione e l’esercizio al confronto". David Kolb, docente di psicologia ad Harvard, introduce in letteratura il concetto di APPRENDIMENTO ESPERIENZIALE a partire dagli anni '70 come “un processo dove la conoscenza si sviluppa mediante l’osservazione e la trasformazione dell’esperienza”.
Durante l’esperienza concreta i giocatori sperimentano capacità, abilità e conoscenze attraverso attività, giochi e simulazioni. Lo step di osservazione riflessiva, invece, si basa sull’osservare, riflettere e interpretare le sensazioni e i comportamenti emersi durante l’esperienza anche attraverso il confronto. Alla riflessione segue la fase di concettualizzazione astratta, che ha lo scopo di produrre e schematizzare concetti e abilità, estendendoli all’ambiente esterno, quindi tutto ciò che ci circonda. Infine, durante la sperimentazione attiva si verificano le conoscenze e competenze acquisite in situazioni nuove attraverso simulazioni di giochi/esercizi/partite. Ho dovuto studiarlo al meglio per poterlo comprendere, ma più lo studiavo e più lo trovavo vicino al mio modo di pensare ed applicare il calcio; facciamo un esempio pratico e pensiamo alle possibilità di esprimersi che possiamo lasciare ai nostri ragazzi sia durante le partite sia durante gli allenamenti, ebbene l’apprendimento esperienziale entra in gioco proprio qui in quanto si tratta di un processo di AUTO-OSSERVAZIONE.
Ci tengo a sottolineare che lo stesso processo porta noi allenatori ad aumentare il nostro bagaglio e soprattutto a scremare le informazioni e assimilare solo quelle che si avvicinano di più al nostro modo di pensare. Cosa implica questo processo di auto-osservazione? Ci permette sicuramente di identificare i punti di forza e i punti deboli tramite il nostro approccio verso l’esercizio, per esempio; nel caso dei nostri calciatori permette anche di capire a che livello è la prestazione personale, come ci si sente dopo un allenamento o dopo una partita giocata al meglio. Permette di riflettere sui comportamenti e sulle strategie adottate per arrivare con successo allo sviluppo di un esercizio, definendo i giusti obiettivi di apprendimento (LEARNING GOAL) ed identificando quindi quella che può essere la performance ideale. Tutto questo fa sì che venga attivato un processo attentivo che ci servirà per affrontare la prossima esperienza.
Risulta fondamentale con i nostri giochi/esercizi stimolare i nostri ragazzi e permettere a loro di essere il vero PROTAGONISTA ATTIVO e credo che per farlo dobbiamo guidare l’esercizio e l’intera seduta, permettendogli di sperimentare. Sperimentare significa prima di tutto sbagliare: i nostri ragazzi devono ESSERE LIBERI DI SCEGLIERE E LIBERI DI SBAGLIARE. Ogni volta che ci mettiamo nelle condizioni di anticipare una soluzione o di guidarli come dei burattini secondo il NOSTRO modo di vedere il calcio non gli stiamo dando la possibilità di fare un’esperienza e peggio gli stiamo togliendo la possibilità di scegliere. Se non fanno esperienza non fanno errori e se non fanno errori non ci potrà mai essere apprendimento.
“Tutto ciò che so, l’ho appreso dall’esperienza. Tutto ciò che ho fatto, l’ho affrontato con uno sguardo rivolto al futuro, con un’attenzione al progresso. Al passato non penso troppo; è il mio modo naturale di essere. I particolari delle partite che ho giocato sono meglio descritti da altre persone, altrove. A me interessa l’idea di calcio. Guardare sempre avanti significa concentrarsi a fare meglio ogni cosa che si fa e voltarsi indietro solo per imparare dai propri errori. Queste lezioni arrivano in momenti diversi della vita, e lì per lì non si comprende ciò che le collega: mentre tu procedi in avanti non sempre presti attenzione a quanto è arrivato prima, come se avanzassi su una linea retta.”
Johan Cruyff, La mia rivoluzione
Questo tipo di processo ha fatto cambiare molto il mio punto di vista; benché fossi già dai primi anni un allenatore che non amava “telecomandare” i propri ragazzi, studiare e capire questi concetti ha rafforzato il mio pensiero in merito e vedere ragazzi soddisfatti perché hanno acquisito concetti scoprendoli e assimilandoli e questo non ha prezzo; porteranno dentro questi concetti e queste esperienze per tutta la vita. Vi lascio aggiungendo una frase significativa di De Zerbi che personalmente reputo, per concetti e idee, uno degli allenatori italiani più moderni: “SE NON LI ALLENI ALLA SCELTA, ALLENI TE STESSO”
#DISTANTIMAUNTITI
#RISPETTA LE REGOLE DEL GIOCO
#NOIGIOCHIAMOINCASA
Bibliografia
Johan Cruyff, La mia rivoluzione
Carlo Ancelotti, Il leader calmo
Daniela Lucangeli, L’intelligenza numerica
4 - La rubrica curata da Diego Salvamano in questa quarta puntata spiega che il percorso per la manifestazione del talento è intricato ed è fatto di molti errori. Imparare dagli errori, rialzarsi, superarli con grande motivazione è una delle strade da percorrere. Ecco come entra in gioco l’apprendimento, fattore centrale tra quelli che influenzano il talento.
Prosegue la nostra rubrica nonostante siano cambiate molte cose dall’ultima puntata. Ritengo doveroso esprimere il mio pensiero in merito, che è poi fortunatamente il pensiero di tanti; stiamo a casa! Non è uno scherzo questo, non possiamo giocare con la nostra salute e con la salute degli altri; stiamo a casa! Non è facile, è più bello uscire con queste belle giornate, non ci capita mai di avere così tanto tempo libero e non uscire è proprio un peccato… NO, stiamo a casa, tutti, senza distinzione. Vediamo positivo, inutile buttarsi giù, il calcio ci può aiutare tanto, però seguiamo le regole. Un pensiero ai tanti colleghi di altre provincie e regioni che questa lotta la stanno facendo in prima persona e che stanno guardando negli occhi questo maledetto virus. Sono con voi, siamo con voi, tutti insieme ne usciremo. Riassaporare il profumo dell’erba di un campo da calcio, il rumore della palla che corre veloce sul tappeto verde… sarà fantastico!
Entriamo nello specifico, parliamo di TALENTO.
Ne parliamo anche perché ho avuto modo di ricevere delle ottime nozioni in più dal nostro staff tecnico nazionale dei Centri Federali Territoriali, il quale mette davanti a tutto la formazione di tutti i tecnici del territorio.
Non voglio con questo articolo definire il significato di TALENTO, il luogo dove ci addentriamo è molto intricato e riuscire ad uscirne lucidi non sarà facile.
Partiamo, per semplicità, dalla bibliografia che non è univoca nel definire il talento; la più famosa (Wikipedia) lo definisce così:
Talento – antica unità di misura
Talento attico – unità di misura utilizzata nell'antica Atene
Parabola dei Talenti – parabola di Gesù.
Talento - dote naturalmente posseduta, più profonda di un'attitudine.
Fiat Talento – furgone della FIAT
Talento – categoria di Spumante Italiano
Talento – album di Briga del 2016
Sicuramente la definizione che più ci interessa nello sport è: dote naturalmente posseduta, più profonda di un'attitudine. Ma anche rileggendola, non ci chiarisce alcuni aspetti importanti tipo: cos’è una dote? La posseggo sempre? Quando si manifesta?
Proviamo quindi a chiarire alcune cose.
La prima cosa da dire sicuramente è che il talento è MULTIFATTORIALE, cioè sono tantissimi i fattori che influiscono sul suo sviluppo e che ne influenzano la manifestazione. Dobbiamo tenere conto di tre differenti livelli:
1- Il livello personale dell’atleta, che comprende tutti i fattori fisici, cognitivi ed affettivi.
2 - Il livello interpersonale dell’atleta, che comprende la famiglia e l’ambiente sociale che lo coinvolge direttamente ed indirettamente (ad esempio amici, allenatore, parenti, ecc.).
3 - Il livello transpersonale dell’atleta, che comprende tutti i fattori che vanno oltre ai livelli personale e interpersonale: comprende quindi il lato spirituale dell’atleta come ad esempio la fede.
Questi tre livelli si influenzano a vicenda, con ripercussioni sulla performance dell’atleta che possono essere quindi positive o negative.
La seconda cosa, importantissima da capire, è che il percorso per la manifestazione del proprio talento è intricato ed è fatto di molti errori. Imparare dagli errori, rialzarsi, superarli con grande motivazione è una delle strade da percorrere. Ecco che entra in gioco l’apprendimento, fattore centrale tra quelli che influenzano il talento. Dobbiamo necessariamente tenerne conto.
L’ APPRENDIMENTO MOTORIO viene definito come un insieme di processi associati con l’esercizio o l’esperienza, che determinano un cambiamento relativamente permanente nella prestazione o nelle potenzialità di comportamento. (Schmidt, Lee, 2014).
Di conseguenza dobbiamo fare chiarezza sulla PRESTAZIONE, che viene definita come un comportamento osservabile in un dato momento, ancora temporaneo e influenzabile da fattori come fatica e motivazione. (Insegnare per allenare, 2016).
Sono quattro le caratteristiche della prestazione che indicano apprendimento e sono:
- Miglioramento: dopo un certo tempo l’abilità è eseguita in modo più corretto rispetto ad una fase iniziale, ossia si avvicina maggiormente al gesto richiesto. (Insegnare per allenare, 2016).
- Costanza: man mano che procedono le esercitazioni, l’esecuzione si fa più costante, con prestazioni simili. Un termine collegato a tale concetto è stabilità. Quando un nuovo comportamento è acquisito non viene facilmente modificato da piccole variazioni di caratteristiche personali (ad es. fatica) o condizioni ambientali. (Insegnare per allenare, 2016).
- Persistenza: ovvero la migliorata capacità di prestazione si mantiene per periodi di tempo sempre più lunghi e diviene relativamente permanente. (Insegnare per allenare, 2016).
- Adattabilità: l’abilità viene svolta con successo sempre maggiore anche quando si modifica la situazione. (Insegnare per allenare, 2016).
Provo a portarvi un esempio delle quattro caratteristiche appena descritte, incontrando uno sport che trovo appassionante ma che non conosco, ed è completamente diverso dal nostro: il tiro con l’arco.
Se non avete mai tirato con l’arco, probabilmente le prime volte la vostra freccia non colpirà nemmeno il paglione; se continuate ad allenarvi e a tirare frecce, piano piano colpirete sempre il paglione – MIGLIORAMENTO. Se mi avvicino spesso al cerchio rosso del paglione con tutte le frecce che scocco, significa che sono costante (COSTANZA) e indicativamente vuol dire che c’è apprendimento. In una giornata di allenamento posso fare sempre centro, ma non è detto che se ci riprovo dopo una settimana il risultato sia sempre lo stesso; se il miglioramento è costante nel tempo e si ripete in tempi e momenti diversi, allora significa che c’è apprendimento (PERSISTENZA). Se mi sono sempre allenato tirando le mie frecce sul paglione ed un giorno mi giro e con il mio arco colpisco la mela che c’è sull’albero alle mie spalle, significa che sono stato bravo ad adattarmi alla situazione (ADATTABILITA’).
Per concludere, a differenza della prestazione momentanea, i cambiamenti che l’apprendimento determina sono alquanto stabili ed irreversibili. Quindi possiamo dire che il proprio talento lo si può manifestare solo dopo un lungo percorso e solo quando avrò prestazioni in età evoluta.
Ecco perché, piuttosto che passare il tempo a capire chi sono i ragazzi che hanno talento, facciamo in modo che il nostro ambiente di lavoro sia tale per cui il talento sia inevitabile e si possa manifestare; ambienti con fiducia, ambienti senza giudizio, ambienti in cui dare il 100% sempre!
Speriamo di avervi dato alcune informazioni per affrontare con maggior serenità le prestazioni dei Vostri ragazzi, sia che siate allenatori, dirigenti e/o genitori, sappiate che le loro prestazioni saranno piene di errori e fallimenti. Senza questi ultimi, non potranno apprendere e non potranno manifestare il proprio talento, QUALUNQUE ESSO SIA.
FONTE: STAFF TECNICO NAZIONALE PROGRAMMA SVILUPPO TERRITORIALE CENTRI FEDERALI TERRITORIALI
Bibliografia essenziale
Robazza C., Bortoli L., Insegnare per Allenare – Edizioni SDS – 2016
Edwards W.H., Motor learning and control: From theory to practice, Belmont, CA, Wadsworth, 2011
McMorris T., Aquisition and performance of sports skill, Hoboken, NJ, Wiley Wiley & Sons, 2004
Pesce C., Insegnamento prescrittivo o apprendimento euristico?, SdS-Scuola dello Sport, 2002
Schmidt R.A., Wrisberg C.A., Apprendimento motorio e prestazione, Roma, Società stampa sportiva 2000
3 - La rubrica curata da Diego Salvamano in questa terza puntata ha trattato il tema dello stile di conduzione dell’allenamento.
Come sono solito fare mi sono confrontato con allenatori che hanno letto l’articolo e con i quali è nato un costruttivo e interessante dibattito. C’è chi ovviamente rimane scettico ma c’è anche chi vuole sempre sapere di più e soprattutto vorrebbe toccare con mano la tipologia di esercitazioni che vengono proposte al CFT. Premetto che è attiva una mailing list molto utile per chi vuole documentarsi all’indirizzo http://cft.figc.it/mailinglist/iscrizione-alla-mailing-list; è gratuita e vi permette di ricevere settimanalmente le sedute che vengono sviluppate in tutti i CFT d’Italia (si aggiorna ogni primo lunedì del mese, quindi abbiate pazienza).
L’allenamento al CFT si suddivide in due tipologie: allenamento a strati e allenamento a blocchi. La seduta a strati prevede un’attivazione tecnica di 14’ e 6 stazioni di 12’ ciascuna (tecnica funzionale, gioco di posizione, small side games, partita a tema, performance e partita cft), la seduta a blocchi prevede lo sviluppo di un torneo interno con variabili che cambiano in modalità random e con l’assegnazione di un punteggio individuale.
Spesso la cosa che mi è stata chiesta durante la presentazione del progetto o durante la visita di altri colleghi è come mai facevamo partire l’allenamento direttamente con una partita (a tema o cft che sia); sono fermamente convinto che non ci sia nulla di più allenante della partita, tuttavia degli piccoli ma importanti accorgimenti la possono rendere ancora più coinvolgente ed utile per i nostri giovani atleti.
Prima di tutto, giocando un 9v9, il modulo: la nostra proposta è 1-3-2-3 perché:
Aumenta i duelli e le situazioni di 1v1;
Favorisce la collaborazione e lo sviluppo del gioco attraverso catene laterali;
Crea triangolarità di posizione e di gioco (appoggio, sostegno, vertice);
Favorisce una lettura semplificata delle situazioni di superiorità ed inferiorità numerica in ogni zona del campo ed in ogni momento di gioco.
Come già detto in precedenza, la partita è ovviamente la situazione più allenante che possiamo sviluppare; fa però la differenza (come sempre) la modalità e la tipologia di feedback che utilizziamo. I nostri feedback devono sempre essere orientati al positivo! Anche nell’errore da parte del nostro calciatore o della nostra calciatrice, c’è tanta positività, c’è la soluzione ai problemi, c’è APPRENDIMENTO. Proprio attraverso i nostri feedback i nostri ragazzi/e sentono FIDUCIA.
Di seguito un esempio di partita a tema che mi ha colpito molto tutte le volte che è stata proposta; il nome della proposta è SQUADRE ALTE E CORTE.
Con questa partita a tema mettiamo nelle condizioni i giocatori di stimolarsi a vicenda non solo per la ricerca del goal, ma soprattutto per trovare i giusti tempi per arrivare ad abbracciarsi per primi rispetto al gruppo avversario; noterete che le prime volte il portiere è troppo lontano dalla porta che attacca la sua squadra o viceversa l’attaccante si isola rimanendo in attacco invece di tornare ad aiutare i compagni in fase difensiva; bene, con una regola che esalta la parola GIOCO avete di fronte una proposta allenante e stimolante. Sicuramente da provare.
“Se domani, quando andate al campo, non sapete cosa far fare ai Vostri ragazzi perché siete stanchi dal lavoro, non avere avuto il tempo di costruire la vostra seduta di allenamento, il vostro umore non è dei migliori….FATEGLI FARE UNA PARTITA!"
Sicuramente i vostri ragazzi ne saranno felicissimi. A presto per la prossima puntata.
2 - La rubrica curata da Diego Salvamano in questa seconda puntata affronta lo stile di conduzione da parte degli istruttori, determinante per la crescita e lo sviluppo di un giovane calciatore. Prima di tutto, è necessaria l'interazione tra istruttori e giocatori.
Dopo la prima “puntata” di questa rubrica che mi ha dato modo di confrontarmi con alcuni di voi, approfondendo con interessanti chiacchierate e ottimi spunti riflessivi, affrontiamo oggi un tema che ho altrettanto a cuore e che ogni giorno di più ritengo sia essere determinante per la buona crescita del giovane calciatore: Lo stile di conduzione da parte dell'istruttore.
Premetto che questo articolo non vuole passare per “Si fa così", ma vuole esprimere un parere personale sviluppatosi nel tempo grazie a una metodologia affermata, sperando di lasciare in ognuno di voi il dubbio di dire “Potrei fare così?”.
Prima di tutto partiamo dal concetto di stile di conduzione dell’allenamento: interazione tra il tecnico ed il giocatore, in cui i comportamenti di uno influenzano quelli dell’altro e consentono di perseguire determinati obiettivi.
Se rileggiamo per bene il significato, capiamo da subito che si tratta di uno snodo fondamentale per la buona (e giusta) crescita del giovane calciatore; credo che sia assolutamente così.
Nel calcio moderno possiamo riconoscere due stili diversi di conduzione dell’allenamento:
il primo stimola l’allievo a copiare e a riprodurre idee, movimenti, modelli e procedure proposte dall’istruttore. Prevede ordini, comandi e prescrizioni ed è quindi di tipo Direttivo/Riproduttivo/Deduttivo;
il secondo stimola l’allievo a concorrere in diversa misura alla ricerca di nuove soluzioni, regole, movimenti e modelli. Prevede domande, presenta situazioni e problemi da risolvere e risulta quindi essere di tipo Non direttivo/Produttivo/Induttivo.
Specificata la differenza tra i due stili ribadisco che non c’è uno stile giusto e uno sbagliato, come anche ogni ragazzo può avere più bisogno di un modello direttivo piuttosto che non direttivo, in funzione del suo carattere e delle sue situazioni emotive in quel preciso momento.
Vedete quindi che, come già anticipato nella scorsa puntata, fare l’istruttore a livello giovanile è davvero complesso, tanto complesso quanto stupendo per la mole di emozioni e sensazioni positive che “tornano” e rimangono impresse nel nostro percorso.
Entrando un po' di più nello specifico, io mi riconosco (sia come idee che come personalità) in uno stile di tipo induttivo; la pazienza è la virtù dei forti diceva qualcuno, ed è proprio la pazienza una caratteristica determinante nelle categorie “sensibili”; saper aspettare però non basta, perché dobbiamo cercare sempre di più di aumentare il bagaglio dei nostri ragazzi; come? Aumentando prima di tutto il nostro bagaglio.
Essere specifici è una caratteristica che non solo denota un ottimo istruttore, ma che permette anche al singolo giocatore di cogliere molte più sfumature e apprendere più concetti. Facciamo un esempio relativo a un feedback specifico: spesso i nostri commenti nei confronti dei ragazzi sono molto larghi (come si dice in gergo) "bravo, ottimo, bella giocata"; tutti positivi, per carità, ma pensiamo invece a "Bravo Filippo, ottimo passaggio filtrante che superato la linea di pressione", che ne pensate? Filippo, dopo tutta la stagione con un istruttore di questo calibro, che tipo di crescita può avere? Beh, oltre che tecnica, sicuramente può sensibilmente aumentare il proprio bagaglio culturale che, ricordiamoci bene tutti, farà la differenza nella vita (non solo sportiva) qualunque essa sia. Ho imparato a lavorare per i 9.999 che non ci arrivano, rispetto all’1 che ci arriva. Può fare la differenza.
Vi farei notare, inoltre, anche l’importanza di agganciare i feedback (e le domande che vediamo a breve) al nome del ragazzo in questione; all’interno di un gruppo di lavoro dovremmo imparare a valorizzare tutti proprio perché il nostro comportamento influenza quello degli altri, quindi dobbiamo sempre essere noi i primi a carpire l’aspetto positivo, in ognuno dei ragazzi che abbiamo a disposizione.
Focalizzarsi sul positivo: mi piace ribadire il concetto che tendiamo sempre a lamentarci, siamo un popolo di mai contenti, che trova sempre le cose negative; soprattutto nel calcio, ancor di più nel calcio giovanile… perché? Se un mio giocatore su 10 cose che fa ne sbaglia 9, pensate che già non lo sappia da solo? Proviamo a partire da quella positiva, rinforziamo quella che, per piccola e banale che sia, darà ancora più stimoli a chi la “acquisisce” e ci permetterà di riuscire a ottenere ogni volta qualcosa in più.
Lo stile non direttivo, produttivo, induttivo inoltre ci permette di porre domande che permettono ai ragazzi di ragionare e arrivare a una soluzione in maniera autonoma. Quanto i nostri ragazzi sono abituati ad ascoltarci mentre fanno allenamento? Stimolare l’ascolto senza interrompere lo svolgimento del gioco è un altro aspetto che ritengo di primaria importanza.
Ci tengo a portare ancora alcuni aspetti importanti del format del cft (sempre legati agli stili di conduzione) che sono:
ogni attività deve essere collegata alla comprensione del gioco (Allenamento integrato);
la trasmissione del sapere dovrà avvenire su binari usuali per il fare (Semplice);
non esisteranno più ruoli ma compiti (Universale).
La Nazionale italiana di calcio che sogno io (insieme a tutti i miei colleghi del progetto), quella del 2030, dovrà avere giocatori che rispecchieranno queste caratteristiche personali:
autonomo, continuo, intenso, corretto, competente, sicuro, efficace.
Se pensate come me che sarebbe stupendo avere dei giocatori con tutte queste caratteristiche, vi lascio con una provocazione: cosa stiamo facendo per fare in modo che ciò accada?
Grazie come sempre e buon lavoro sul magnifico rettangolo verde!
1 - La rubrica curata da Diego Salvamano inizia spiegando che un buon istruttore deve prima di tutto conoscere a fondo ogni componente del proprio gruppo e ogni dinamica che interessa il ragazzo stesso, a partire da una domanda: cosa si aspettano i ragazzi da noi?
Le esercitazioni proposte dagli istruttori sui vari campi di calcio, indipendentemente dalla società in cui si lavora, dovrebbero tenere conto di alcune “regole” di base che permettono di rendere la seduta ancora più efficace e mettono nelle condizioni i nostri ragazzi di esprimersi sempre al meglio.
Vorrei partire proprio dai ragazzi, dai “nostri” ragazzi. Credo che un buon istruttore debba prima di tutto conoscere a fondo ogni componente del proprio gruppo e ogni dinamica che interessa il ragazzo stesso. Viviamo un’epoca in cui nel nostro Paese l’attività motoria prevista nelle ore di scuola è troppo poca; i ragazzi si svegliano la mattina e inizia la giornata scolastica (magari già in modo frenetico, in quanto anche i genitori che lavorano hanno necessità di rispettare degli orari), vivono le ora a scuola con tutta una serie di regole fino a metà pomeriggio quando escono, merenda veloce in macchina e via verso il campo da calcio, finalmente.
Lì ad aspettarli ci siamo noi. Cosa si aspettano da noi? Ve lo chiedete? Io me lo chiedo spesso e anche se adesso per me le cose sono cambiate, lavorando al CFT, cerco di fare in modo che tutti sentano la mia vicinanza, ognuno nel modo migliore. Tra le “regole” di cui parlavamo all’inizio, quelle che teniamo in considerazione quando siamo in campo sono le seguenti:
- organizzazione del campo: gli spazi determinano la buona riuscita della seduta;
- clima sereno e gioioso: essere professionali nel modo giusto. No a musi duri, sì a sorrisi e positività;
- rispetto della struttura e del materiale: niente è dovuto, tutto va sudato;
- momento pre allenamento strutturato: se qualcuno arriva prima in campo devo dargli la possibilità di giocare, come? Preparando di volta in volta qualche gioco che possa gestire in autonomia o con i prossimi compagni che arriveranno;
- introduzione e chiusura dell’allenamento: spiegare ai ragazzi gli obiettivi del giorno e concludere lasciando sempre un messaggio per la seduta successiva.
Rileggendole, penso che siano semplici regole attuabili da tutti noi, ognuno adattandole ai propri spazi e ai propri tempi a disposizione. Entrando nello specifico, però, è opportuno in questa prima puntata della rubrica, sottolineare i principi comuni che possono migliorare sensibilmente la qualità delle singole esercitazioni, e che possono aiutare gli istruttori nella gestione della seduta stessa:
- no a numero di tocchi/passaggi predefiniti: lasciarli liberi di scegliere in ogni situazione;
- avere giocatori sempre attivi: creare situazioni dove ci possa essere la partecipazione di tutti, dividere i gruppi in numeri più bassi, lavorare in parallelo;
- favorire la comunicazione e le relazioni tra i giocatori: ottimo modo per creare autostima nei ragazzi;
- complessità degli esercizi/giochi adeguata all’età;
- un'intensità nella gestione della palla (trasmissione, tiro in porta) maggiore della precisione: prima facciamo capire che è importante calciare forte e poi andremo anche a lavorare sulla precisione;
- stimolare le transizioni: cercare di far capire l’importanza della riconquista della palla ad ogni singolo giocatore, per avere un gioco sempre più continuo.
Ovviamente, come già anticipato prima, un buon allenatore è anche quello che sa adattare perfettamente il proprio allenamento al contesto in cui si trova. Mi piace riportare anche questa vecchia citazione che da quando ho iniziato il mio percorso porto sempre con me, e credo che sottolinei perfettamente quello che un buon istruttore deve avere in mente: “Immaginiamo che tu ed io alleniamo due squadre di ragazzi di 10, 11, 12 anni dello stesso livello in termini di qualità. Tu provi ad insegnare alla tua squadra un buon calcio, un gioco fatto di passaggi e sviluppando principi tattici, mentre io dico ai miei solo di giocare la palla lunga e di provare a calciare in porta. Ti posso assicurare che inizialmente io vincerò sempre contro di te, sfruttando i tuoi errori: intercetto un passaggio sbagliato e goal. Ma se continuiamo con gli stessi metodi di allenamento per un periodo di 3 anni, vincerai praticamente tutte le partite contro di noi. I tuoi giocatori avranno imparato come giocare, mentre i miei no”. Laureano Ruiz, responsabile del settore giovanile del Barcellona Anni '70.
Girando per i campi ho conosciuto e conosco tanti bravi istruttori, ragazzi pieni di passione e idee che riescono sempre a dare il massimo per i propri ragazzi. Quando parlo con loro però troppo spesso finiscono per comunicarmi delle sensazioni negative, siano esse legate al campo, alla società o magari ai tempi a disposizione; ecco, vorrei lasciarvi con una provocazione, sperando possa essere spunto di riflessione per tutti quelli che si sentono più toccati da questo argomento: ogni volta che esprimiamo qualcosa di negativo proviamo a trovare anche una soluzione per migliorare la situazione?
Il nostro è un popolo di allenatori, da tanti siamo considerati i migliori (la Nazionale italiana U17 è uscita ai quarti di finale contro il Brasile nel fresco mondiale di categoria), perché invece di stupirci di quello che succede all’estero non proviamo a tirarci su le maniche e sottolineare sempre di più tutte le cose positive che ci circondano in questo magnifico mondo?
Vi aspetto al prossimo appuntamento, in cui affronteremo un argomento davvero discusso, ma altrettanto stimolante: gli stili di conduzione.